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 2017  dicembre 02 Sabato calendario

Ankara boccia la tinta, non l’Isis. Al bando gli uomini ingannatori che colorano barba e capelli

Tingersi baffi e capelli pare brutto per l’Islam. Invece uccidere migliaia di innocenti gridando «Allah Akbar» va benone e val bene un posto in paradiso. L’iperbole (l’ennesima) trova terreno fertile ad Ankara, «patria» per antonomasia dell’antiliberalismo. La Direzione per gli affari religiosi della Turchia (Diyanet), la massima autorità islamica del Paese, decreta che «tingersi i capelli, la barba o i baffi è permesso solo se lo scopo non è quello di ingannare. Ma tingersi i capelli di nero per un uomo non è mai ammissibile. È ritenuto inappropriato». Accipicchia come sono solerti nella terra di Erdogan nell’indicare condotte di vita.
Dopo la crociata neo ottomana contro i social network, la rete, youtube, ecco che da dove è stato orchestrato il golpe più farlocco della storia parte un nuovo attacco ai principi liberali. La tinta inganna, certo, ma il terrorismo di matrice islamica spezza vite e diffonde terrore: ma non una parola è stata spesa, forse perché su quelle stesse strade alla periferia di Ankara qualche convoglio che riforniva l’Isis c’è passato.
La fatwa contro la tintura maschile dovrebbe far emergere ancora una volta il potere religioso e, quindi, politico. Come se l’ombra di Erdogan avesse bisogno di altro, dopo aver arrestato giornalisti, magistrati, avversari politici, cittadini, dopo aver massacrato armeni, curdi, ponti e ciprioti. Chissà cosa ne pensano i dirigenti islamici delle magagne del figlio di Erdogan (rigorosamente senza baffi), coinvolto assieme a mezza nomenklatura nella tangentopoli che decapitò gli allora vertici del partito del presidente, o della Casa Bianca erdoganiana con 2mila stanze, o degli spifferi sull’isolotto comprato a un prezzaccio dal figlio di Kofi Annan, all’epoca numero 1 dell’Onu. Ma il problema, alla fine, non è solo quello di un potere che, insicuro del peso specifico, entra ancora una volta a gamba tesa nella testa dei cittadini. Bensì il silenzio di quanti, a sinistra della sinistra, si ergevano a tifosi, anche in Italia, di una Turchia finalmente pronta a fare ingresso nel club dell’Ue perché spinta dalle «ali kemaliste». Solo fuffa. Scommettiamo che i radical chic di casa nostra da domani non si tingeranno più i capelli?