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 2017  dicembre 04 Lunedì calendario

Il volo di Brignoli: «Racconterò ai miei figli il gol al Milan»

Alberto Brignoli odia colpire di testa. Dice che il pallone è duro e gli fa male. Alle 14.25 di ieri però si è guardato intorno, ha tagliato i fili che lo legavano al pontile della sua porta e ha attraversato il campo. Cento metri più in là, ha trovato l’America. Si è appostato al limite dell’area, marcato poco o nulla, e ha tagliato per cercare la punizione di Cataldi: «Il mister forse non voleva che salissi, lui ha la testa dura ma io di più. Ho detto, “vado, vado e basta”. Lì ho fatto un salto da portiere, non da attaccante. Mi hanno detto che sembravo Aldo nella scena di “Tre uomini e una gamba” e hanno ragione. Ero un po’ storto, ho chiuso gli occhi». Quando li ha riaperti, a Benevento era Natale e Capodanno insieme: Alberto l’aveva messa all’angolo di testa. Un gran dolore. Un portiere non segnava in Serie A dal primo aprile 2001: scherzo di Taibi all’Udinese. Prima di lui c’erano riusciti solo Rampulla con la Cremonese e la coppia Rigamonti-Sentimenti, tra il 1942 e il 1976. Paleozoico calcistico. Allora si capisce: qui a Benevento si è fatta la storia. Sommessamente, ma si è fatta la storia. Chi conosce Alberto dice che è estroverso ma umilissimo… e le frasi confermano: «Mi dispiace per Donnarumma, sono portiere anch’io. Un giorno racconterò ai miei bambini che gli ho fatto gol. Tra 10 anni si parlerà di Gigio come di Buffon, che è un mio collega per modo di dire. Forse “collega” è esagerato. Io con lui al massimo mi sono allenato quest’estate, perché il mio cartellino è della Juve. Era luglio e mi chiedeva: “Domenica vieni a lavorare sulla forza con me?”. A Vinovo c’eravamo solo io, lui e i preparatori. Pensate, un campione come Gigi che si allena a luglio di domenica». 

LA VITA L’umiltà dev’essere di famiglia. Alle 14.25 due Brignoli, due portieri, saltavano in aria. Il secondo è papà Pierangelo, classe 1957, da ragazzo in C1: «A casa ero solo – ha detto a metà pomeriggio —. Mia moglie non è ancora tornata e non ci siamo sentiti. Mi hanno chiamato degli amici ma io non ho telefonato a nessuno, noi siamo gente così: non chiamiamo per vantarci». Tutto molto bergamasco – come Brignòli, cognome tipico, accento sulla O – e molto sobrio. La famiglia vive a San Paolo d’Argon, Alberto è nato a Trescore Balneario nel 1991 e ha cominciato col ciclismo: «Gli piaceva, vinceva – dice papà —. Era pazzo di Pantani». A nove anni il calcio. Sarnico, Grumellese, Montichiari, poi il Lumezzane del presidente Renzo Cavagna: «Alberto? L’ho preso per 10 mila euro dal fallimento del Montichiari. Io sono milanista ma al gol ho festeggiato». Vent’anni, Brignoli va lontano. Nel 2012 è alla Ternana: «Per vedere i suoi allenamenti mi appostavo su un albero che guardava dentro lo stadio del Lumezzane – dice Davide Quironi, suo preparatore a Terni —. Non mi hanno visto e Alberto è diventato un amico, un uomo di sana follia. Ve l’ha detto che fa il deejay?». No, ma non importa. Contano più le altre tappe: Samp e Leganes con tanta panchina, Perugia in B con tensione da ex ternano. Poi, finalmente, la A col Benevento, prima riserva di Belec, poi titolare. 
GLI AMICI Il presidente Oreste Vigorito ieri si è commosso: «L’ho visto piangere in spogliatoio, forse si offenderà perché è riservato ma non importa – dice Brignoli —. È la prima volta che ho trovato un presidente che ci parla da persona più anziana e non da capo». Vigorito deve averlo abbracciato e non è l’unico. Alberto alle 16 aveva già una ventina di chiamate e quattro pagine di messaggi Whatsapp: Nicola Leali, Lorenzo De Silvestri, Aimo Diana e altri amici. Niente però gli ha fatto piacere come quello che ha visto tornando a casa con il suo agente Dattola: «Nel palazzo dove vivo ho trovato uno striscione e una bottiglia di spumante. I proprietari di casa, due signori anziani, sono usciti sul pianerottolo per farmi i complimenti. Mi hanno fatto emozionare, è stato come se fossero i miei nonni». La scritta è da writer con la bomboletta: «GRANDE ALBERTO!! GRAZIE!!!!», in rosso su bianco. Se l’hanno fatta i nonni, applausi. 

(ha collaborato Alessandro Russo)