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 2017  dicembre 02 Sabato calendario

Sovrani, manager e politici: la difficile scelta di abdicare

Rinunciare alla corona? Un gesto sempre più comune. Da ieri lo è anche per l’Imperatore del Giappone, figura sacra, celeste, anzi celestiale, eterea, intangibile nell’immaginario popolare di un Paese che non ha mandato in soffitta la monarchia, a differenza dell’Italia che nel Dopoguerra la abolì, neppure dopo le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki. L’annuncio dell’Agenzia imperiale dell’abdicazione di Akihito, 125° sul Trono del Crisantemo, il più antico del mondo, il 30 aprile 2019, dimostra che anche re e imperatori «vanno in pensione», per dirla con lo storico delle grandi famiglie Domenico Savini. «I membri della casa imperiale giapponese sono maschere di cera, non manifestano sentimenti, non li vedi per strada come re e regine europei che vanno in bicicletta. Pochi sanno che Akihito e la moglie, nata borghese, amano Firenze, vanno in incognito a Pistoia perché sono amanti dei fiori». Le abdicazioni? «Ormai sono all’ordine del giorno». 
LE STORIE
Stanchezza, acciacchi, infortuni della politica, scandali sessuali, inchieste giudiziarie, semplice voglia di godersi la vita, spingono i titolari di rinomate case reali a farsi da parte. Perfino il capo di una monarchia assoluta come la Chiesa, Benedetto XVI, ha scelto di ritirarsi e lasciare a Papa Francesco di confrontarsi con i veleni della Curia. Politici potenti, dai tempi di Silla in poi, decidono di arretrare senza tuttavia perdere lo scettro: Silvio Berlusconi non ha successori. Sonia Gandhi capeggiava il Partito del Congresso ma non ha mai potuto governare in prima persona l’India, perché donna e italiana. Imprenditori storici tornano al timone dei loro imperi promettendo, come Luciano Benetton, di «colorare di nuovo il mondo». Così Leonardo Del Vecchio, imperatore di Luxottica. Non arretra di un millimetro, a dispetto dei gossip che ne prevedono l’abdicazione nel 2021 a 95 anni, la Regina Elisabetta, sul trono da 64, sulla quale pesa ora l’assenza nelle cerimonie ufficiali del principe consorte Filippo, 96, a vita privata. Insomma, non c’è pace per i monarchi, sotto gli occhi dei riflettori «come star legate all’Auditel», dice Savini. «Fare il Re? È il mestiere più complicato del mondo. Soltanto viaggi di Stato. Sempre attenti a non fare errori. Una vita alienata, lontana dal mondo reale». 
Per Akihito, 83 anni, operato al cuore e alla prostata, il governo di Shinzo Abe ha dovuto varare una legge speciale per permettergli di abdicare a favore del figlio maggiore Naruhito, 57. A ogni morte d’imperatore si conclude un’Era, con Akihito quella della Pace. Abdicazioni memorabili quelle di Celestino V, il Papa del Gran Rifiuto, nel 1294, e Diocleziano nel 305 d.C., in contemporanea con l’Augusto d’Occidente, Massimiano.
IN EUROPAUna tradizione, quasi, la rinuncia al trono nei Paesi Bassi: Guglielmina abdica nel 48 per la figlia Giuliana, che a sua volta lascia nell’80 per Beatrice, che rinuncia nel 2013 a favore di Guglielmo Alessandro. 
Napoleone I abdica due volte. Edoardo VIII nel 36 lascia a furor di popolo per sposare la borghese americana divorziata Wallis Simpson. Ma la ragione vera, probabilmente, è un’altra: i legami tra la Simpson e Hitler e le opinioni destrorse del Re che s’immischia un po’ troppo negli affari di governo e definisce «folli» i politici di sinistra e poi visita il Führer con Wallis dopo l’abdicazione. 
E ancora: la rinuncia alla corona, per molti tardiva, di Vittorio Emanuele III. E quella di Juan Carlos di Spagna che in piena crisi economica va a caccia di elefanti in Africa e quindi ammette: «Mi dispiace molto, ho sbagliato, non succederà più». Ma dopo le ultime performance in Tv del nuovo Re Felipe, el niño rubio, il bambino biondo, c’è chi rimpiange il focoso padre. A catena le abdicazioni nel Lussemburgo di Granduchi e Granduchesse, da Carlotta a Enrico. Per non parlare del Re dell’Arabia Saudita, Salman, che ha ceduto il potere al figlio Mohammed bin Salman conosciuto nel mondo con le iniziali: MbS. O di un’altra abdicazione nel Golfo, quella dell’Emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa al Thani, nel 2014, a favore del rampollo. Tamin.