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 2017  dicembre 03 Domenica calendario

L’internet delle nanocose

Ogni volta occorre moltiplicare per mille. Se gli utenti del web si contano in miliardi, l’internet delle cose può connettere potenzialmente trilioni di oggetti. Tuttavia, questo ancora non basta: una nuova applicazione sta sorgendo all’orizzonte aumentando ancora il numero delle connessioni. Una tecnologia capace in teoria di collegare milioni di miliardi di macchine. È l’internet delle nanocose: una tecnica resa possibile dall’evoluzione del wireless in 5G e dalle nanotecnologie.
Se l’internet delle cose è pensato per connettere gli oggetti su scala macrocopica, l’internet delle nanocose metterà in rete macchine di dimensioni micrometriche o nanometriche, permettendo a oggetti lunghi qualche molecola di partecipare allo stesso network comunicando tramite onde elettromagnetiche o con segnali molecolari. Anand Nayyar è un ricercatore dell’Università tecnica dello Stato Indiano del Punjab noto per i suoi studi in questo campo. Quando gli si chiede quali potranno essere i benefici legati a questa tecnologia la sua risposta si concentra in un aggettivo: “tremendi”. «L’internet delle nanocose potrà essere applicato per realizzare dispositivi di controllo intelligenti, reti di sensori per il corpo nell’area della salute, strumenti militari per il monitoraggio del campo di battaglia. In un prossimo futuro – continua Nayyar – questa tecnologia promette lo sviluppo di “nanorobotica, nanodroni, applicazioni per basi spaziali o produzione industriale e molto altro ancora». L’internet delle nanocose, nelle sue parole, altro non è che “l’integrazione delle nanomacchine” all’interno di una rete. Certamente – sottolinea il ricercatore indiano – si tratta di una tecnologia “ancora alle sue prime fasi”, ma i cui concetti potranno presto essere applicati in settori differenti. Non è così un caso che lo scorso anno la rivista Scientific American segnalò l’internet delle nanocose come una delle 10 tecnologie scientifiche emergenti; un settore che, secondo l’istituto di ricerca MarketsandMarkets, muoverà un fatturato di oltre 9,5 miliardi di dollari entro tre anni.
Un altro ricercatore che sta scommettendo su questa tecnologia è Ian Akyildiz, dell’Istituto di Tecnologia della Georgia, dove dirige il laboratorio Bwn – Broadband wireless networking- reti wireless a banda larga. Secondo Akyildiz il vantaggio competitivo delle nanocose e delle nanomacchine è che richiedono meno energia nel realizzare la rete, e che inoltre sono in grado di procurarsi l’energia dal loro ambiente in modo autonomo. Inoltre, proprio questa estrema reattività all’ambiente le rende sensori estremamente efficaci.
Due sono le strade che l’internet delle nanocose sta seguendo: simulare le proprietà degli organismi biologici, o utilizzare nanomateriali non appartenenti al regno della vita. In questo secondo caso, ad esempio, uno dei protagonisti è il grafene: lo strato monoatomico di atomi di carbonio. Già sette anni fa Akyildiz propose sulla rivista “Nano Communication Networks” la realizzazione di un network di nanosensori comunicanti con impulsi elettromagnetici. I transistor per l’internet delle nanocose in effetti esistono già, e sono stati realizzati da aziende come Ibm, Qualcomm o Samsung. Spesso sono basati proprio su materiali come il grafene e trasmettono a una frequenza vicina al Terahertz, ossia con un numero di cicli al secondo superiore di circa mille volte ai Gigahertz cui possono arrivare i transistor al silicio.
È Nayyar a spiegare perché questa banda di trasmissione costituisce la soluzione migliore per l’internet delle nanocose che necessita «la trasmissione di grandi quantità di dati in modo puntuale e sicuro». La banda sui THz risulta essere da questo punto di vista “molto adatta” per realizzare il tipo di comunicazione “veloce e affidabile” che garantisce l’efficienza della rete dell’internet delle nanocose. Infatti, continua lo scienziato indiano, questa banda consente di «individuare le migliori finestre di trasmissione in termini di capacità del canale», e utilizza delle antenne direzionali capaci di compensare l’elevato tasso di decadimento della potenza del segnale.
Molteplici sono le sfide che occorre vincere per realizzare l’internet delle nanocose, sfide legate all’utilizzo della banda dei THz, ma anche a tutti gli aspetti di sicurezza nelle trasmissioni. I ricercatori sono impegnati anche a stabilire gli standard di comunicazione da utilizzare nei network di dimensioni molecolari. Questi network sfrutteranno inoltre le potenzialità offerte dai big data e dal cloud computing, e non a caso tra le realtà coinvolte in questa sfida si trovano realtà come Intel, Cisco, Ibm o Siemens.
L’interesse in questo settore è elevato perché i benefici sono altrettanto significativi. In un prossimo futuro reti di questo tipo permetteranno di collegare tra loro sensori che monitorano istante per istante i parametri vitali del nostro corpo, verificando la reazione ai mutamenti ambientali o allo stress. Strumenti che consentiranno di realizzare medicine molecolari personalizzate che agiscono quando c’è bisogno, o sensori per rendere più sicuri i veicoli sulla base delle condizioni climatiche, o ancora nanosonde per massimizzare la resa delle coltivazioni agricole valutando la condizioni di ogni germoglio.
Secondo Nayyar questa rivoluzione non è neppure tanto lontana e si dovrebbe realizzare «tra circa 5-8 anni», anche se già «tra un paio di anni alcuni apparati basati sull’internet delle nanocose vedranno la luce del sole».
La rivoluzione “tremenda” potrebbe essere dunque molto più vicina di quanto immaginiamo.