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 2017  dicembre 03 Domenica calendario

Intervista a Bruce Boucher, direttore del Sir John Soane’s Museum di Londra: Vi farò conoscere il mitico sarcofago del faraone Seti

Bruce Boucher è direttore del Sir John Soane’s Museum di Londra. Storico dell’arte specializzato in scultura e architettura, ha insegnato per oltre vent’anni all’Università di Londra, prima di passare al lavoro museale. Ha scritto diversi libri su Palladio, Sansovino, Donatello, Canova e la scultura barocca italiana.
Perché è diventato direttore del Sir John Soane’s Museum?
«Il Soane è il più piccolo dei musei nazionali ( fa parte dello stesso gruppo del British Museum, del V&A, della National Gallery e della National Portrait Gallery) ma è considerato dal governo britannico di importanza internazionale. La collezione conta oltre 40.000 oggetti, di cui 30.000 disegni architettonici, e grandi dipinti fra cui il più bel Canaletto del Paese, due importanti serie di dipinti di Hogarth – marmi e calchi in gesso di antichità, e alcune opere medievali».
Qual è il suo fascino particolare?
«È un esempio estremamente ben conservato di “casa museo”, una forma che non era rara a Londra all’inizio del XIX secolo. In questa regione, è l’unico che è riuscito a sopravvivere. A Milano c’è il Poldi Pezzoli, a Washington la Phillips Collection e l’Huntington appena fuori Los Angeles».
Chi era Sir John Soane?
«Un uomo che si è fatto da sé. Figlio talentuoso di un muratore, ha studiato all’Accademia Reale. Il re gli diede una borsa di studio itinerante, e dal 1778 al 1780 visse a Roma, ma anche a Torino, Milano, Firenze, in Sicilia, e perfino a Malta. Incontrò innumerevoli viaggiatori aristocratici che lo ingaggiavano una volta tornati a Londra. Uno di questi era un cugino di William Pitt, che poi divenne primo ministro, e nel 1788 nominò Soane architetto della Banca d’Inghilterra. Ha anche progettato case, chiese, i tribunali di Westminster e la sala da pranzo di Stato al N. 10 di Downing Street».
L’attuale mostraL’Egitto scoperto: Belzoni e la tomba di Pharoah Seti Ipresenta il sarcofago in alabastro del re egiziano Seti I. È l’opera più importante?
«Sì, il lavoro più costoso che Soane ha acquistato. Lo ha pagato 2000 sterline, tenendo conto che per costruire la sua casa ne ha spese 1400. Ha dovuto fare un buco nel retro della casa per far entrare il sarcofago. Nel 1825, quando il sarcofago arrivò, la crema della società londinese si presentava a casa sua per ammirare il sarcofago illuminato, in quello che fu l’apice della scalata sociale di Soane e della sua carriera come collezionista».
Come ha acquisito il sarcofago Seti?
«L’esploratore Belzoni lavorava con Henry Salt, console britannico al Cairo. I due procuravano al British Museum manufatti egizi, tra cui il colossale capo di Ramses II. Belzoni faceva uscire queste opere dalla Valle dei Re, attraverso il Mediterraneo fino a Londra. Portò il sarcofago nel 1818 e lo espose nella Galleria Egiziana di Piccadilly. Soane lo acquistò da Belzoni».
Perché il sarcofago è così importante?
«È un’icona: una creazione di notevole fattura ricavata da un singolo pezzo di roccia calcarea. Soane lo collocò al centro del museo, sotto la cupola. Appena sopra c’è un suo busto, e di fronte una copia dell’Apollo Belvedere».
Di cosa tratta questa mostra?
«Recentemente il dipartimento di Egittologia del British Museum ha trascritto i geroglifici sul sarcofago. La storia, tratta dal Libro delle Porte e parte del Libro dei Morti, spiega il percorso del sole dal tramonto all’alba attraverso gli inferi, in barca, oltre le anime dei morti. Il sarcofago ha come tema la resurrezione. La figura femminile in basso è Nut, la dea del cielo. Mettere il corpo di Seti lì era come rimetterlo nel grembo materno di Nut da dove sarebbe rinato».
E i 30.000 disegni architettonici?
«Ci sono i disegni di Soane, di Sir William Chambers e di Robert Adam. Soane comprò anche il Codex Coner, un importantissimo documento di architettura romana che Adam acquistò nel 1760 per venderlo a re Giorgio III. Ma Soane non era solo interessato al mondo classico. Ha anche investito molto nell’arte moderna britannica e comprato dipinti di artisti famosi come JMW Turner».
Acquistate ancora?
«No. È la collezione di Soane. Le persone vengono qui e si sentono ispirate. Lavoriamo con artisti come Leo Villareal, lo scultore “di luce” e Marc Quinn, un famoso scultore britannico. Alterniamo mostre che esplorano la storia e la collezione, come nel caso del Belzoni, con artisti o architetti contemporanei».
Qual è il suo scopo come direttore?
«Realizzare programmi educativi, in particolare per i più giovani, e avere una strategia coerente per le mostre. Vorrei un pubblico diversificato, un maggior numero di giovani coinvolti oltre a quello che io chiamo “Soane without walls” (Soane senza pareti ndr) che porta il museo fuori dall’edificio con conferenze e simposi su arte e architettura. L’enorme risposta che abbiamo avuto dimostra che c’è molto interesse. Soane cattura l’immaginazione di un gran numero di persone».
Perché?
«Per molti versi ha anticipato i tempi. Il suo interesse per la psicologia dell’architettura, la manipolazione dello spazio, l’uso del colore e della luce per creare atmosfere diverse, la decostruzione del classico per ottenere un linguaggio frutto di una combinazione di fonti diverse».
Traduzione di Anna Martinelli