il Fatto Quotidiano, 4 dicembre 2017
Jovanotti? No, Coez e Ghali. In radio è musica per vecchi
Partiamo da questo dato: il rapper Salmo (vero nome Maurizio Pisciotto) ha totalizzato 495.971 stream su Spotify il 24 novembre, data della sua uscita. Un record. Sette giorni dopo il contatore sale a 1.800.000. Lo streaming oggi, specialmente su Spotify, viene considerato dai discografici la cartina di tornasole per comprendere le tendenze e quali artisti sono seguiti dalle nuove generazioni.
I millenials non ascoltano la radio, considerato, a torto o a ragione, un media vecchio. I ragazzi cercano le nuove canzoni su Spotify o su Youtube, difficilmente comprano su iTunes attraverso il download, al limite scaricano su Emule o altri portali. Questo ha portato a una frattura tra quello che oggi viene spacciato per mainstream e ciò che è realmente ascoltato nel nostro Paese. Un mercato diviso a metà, con le multinazionali che inseguono il pubblico degli over 40 producendo in continuazione cofanetti, deluxe edition, riedizioni, utilizzando soprattutto il formato cd. Perché il cd oggi è destinato principalmente ha chi ha i capelli bianchi.
L’unico tassello trasversale è – a sorpresa – il vinile, capace di attrarre in egual misura i nostalgici dell’analogico e la nuova generazione curiosa di ascoltare una qualità diversa dal formato mp3.
Le vendite di iTunes oggi sono imbarazzanti: ci sono giorni nei quali con 200 download si riesce ad essere nella top ten. Significa che con un budget di mille euro volendo un’etichetta discografica piazza per una settimana un suo artista nei primi dieci a colpi di download. Non essendo più credibile questo dato, le major hanno iniziato ad utilizzare la classifica di Ear One ovvero i passaggi radiofonici monitorati per punteggio di tutte le radio italiane. Mettendo insieme i 6 principali network si copre quasi il sessanta per cento dell’audience radiofonico. Oggi le radio rappresentano al 90 per cento il mercato degli over 45.
Sfera Ebbasta, Ghali, Salmo e altri artisti con numeri da capogiro su Spotify sono praticamente assenti. L’unico cantante apparso timidamente nella top 30 è Coez (vero nome Silvano Albanese), presente su Spotify con diverse canzoni e con numeri da capogiro (16 milioni di stream per La musica non c’è): Ear One della scorsa settimana lo rilevava alla posizione 32 nelle radio italiane, in discesa, mentre Ghali è al settantesimo posto con Habibi.
In Gran Bretagna questo meccanismo è completamente ribaltato: su Bbc1 entrano in “heavy rotation” solo i nuovi artisti o i cosiddetti crossover (Coldplay ad esempio) mentre tutto ciò che è anagraficamente appartenente alla generazione passata viene suonato da Bbc2. Quindi il singolo degli U2 va direttamente su Bbc2, se invece i Coldplay realizzano una nuova hit viene trasmessa su entrambi i canali.
Nel nostro Paese è come se fossimo dentro una Bbc2 estesa per il 90 per cento dei network dato che ogni nuovo brano di Ligabue, Jovanotti, Vasco Rossi e simili entra spesso direttamente alla prima posizione. Questo produce quasi sempre un comunicato stampa trionfale delle etichette discografiche utilizzando questo traguardo quale specchio del successo.
Conta l’età di chi sceglie la programmazione ma non solo; spesso i grandi network sono partner degli artisti nei loro tour, contano anche le amicizie con i rispettivi manager.
Per fare un esempio inerente alla nostra analisi questa settimana troviamo Oh, Vita! di Jovanotti al primo posto delle radio mentre su Spotify non è presente nemmeno nei primi 50. I numeri di Spotify dicono che in sette giorni ha avuto 245.000 stream contro 1.813.000 di Salmo. A fine novembre La musica non c’è di Coez ha totalizzato 16.454.000 stream contro 807.000 di Jovanotti. Fabri Fibra, J-Ax e Fedez, Negramaro, Caparezza e Cremonini hanno buone performance su Spotify e non solo nei network radiofonici.
Discorso analogo se si analizzano i dati di Shazam, altro termometro di tendenza. Altri nomi illustri quali Shade, Tedua, Madman sono sconosciuti ai principali network radiofonici. Ma anche l’hip hop internazionale soffre dello stesso trattamento: Post Malone con Rockstar ai vertici da settimane in Usa e Gran Bretagna ha totalizzato oltre 8 milioni di stream su Spotify ma nella classifica radiofonica di Ear One è al numero 41, oltretutto in discesa.
L’unico network a trasmettere in alta rotazione il brano è RadioDeejay, più attento alle classifiche internazionali e alle nuove tendenze e, in qualche modo, più sensibile all’hip hop internazionale e nazionale (Stavo pensando a te di Fabri Fibra è arrivata al numero uno facendo tendenza).
Le prime trenta posizioni nelle radio italiane rilevate da Ear One sono equamente divise tra le tre multinazionali discografiche: Universal, Warner e Sony. Un altro dato interessante è la performance di You’re The Best Thing About Me degli U2, rimasto per sette settimane al vertice dei brani più trasmessi nelle radio italiane: nessun altro Paese europeo ha avuto una performance analoga e, in ogni caso, si tratta di posizioni marginali.
La spiegazione più logica forse è data da una sorta di provincialismo tipico del nostro Paese: si sceglie di programmare un brano rassicurante, di artisti che vivono di rendita da diversi anni a discapito di chi investe nell’innovazione o nell’originalità. Non ci resta che augurarci che i nostri programmatori seguano l’esempio dei più audaci colleghi (ce ne sono ancora) e investano su artisti della nuova generazione, tenendo conto di Spotify, di You Tube e, soprattutto, dei dati dei concerti dal vivo. Scoprirebbero per esempio che il tour di Coez è interamente sold out.