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 2017  dicembre 04 Lunedì calendario

Sulle tracce della grande arte perduta. Dai porti franchi in Svizzera ai capolavori sottratti dai nazisti e finiti in Serbia

Due tra le più grandi gallerie al mondo di opere d’arte sono blindate e inaccessibili.
La prima è il caveau che il Comando tutela patrimonio culturale dei Carabinieri ospita in una caserma nel centro di Roma, nel quale Il Sole 24 Ore è entrato.
La seconda è un enorme deposito di proprietà privata in Svizzera – il Geneva free port – che contiene circa un milione di opere d’arte. Il presidente e direttore del Louvre, Jean-Luc Martinez, ha definito questo porto franco «il più grande museo che nessuno può vedere». Anche al suo interno Il Sole 24 Ore ha provato ad entrare ma l’autorizzazione è stata negata, così come è successo per altri porti franchi che la Svizzera custodisce gelosamente lontano da occhi indiscreti. Quei luoghi, esenti da dazi doganali, tasse e imposte, sono accessibili solo a chi vuol comprare e vendere.
Molti porti franchi – che secondo alcune indagini giudiziarie contengono anche migliaia di tele, sculture e reperti rubati in giro per il mondo – non solo si stanno moltiplicando, ma diventano terreni di affari più o meno chiari e contenziosi miliardari. L’oligarca russo Dmitry Rybolovlev, tra le altre cose proprietario della squadra di calcio di Monaco, il 17 novembre ha realizzato l’incredibile plusvalenza di 322,8 milioni di dollari con la vendita all’asta presso Christie’s di New York del suo «Salvator Mundi» di Leonardo da Vinci. A venderglielo due anni prima è stato Yves Bouvier, a lungo tra i principali attori della logistica del mercato dell’arte e, fino a poco tempo fa, il più grande operatore proprio del porto franco di Ginevra. Ora non più: ha deciso di investire nello stesso settore ma in Lussemburgo e a Singapore e ha annunciato che aprirà altri due o tre porti franchi in Asia. Nel 2015 Dmitry Rybolovlev ha sporto denuncia contro Bouvier, sostenendo che lo aveva defraudato di un miliardo allorquando gli vendette 37 tele tra le quali opere di Picasso e Modigliani, oltre, appunto, al Salvator Mundi.
Senza misteri, gialli, trame o segreti – ma ugualmente inaccessibile al pubblico – è il caveau romano, alla cui collezione manca ancora «La natività di Caravaggio», rubata nel ’69 a Palermo e alla quale i Carabinieri agli ordini del generale Fabrizio Parrulli danno la caccia ogni giorno senza sosta. Migliaia sono le opere dal valore inestimabile che transitano o vi sono transitate. Il caveau, attualmente, ospita tantissime opere di pittori contemporanei (ad esempio di Mimmo Rotella e Paolo Bottai), della scuole caravaggesca, quadri di incerta autenticità (tra i quali alcuni riconducibili a Picasso e Andy Wharol), sculture e reperti di ogni periodo storico provenienti da aree archeologiche, che sono state rubate ai legittimi proprietari, ai quali saranno restituiti. Alcune opere ospitate in questi mesi sono state sequestrate a seguito dell’indagine della Procura di Roma «Mondo di mezzo» ed erano nella disponibilità di Massimo Carminati. Certamente non l’unico criminale con il vizio dell’arte. Solo poche settimane fa la Dia di Trapani ha sequestrato il patrimonio di un imprenditore che gli investigatori ritengono il mercante d’arte del superlatitante Matteo Messina Denaro.
In quel caveau blindato che ospita opere recuperate o sequestrate, sono passati negli ultimi 50 anni beni per almeno 8,7 miliardi, la gran parte falsi d’autore che, immessi su piazza, alimentano un mercato che genera profitti miliardari e che è in grado di far oscillare le quotazioni in ogni parte del globo. Nel dettaglio, la stima economica dei beni culturali illecitamente sottratti ai legittimi proprietari in giro per il mondo e recuperati in Italia o sequestrati a seguito di indagini giudiziarie sfiora i due miliardi, mentre quella dei falsi sfiora i 7,4 miliardi. È un calcolo approssimativo, perché in realtà moltissime opere sono inestimabili e farebbero la fortuna di qualsiasi collezionista.
L’arte, i suoi traffici leciti e i tanti illegittimi e sottotraccia, si arricchisce di trame fittissime quando si torna indietro nel tempo con vicende che, però, sono incredibilmente attuali.
Otto “prigionieri di guerra” sono ancora in ostaggio nelle sale del Museo nazionale di Belgrado a più di settant’anni dalla fine del Secondo conflitto mondiale. Sono otto opere d’arte di inestimabile valore trafugate dall’Italia nel 1943 sui treni speciali del luogotenente di Hitler, il maresciallo Herman Goering, e finiti in Serbia dopo che per decenni se ne erano perse le tracce. Le opere d’arte trafugate dall’Italia sono capolavori del Medioevo e del Rinascimento, tra le quali il Ritratto della regina Cristiana di Danimarca dipinto da Tiziano, la Madonna con Bambino e donatore di Jacopo Tintoretto. Impossibile dire quanto valgano.
Ora la procura della Repubblica di Bologna, anche grazie allo straordinario lavoro compiuto dal Comando tutela patrimonio culturale dei Carabinieri di Firenze, ha disposto il sequestro e ne chiede la restituzione, in attesa che il ministero degli Esteri rompa gli indugi e faccia sentire forte la pressione diplomatica sul governo di Belgrado.