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 2017  dicembre 04 Lunedì calendario

Telemarketing: arriva la legge annacquata, meglio del niente

Tra le leggi in cerca di approvazione prima della fine della legislatura non ci sono solo lo Ius soli e il biotestamento ma anche il ddl telemarketing che, approvato alla Camera, è tornato in terza lettura al Senato. Ma dopo anni di battaglie per regolarizzare la giungla di telefonate moleste a qualsiasi ora del giorno e della notte, la conclusione assume i connotati di una beffa. Il provvedimento che cercava di liberare i cittadini da un assillo ai limiti dello stalking è stato annacquato. Quindi, se verrà approvato, l’Italia si doterà di uno strumento pensato solo come compromesso per non penalizzare i gestori. Però, dicono i promotori, è meglio prenderlo che rischiare di perdere tutto il lavoro svolto a tutela dei cittadini.
Una norma inserita nella manovra allenta la morsa voluta dal garante della Privacy e di fatto elimina gli unici due elementi di reale novità previsti nel provvedimento votato dalla Camera lo scorso agosto: il prefisso per riconoscere le chiamate di telemarketing e l’inviolabilità dei numeri inseriti nel registro delle opposizioni. partiamo da quest’ultimo.
Registro delle opposizioni.Nato nel 2013 e gestito dalla fondazione Bordoni (controllata dal ministero dello Sviluppo Economico), il registro al primo ottobre 2017 conta 1.550.2220 numerazioni, poco più dell’1% del totale tra linee fisse e mobile attive in Italia. Chi è presente, quindi, non va disturbato. Peccato però che si possano iscrivere solo i titolari di telefonia fissa che compaiono sugli elenchi pubblici e che il registro non difenda dagli altri eventuali consensi firmati per ottenere, ad esempio, una carta fedeltà. O più banalmente dagli elenchi illegali che vengono acquistati con appena 5 centesimi a recapito dai call center. E, ora, la più grande novità della nuova legge potrebbe partire proprio dall’inversione di questo principio: sarà, infatti, possibile iscrivere al registro tutte le utenze, sia fisse che mobili: oltre 117 milioni di numeri che non dovranno più ricevere chiamate indesiderate, dal momento che viene meno la revoca dei consensi precedentemente espressi. Detto che le modalità di iscrizione vanno ancora comunicate, c’è poco da esultare. Alla revoca, infatti, “vengono fatti salvi specifici consensi”. In altre parole, i fornitori di servizi potranno continuare a contattare gli ex clienti nei successivi 30 giorni dal momento della disdetta o della scadenza del contratto, ma vieta alle aziende di vendere i numeri dei propri clienti.
Responsabilità solidale.“Il testo votato dal Senato – commenta Giuseppe Busia, segretario generale del Garante della Privacy – è certamente peggiorativo rispetto alla norma licenziata dal Senato, ma garantisce comunque una protezione per gli abbonati ora inesistente: si istituisce la responsabilità solidale (condivisa) fra committente e call center che, spesso, si sono rivelati difficili da raggiungere”. Il più delle volte i centralini sono, infatti, all’estero e talmente piccoli che quando si trovano chiudono e riaprono il mese dopo con un altro nome. Mentre d’ora in avanti ne risponderà anche il gestore telefonico o elettrico.
Doppio prefisso. Se inizialmente era stato previsto un prefisso unico per le chiamate provenienti da call center (tipo l’199), nel testo finale sono stati inseriti due 2 prefissi che identificheranno e distingueranno le attività statistiche da quelle finalizzate alla vendita, pubblicità e ricerche di mercato. Un meccanismo più complicato che rischia di confondere il cliente che potrebbe pure subire una beffa, pagandola in prima persona. I numeri dei call center, infatti, non comparendo più anonimi potranno essere richiamati dagli utenti, a proprie spese. Questa possibilità è stata richiesta a gran voce dai sindacati per permettere all’utente di scegliere di richiamare per aderire al contratto proposto o per esercitare il diritto di recesso entro i 14 giorni dalla telefonata ricevuta. I più maligni dicono che così, se l’utente decidesse di richiamare, cadrebbe dalla padella alla brace e verrebbe sottoposto ad un’aggressiva politica di marketing.
Posti di lavoro.La motivazione che ha spinto la commissione Attività produttive della Camera a votare gli elementi considerati “peggiorativi” – presentati da Ignazio Abrignani (Ala) che si è fatto portavoce dell’associazione dei call center – è la tutela dei lavoratori. Il punto è chiaro: un settore finalmente tutelato senza più una giungla di trappole e chiamate moleste potrebbe mettere a rischio 40mila posti di lavoro. Ma è davvero così? “Se si vuole salvaguardare l’occupazione non si deve favorire la delocalizzazione all’estero, connessa all’impunità e alla corsa al ribasso del costo del lavoro ma alzare il livello di tutela e imporre al committente di avere personale qualificato nei call center. Il senso non è fare milioni di chiamate inutili che infastidiscono, ma fare quelle mirate con soggetti qualificati. Questo aiuta l’occupazione, i diritti dei cittadini e gli operatori onesti”, spiega Brusia.