La Stampa, 4 dicembre 2017
Trionfano i nazionalisti. Corsica, spina per Macron
Hanno il vento in poppa i nazionalisti in Corsica: ieri, al primo turno delle elezioni regionali, hanno strappato un primo successo, che dovrebbe essere confermato la prossima domenica, al secondo round. Se riusciranno a prendere le redini della nuova regione, che nascerà il prossimo primo gennaio dalla fusione dei dipartimenti di Ajaccio e di Bastia, Emmanuel Macron, finora silente sul tema (ma apparentemente preoccupato) si ritroverà a negoziare con il movimento la richiesta di uno status di autonomia per l’isola, in questi tempi di crisi catalana.
Secondo i primi risultati, relativi a un quarto dei votanti, Pè a Corsica, la lista nazionalista, che raccoglie gli autonomisti (maggioritari) di Gilles Simeoni e gli indipendentisti (minoritari) di Jean-Guy Talamoni, avrebbe strappato quasi il 47% dei voti. La loro strategia, rassicurante rispetto alle vicende di Barcellona, ma determinata a strappare l’autonomia per l’isola da qui a tre anni e la designazione del còrso come lingua ufficiale al pari del francese, ha convinto gli elettori. In seconda posizione (ma solo al 13%) è arrivata una delle due liste di destra in lizza, quella regionalista di Jean-Martin Mondoloni, mentre l’altra ufficiale dei Repubblicani si è fermata all’11,6. En Marche!, il movimento del presidente, ha ottenuto il 12,4%. Sconfitti la France insoumise e i comunisti (insieme il 5,8%) e il Front National di Marine Le Pen (solo il 2,6%).
È chiaro, Macron da queste parti non sfonda, lui che, da quando è stato eletto, non è ancora venuto in visita nell’isola e non ha speso una parola per le sue rivendicazioni. Nei giorni scorsi, Talamoni ha accusato l’Eliseo «di spingere per un fronte comune tra la destra e i “marcheurs” contro di noi». Se anche fosse confermata, la prospettiva non avrebbe molte chance di spuntarla domenica prossima. I nazionalisti erano già riusciti nel giugno scorso a imporsi alle legislative, accaparrandosi tre deputati sui quattro riservati all’isola, che conta appena 320mila abitanti.
Perché tale successo? Simeoni, 50 anni, avvocato brillante e carismatico, ha ripetuto durante la campagna che «la Corsica non è la Catalogna». Talamoni, 57 anni, più ombroso e dal piglio ascetico, ha sempre sottolineato «che da qui a dieci anni non chiederemo un referendum sull’indipendenza». Che non esclude, comunque, di organizzarlo più tardi, dato che Talamoni ripete sempre che prima di morire vuole vedere la nascita di una Corsica indipendente. Vicino a Carles Puigdemont, Talamoni non ha mai ufficialmente rinnegato il ricorso alla violenza nella lotta per l’indipendenza, a differenza della non violenza conclamata del leader catalano. Era stata comunque proprio la rinuncia alla lotta armata nel 2014 da parte dell’Flnc (il Fronte di liberazione nazionale còrso), organizzazione storica dell’independentismo, a dare una nuova credibilità a tutti i nazionalisti. Non solo, «il ruolo che si è conquistato En Marche! – sottolinea l’analista politico Jérome Fourquet – nel voler mandare “a casa” le forze politiche tradizionali, in Corsica è svolto dai nazionalisti». Che sono diventati credibili nella battaglia contro la politica corrotta dell’isola (tanto più che i «macronisti» in loco sono costituiti da tanti riciclati della sinistra). I nazionalisti beneficiano pure di un malcontento sociale: la Corsica è la regione più povera della Francia.