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 2017  dicembre 03 Domenica calendario

Le nuove maglie e gli art director. La sciambola totale dei colori

Venerdì sera, dopo aver perso la partita con la Juve, Sarri ha detto alcune cose interessanti, non collegate tra loro. La prima, ambientale: «Mi sono sempre trovato d’accordo con i napoletani, ma sui fischi a Higuain no. Lui quand’era qui ha sempre dato tutto». Voto 7, anche se qualcosa rischia, mettendosi dalla parte del presunto traditore. Chi si dissocia da valutazioni popolari può diventare impopolare. A margine, se un calciatore non è timidissimo, avere tutto uno stadio contro lo rafforza anziché indebolirlo. La seconda è cromatica, ma anche di costume: «Speravo di morire prima di vedere gialli contro grigi in un Napoli-Juve: che tristezza». Voto 8, a parte i riferimenti al decesso che possono portare a gesti apotropaici. Secondo me è sbagliato giocare coi colori delle maglie, con tutto il rispetto (poco, ma è un modo dire) per il marketing. E, aggiungo, le grandi partite, quelle di cartello, nei colori andrebbero rispettate più del marketing. Ci fu un tempo in cui in serie A c’era la maglia ufficiale e quella detta di riserva. In Atalanta-Inter, o Juve-Udinese, una delle due doveva cambiare maglia. Prima, per una specie di favore all’ospitato, era la squadra di casa a doverla cambiare. Poi il contrario.
Adesso è sciambola totale, c’è più attesa allo stadio per i colori delle maglie che per le formazioni. Chi decide che il Napoli gioca in divisa nera (più nera che grigia, Sarri) e la Juve in giallo zabaione? Un sorteggio a testa o croce? Un trio di art director non ancora iscritti agli Alcolisti anonimi? Era un fastidio tenersi di qua la maglia azzurra e di là quella a righe bianche e nere? C’è qualcuno seriamente convinto che un bambino juventino, di Pechino o di Torino (sembra l’inizio di una filastrocca di Gianni Rodari: mi fermo per rispetto di Rodari) corra a comprarsi una maglia gialla perché con quella maglia Higuain ha fatto gol al Napoli?
Ma andiamo, anzi non andiamoci proprio. I cronisti d’una volta scrivevano “i colori del cuore”. Oggi non si può. Non sono del cuore, ma di un altrove. E Napoli, che si autodefinisce in una canzone paese del sole e del mare, come può accettare di essere rappresentata da una divisa mimetica, pure questa abbiamo visto, oppure da una nera? Roba da beccamorti o da militanti di Casa Pound. Tra parentesi, non posso dimostrarlo ma credo che meni gramo.
Un’altra cosa Sarri ha detto: che, cito a memoria, al Napoli mancano alternative per coprire l’assenza di Milik e che quindi è obbligato a fare sempre lo stesso gioco.
Qui non ci siamo: 4 (media: 6,3).
A parte la soluzione oratoriana di spedire i due centrali di difesa al centro dell’attacco, cui fanno ricorso molti allenatori, compreso Sarri, ne esisterebbero. In attesa di Inglese, si fa come il Milan con Cutrone: si prende il centravanti della Primavera e lo si lancia. Magari funziona, magari no, però si prova. Sarri tende a far giocare sempre gli stessi, giusto un minimo di rotazione in mezzo al campo. Mi fa venire in mente un bravo giocatore di briscola che si ritrova a disagio con 13 carte in mano perché l’hanno sfidato a scala 40. Giaccherini è presentabile? Se sì, può far rifiatare Callejon. Rog forse no, ma Zielinski e Ounas possono garantire il lavoro sulle corsie esterne.
Più a disagio di Sarri mi sento dopo aver letto il documentatissimo pezzo di Cosimo Cito, ieri su Repubblica. Molto a disagio. Bastano titolo e sommario: “Una scossa elettrica per una marcia in più”. “La squadra di Nibali applicherà elettrodi al cervello per ridurre la fatica dei corridori. È il nuovo doping? Gli esperti: rischi di un effetto placebo”. La tDCS (stimolazione transcranica a corrente diretta continua) prima o dopo la gara servirebbe a rilassare i muscoli, smaltire la fatica, combattere insonnia e depressione. Da ignorante confesso, faccio appello a quel che resta dell’Uci : fermateli, fermiamoli, al ciclismo è già stata succhiata quasi tutta l’anima e cancellato il passato.
Se un tempo il ciclista era il più sbrindellato e avventuroso tra gli atleti, dormiva nei fienili e trincava come un alpino, adesso è più sorvegliato e monitorato di un astronauta. Molto monitorato, sul manubrio ha una strumentazione che gli dice quanta potenza sprigiona, quanti battiti ha il suo cuore.
Troppo monitorato. Come non bastasse è seguito da medici, osteopati, chiropratici, psicologi, dietologi, massaggiatori ad personam, preparatori atletici, addetti-stampa. Quando corre, gli hanno ficcato in un orecchio la fottutissima oreillette, così comunica con l’ammiraglia che gli dice dove e quando attaccare, o stare fermo. Sia chiaro che non rimpiango i fienili e le trincate, ma ci deve essere un limite non alla scienza in sé, ma al suo uso-abuso mentre si corre. A meno di non ridurre un gruppo di uomini a un gruppo di zombie. Era lo sport dei poveri, del coraggio e della fantasia. L’appiattimento di molte corse dipende dall’eccesso di innovazioni. Chi può faccia qualcosa. Chiusura virgiliana: claudite iam rivos, pueri: sat prata biberunt.
Traduzione per l’Uci: ora chiudete i canali, ragazzi: i prati hanno già bevuto abbastanza.