30 novembre 2017
APPUNTI SUI BITCOIN PER ANTEPRIMA
IL SOLE 24 ORE 30/11 –
Tutti vogliono il Bitcoin, ma a cosa serve?
Con un valore moltiplicato di 50 volte in tre anni, la valuta che era nata come strumento di pagamento si è ormai imposta prevalentemente come mezzo di investimento ad altissimo rendimento - e altissimo rischio - per capitali in libertà alla ricerca di rendimenti in un mondo a tassi zero. Il bitcoin ha garantito finora grandi soddisfazioni come asset class, costringendo la grande finanza di Wall Street a rincorrere un mercato per sua natura al di fuori delle regole. Anche il Nasdaq e il broker Cantor Fitzgerald, secondo il Wall Street Journal, stanno valutando il lancio di contratti future sulla criptovaluta, sulle orme del Chicago Mercantile Exchange che entro fine anno aprirà le contrattazioni ai derivati che permetteranno di ridurre il rischio, con contratti regolati del tutto per contanti, per evitare ai grandi player l’imbarazzo di presentarsi su mercati non regolamentati. In Italia sono ormai stimati in 15-20mila i conti aperti in bitcoin.
Il surriscaldamento delle quotazioni ha fatto passare in secondo piano il ruolo primario di una valuta, quello di essere uno strumento di pagamento. Lo stesso meccanismo delle criptovalute, basato sulla certificazione decentrata da parte dei miners per ogni singola transazione, ha dato vita a un sistema macchinoso e lento: la trasparenza e la sicurezza della blockchain hanno come contropartita tempistiche che mal si conciliano con un denaro digitale che si muove in tempo reale. Dai Microsoft per i suoi games ai viaggi spaziali di Virgin Galactic crescono le aziende che accettano i bitcoin.
Ma la rivalutazione fino a oltre quota 11mila dollari ha confortato i teorici che indicano nella riserva di valore il vero ruolo del bitcoin: uno strumento che si propone come “oro digitale”, alla portata domani anche delle Banche centrali. Non c’è dubbio che da questo punto di vista nei primi anni abbia funzionato in maniera egregia, mettendo al riparo più che abbondantemente da un’inflazione inesistente. Come l’oro diventa quindi un bene rifugio, adatto per i momenti di crisi: non è un caso che tensioni internazionali come quella coreana coincidano con accelerazioni delle quotazioni.
Allo stesso tempo questo ruolo è sottolineato dall’uso sempre più frequente per le rimesse dei migranti in patria, soprattutto laddove il valore della moneta locale è minato da iperinflazione o sistemi bancari traballanti. Ne è un esempio lo Zimbabwe. Ma in tutta l’Africa ci sono più cellulari che conti correnti. E per trasferire il bitcoin non serve nulla di più di uno smartphone e della connessione internet. In Cina la criptovaluta sarebbe stata utilizzata a piene mani per esportare capitali, provocando il bando decretato da Pechino. Così come dietro l’anonimato (o meglio lo pseudonimato) che copre il bitcoin si nascondono attività illecite che vanno dai traffici illegali nel deep web alle richieste di riscatto degli hacker informatici fino al sospetto di riciclaggio di montagne di denaro da parte delle grandi organizzazioni criminali.
Le criptovalute sono anche alla base delle Ico, le offerte iniziali di valute che hanno spopolato quest’anno con oltre 3 miliardi di dollari raccolti: il lancio di nuove criptovalute è utilizzato per finanziare progetti e startup garantendo l’accesso a servizi, prodotti o a partecipazioni societarie. Pur in un clima opaco che rischia di favorire vere e proprie truffe.
Pierangelo Soldavini
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Bond e azioni, è il rally del secolo Per Goldman il rischio è in agguato –
Azioni e bond sono per loro natura strumenti che si bilanciano. Quando c’è una recessione e gli utili societari calano il mercato si rifugia nella sicurezza dei titoli di Stato. Quando c’è la ripresa e l’inflazione risale i bond sono meno convenienti e e sono soprattutto le azioni ad andare bene. Storicamente c’è sempre stata una correlazione negativa tra Borse e obbligazioni. Dal 1900 ad oggi - segnala Goldman Sachs in una recente nota - solo in pochi casi il mercato non ha seguito il copione: nei “ruggenti” anni ’20 che hanno preceduto la grande depressione, nel corso degli anni ’50 e nell’ultimo ventennio. Prendendo il caso scuola di un investitore con un portafoglio bilanciato costituito per il 60% da azioni dell’indice S&P500 e per il 40% da titoli di Stato Usa a 10 anni gli analisti della banca d’affari hanno calcolato un ritorno di investimento pari al 143% dalla grande crisi finanziaria ad oggi. Quello dal crack Lehman ad oggi è stato uno dei rally più lunghi della storia per i portafogli bilanciati. Bond e azioni raramente viaggiano sullo stesso binario. Quando questo succede è perché l’economia cresce ma senza una ripresa convincente dell’inflazione. Così è successo negli anni ’20, negli anni ’50 e negli ultimi 8-9 anni. Con l’ingrediente in più del colossale stimolo monetario messo in atto dalle banche centrali che ha anestetizzato il mercato favorendo la bassa volatilità. Che succede ora? Come tutte le feste anche questa non è destinata a durare ancora molto e le valutazioni non possono sfidare la forza di gravità. Due gli scenari ipotizzati da Goldman: il peggiore è quello di una drastica inversione di rotta innescata per esempio da un balzo dell’inflazione e da una stretta sui tassi delle banche centrali. Quello più probabile è quello di un prolungato periodo di bassi ritorni di investimento. Un piccolo assaggio lo si è avuto con il calo dei ricavi da trading delle grandi banche europee e americane nell’ultimo trimestre.
Andrea Franceschi
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FILIPPO SANTELLI, LA REPUBBLICA 30/11 -
Altalena bitcoin e la corsa agli sportelli manda in tilt gli scambi -
Fosse stata una moneta come tutte le altre, si sarebbero viste file chilometriche davanti alle banche, urla, scene di panico. Ma seppur in forma virtuale, ieri anche il bitcoin ha vissuto la sua corsa agli sportelli. Milioni di ordini di acquisto e soprattutto di vendita, scambi record per oltre 10 miliardi di dollari in un giorno ( dati Coinmarketcap), che dopo le vette del mattino a 11.800 dollari hanno fatto precipitare il valore della criptomoneta in zona 9.000, mandando in tilt alcuni dei suoi maggiori nodi globali. Il borsello digitale Coinbase, dove 13 milioni di utenti custodiscono il proprio gruzzolo, è stato irraggiungibile o bloccato per tutto il giorno. Rallentati anche gli “ exchange” Bitstamp, Kraken e The Rock Trading, tra le maggiori Borse globali per lo scambio delle monete virtuali.
Quasi impossibile comprare i bitcoin, mentre alle 15 il loro valore decollava verso nuovi massimi. Ma soprattutto liberarsene, quando in pochi secondi precipitava giù. È l’annunciata “ correzione” dei prezzi, dopo la travolgente cavalcata delle ultime settimane. Se sia la definitiva esplosione della bolla o una base per ripartire, è troppo presto per dirlo. Resta il fatto che, proprio come successo a settembre quando la Cina annunciò una stretta sui prelievi, lo scossone di ieri ha fatto riemergere tutta la fragilità del sistema.
« I bitcoin e le criptovalute sono vulnerabili a crisi di sfiducia che possono essere repentine » , ha detto ieri in audizione Fabio Panetta, direttore generale della Banca d’Italia. E in queste crisi proprio gli “ scambi” e i “ portafogli” sembrano essere punti deboli, un potenziale collo di bottiglia per gli investitori non professionali che sono arrivati sul mercato. Va detto che dai tempi di Mt. Gox, l’exchange che nel 2014 si vide rubare 850 mila bitcoin dei suoi clienti, la sicurezza è aumentata. Ma la trasparenza in molti casi lascia ancora a desiderare, come ha rivelato una inchiesta del New York Timessu Bitfinex, registrato alle Isole Vergini per sfuggire ai regolatori e coinvolto in misteriose sparizioni di monete. Mentre la capacità tecnica di questi soggetti di gestire una mole di scambi crescente, specie ora che la finanza tradizionale ha messo nel mirino le criptomonete, resta tutta da verificare.
«Siamo di fronte a un mercato che evolve a una velocità inedita e che è ancora molto giovane». riconosce Christian Miccoli, manager bancario di lungo corso e ora fondatore del borsello digitale Conio. «Una crisi di crescita è normale, ma il livello di maturità è già molto aumentato rispetto a qualche anno fa » . Negli Stati Uniti nella sola settimana del Ringraziamento, attratte dalla crescita del bitcoin, 300 mila persone hanno aperto un conto su Coinbase. Ma con l’appetito del pubblico di massa, sulle criptovalute sta arrivando anche l’occhio dei regolatori. Negli Usa e in Giappone i maggiori exchange sono ora sotto vigilanza formale. Il timore degli operatori è che la stretta sia tale da soffocare lo sviluppo della tecnologia. «Non vorrei essere nei panni di chi dovrà scrivere le norme», ha ammesso ieri Panetta. Tardi o presto, toccherà anche a noi.
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FABRIZIO MASSARO, CORRIERE DELLA SERA 30/11]
I timori di Bankitalia sui bitcoin: «Le criptovalute? Soggette a crisi» -
I bitcoin che volano a quota 11 mila dollari il 29 novembre 2017, mille in più in appena 12 ore e +900% da inizio anno, sono come la bolla dei tulipani del Seicento? Il paragone — e il relativo avvertimento sui rischi della criptovaluta usata nel mondo ormai da decine di milioni di persone — arriva dal vicedirettore generale di Banca d’Italia, Fabio Panetta, ieri in un’audizione al Parlamento.
Secondo l’esponente di via Nazionale si tratta di «contratti vulnerabili a crisi di sfiducia che possono essere repentine». Insomma, si può guadagnare tantissimo, come sta succedendo a chi è entrato mesi fa nell’investimento, ma si può anche restare con il cerino in mano e perdere tutto. «Ieri vedevo un grafico con la dinamica del valore del bitcoin e l’evoluzione del prezzo dei tulipani in Olanda di qualche secolo fa, vediamo se avrà la stessa evoluzione».
La corsa senza freni della valuta virtuale è spinta anche dall’affacciarsi sul mercato di decine di nuovi cripto-hedge fund e ma anche di tantissimi investitori retail. La londinese Blockchain.info, uno dei maggiori fornitori mondiali di portafogli bitcoin, ha detto ieri all’agenzia Reuters di avere raggiunto un record di nuovi utenti: oltre 100.000 clienti, che portano il numero totale a 19 milioni.
La fornitura di bitcoin è fissata a 21 milioni di unità, che dovrebbe essere raggiunta entro il 2140. I bitcoin in circolazione sono finora circa 16,7 milioni e ogni dieci minuti ne vengono emessi attualmente 12,5 nuovi (il cosiddetto «mining») da un network globale di computer. Pochi però comprano bitcoin come strumento di pagamento (e quindi di scambio), a quanto pare, ma per scommettere sull’aumento del valore della criptomoneta stessa. Insomma, per speculare. Con i connessi rischi di una bolla delle quotazioni che potrebbe esplodere da un momento all’altro. A metà settembre i bitcoin avevano perso circa duemila dollari in pochi giorni scendendo sotto quota cinquemila dollari tanto da far parlare di «sgonfiamento» del fenomeno, che però è poi ripartito in maniera tumultuosa. Già ieri sera però, su Bitsmap — un’altra piattaforma digitale — i bitcoin erano tornati sotto quota 10 mila dollari. Insomma, la volatilità continua ad essere elevata per una moneta che si stima sia arrivata a valere complessivamente circa 190 miliardi di dollari.
Le autorità cominciano ad essere preoccupate. Il vicepresidente della Bce, Vitor Constancio ha messo in guardia: «È un asset molto particolare: se guardiamo agli sviluppi del suo prezzo, per definizione, va considerato una asset speculativo. Gli investitori si stanno prendendo un rischio comprando a simili prezzi», anche se Constantio esclude che l’estrema volatilità dei bitcoin possa contagiare altri mercati. Per il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz il bitcoin «dovrebbe essere vietato. Non ha alcuna funzione sociale». Anche il mondo islamico li boccia: secondo la Direzione per gli affari religiosi della Turchia (Diyanet), la massima autorità islamica del Paese, la criptovaluta «non è appropriata» ai principi religiosi e potrebbe essere usata per il riciclaggio. Ma gli operatori non si scoraggiano: dopo la borsa dei derivati Cme anche il Nasdaq punta a lanciare futures sui bitcoin nel 2018.
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ALBERTO BRAMBILLA, IL FOGLIO 1/12 –
.Le manie finanziarie sono come ma- lattie infettive, scriveva ieri il Financial Ti- mes. L’avidità e la curiosità stanno diffon- dendo l’entusiasmo per le valute virtuali co- me gli starnuti trasmettono l’influenza. Il rialzo del valore del Bitcoin da 1.000 a 11.000 dollari da marzo a oggi non dovrebbe essere un motivo per buttare i propri risparmi. Ma sembra che il contagio sia in corso, soprattut- to perché i media ne parlano con insistenza. Spesso accanto agli articoli online si trovano banner pubblicitari che invitano a tuffarsi sull’opportunità. E’ interessante notare che il massimo clamore arriva proprio quando di Bitcoin non è più così interessante discutere nei termini in cui nacque nel 2009, ovvero di una moneta – che moneta non è – capace di sfidare il monopolio del denaro delle Banche centrali. Bitcoin verrà infatti scambiato dal- l’11 dicembre al Chicago Mercantile Exchan- ge con contratti futures, come una qualsiasi commodity o prodotto finanziario. L’idea li- bertaria sottesa al suo “conio” svanisce nel
momento in cui entra nel circuito finanziario tradizionale ed è lo stesso motivo per cui, nel- l’ultima settimana, si è assistito a un rialzo re- pentino del valore: sia investitori istituziona- li sia privati si affannano per accumulare la criptovaluta. Per ora inascoltato l’allarme lanciato da Interactive Brokers, società di servizi finanziari, con un’inserzione sul Wall Street Journal il 15 novembre per mettere in guardia dalla follia di introdurre derivati su Bitcoin sulla stessa piattaforma in cui sono scambiati titoli su beni tradizionali perché non ci sono basi per valutarne il valore né una regolamentazione ad hoc; un rischio con- taminazione per l’intero circuito. Ma il com- portamento del gregge ha un peso nelle scel- te d’investimento e genera euforia. Seguire una moda non è indice di stupidità. Isaac Ne- wton finì nei guai per avere assecondato l’en- tusiasmo per i titoli azionari più in voga nel 1700, quelli della Compagnia dei Mari del Sud, che fallì e lui perse milioni. E’ tuttavia sintomatico della virulenza della Bitcoin-
mania che gli esperti ricorrano alle bolle fi- nanziarie del passato per spiegare un feno- meno attuale. Fabio Panetta, vicedirettore generale di Banca d’Italia, tra molti altri, ha fatto un parallelismo tra Bitcoin e la famosa bolla dei tulipani olandesi in quanto entram- bi esposte a “crisi repentine”. La “tulipoma- nia” rappresenta una “fake news” ante litte- ram che si trascina da secoli. Lo spiega Larry Neal, professore di Economia alla University of Illinois, in “Storia della finanza interna- zionale” (il Mulino, 2017). Si verificò tra il 1634 e il 1637, durante la Guerra dei Trent’an- ni, nella città portuale di Haarlem, dove si concentrarono dei commercianti che tra- scorrevano lì la quarantena dalla peste e si dedicarono al commercio speculativo di bul- bi di tulipani infettati con un virus del mosai- co che produceva spettacolari colorazioni. “Gli studi sulla tulipomania – dice Neal – era- no basati su libelli che ridicolizzavano gli ec- cessi speculativi in termini stravaganti” e fu- rono divulgati a mania cessata. Ciò contribuì
a mitizzare “un breve episodio” che non ebbe effetto duraturo né sull’industria dei tulipani né sull’economia olandese – a parte i “pochi individui” che si aspettavano guadagni fanta- stici ma si dovettero accontentare di una pic- cola percentuale per una sopravvenuta rego- lamentazione della speculazione. “Forse il motivo dell’importanza che è stata a lungo at- tribuita alla tulipomania nella storia delle crisi finanziarie – ricorda Neal in una nota – è che quando si verificarono i primi casi di cri- si finanziaria, nell’autunno 1720, gli editori olandesi si precipitarono a stampare libri che condannavano gli operatori coinvolti da John Law nella bolla del Mississipi appena scoppiata. Nella fretta di andare in stampa trovarono conveniente illustrare i propri ar- gomenti utilizzando le tavole presenti negli opuscoli pubblicati sulla tulipomania”. Che perciò fu “una delle bolle speculative più pubblicizzate della storia”. Questo sembra avere in comune con quella dei Bitcoin.
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IL POST 13/10 –
Questa settimana i bitcoin, la criptovaluta che si utilizza online, hanno oltrepassato per la prima volta i 5.000 dollari di valore. Per la precisione, a ottobre, il loro valore è cresciuto dell’8 per cento, raggiungendo i 5.243 dollari (circa 4.400 euro): significa che comprare un singolo bitcoin costa più di 5.200 dollari. All’inizio dell’anno un bitcoin veniva cambiato con 966 dollari. La crescita nel corso degli ultimi dodici mesi è stata di circa il 750 per cento. I prezzi dei bitcoin, però, sono ancora molto instabili. Lo scorso settembre, per esempio, dopo aver superato i 4 mila dollari di valore, i bitcoin sono crollati in pochi giorni sotto i 3 mila dollari, in seguito all’annuncio di una stretta sul loro utilizzo da parte delle autorità cinesi. Dopo il crollo però, i bitcoin sono rapidamente tornati a crescere.
Ma come funzionano i bitcoin?
Semplificando molto: il bitcoin è una moneta che funziona sulla base di un protocollo peer-to-peer – simile quindi a quello usato per scaricare e condividere i file online – in cui la creazione della moneta e le transazioni avvengono e sono garantite da una rete formata dai computer delle persone che usano la moneta. In pratica su ogni computer è installato un software che gestisce la moneta e non esiste un’autorità centrale che abbia maggiore controllo sul suo valore o sulla sua emissione, come invece succede con le valute normali. I bitcoin vengono creati attraverso un processo informatico molto lungo e complicato chiamato mining, cioè “estrazione”. La rete genera e distribuisce monete in modo casuale a intervalli regolari a chi ha attivo sul proprio computer il software.
Semplificando, ai dispositivi collegati viene sottoposto un problema crittografico che richiede un enorme numero di prove per essere risolto: dal computer che per primo trova una soluzione parte un avviso per gli altri e la richiesta per avere la proprietà di un nuovo blocco di bitcoin. Tutto questo avviene “all’oscuro” delle persone davanti al computer: è un calcolo che il programma fa autonomamente seguendo input casuali generati dal protocollo. Una volta che un utente è entrato in possesso di un bitcoin (tramite estrazione con il procedimento appena descritto, oppure comprando bitcoin con valute reali, oppure ottenendolo come pagamento per vendite o servizi) può depositarlo in un portafoglio virtuale e spenderlo sul web sui siti che accettano questo tipo di valuta. I bitcoin che si possono estrarre con questo processo sono un numero finito, cioè a un certo punto termineranno del tutto, e oggi sono sempre meno. La maggior parte della gente che fa operazioni in bitcoin li acquista e li rivende sul mercato.
I vantaggi dei bitcoin
Al momento i bitcoin vengono utilizzati soprattutto come forma di investimento. Vengono acquistati e rivenduti per guadagnare dalle transazioni, oppure tenuti da parte in attesa che il loro prezzo aumenti. La possibilità di utilizzarli per acquistare beni e servizi però sta aumentando. Diverse catene di negozi stanno introducendo la possibilità di pagare tramite bitcoin, mentre online sono una forma di pagamento già piuttosto diffusa. I bitcoin, inoltre, permettono di effettuare transazioni in forma anonima, senza alcuna possibilità di controllo da parte di banche o autorità. Per questo alcuni temono che possano essere usati per il riciclaggio di denaro sporco e altre attività illegali.
Il timore di una bolla
Ciclicamente si torna a parlare del rischio “bolla” dei bitcoin. Alcuni ritengono che il livello del loro prezzo non sia sostenibile sul lungo periodo e che sia destinato a crollare. Altri parlano della “fine dei bitcoin” e gli esperti di criptovalute spesso scherzano sulla quantità di volte in cui la stampa ha annunciato la loro morte. Questi avvertimenti spesso provengono dai banchieri, che però sono in genere ostili alle criptovalute perché tagliano fuori le banche dalla possibilità di intermediazione (pagando un bene con bitcoin invece che con la propria carta di credito la banca non riceve alcuna commissione).
Un mese fa l’amministratore delegato della banca d’affari JP Morgan Jamie Dimon, uno dei banchieri più famosi e potenti di Wall Street, ha detto che i bitcoin sono una truffa e un sistema di scambio buono solo per le attività criminali. Dimon ha promesso di licenziare qualsiasi trader della sua società che dovesse occuparsene. A dimostrazione che i bitcoin sono un tema ancora molto controverso, proprio ieri un altro dirigente delle banca ha detto che JP Morgan è “interessata” al futuro delle criptovalute. Quasi tutte le grandi banche internazionali hanno gruppi di trader e analisti incaricati di fare scambi e studiare il fenomeno dei bitcoin e le sue possibili applicazioni.
Anche molti professori di economia sono scettici sul futuro della criptovaluta. Kenneth Rogoff, che ha lavorato per il Fondo Monetario Internazionale e oggi insegna ad Harvard, sostiene che il prezzo dei bitcoin sia agganciato soltanto alle speranze che hanno gli investitori sui suoi futuri aumenti di valore. Questa sarebbe una differenza fondamentale tra le monete emesse dagli stati e le criptovalute. Le prime, un tempo, erano agganciate al valore di beni materiali, come l’oro posseduto da uno Stato. Oggi il loro valore è agganciato a fattori macroeconomici, come l’inflazione e la solidità economica dello Stato che le emette.
Il valore dei bitcoin invece sarebbe agganciato soltanto alle aspettative dei suoi investitori, che li acquistano e li scambiano nella convinzione che il loro valore sia destinato ad aumentare. Più che come una moneta, quindi, i bitcoin si comporterebbero come una “commodity”, una materia prima, come il grano o il petrolio, il cui valore può cambiare anche molto in seguito alle aspettative del mercato. Nonostante le fluttuazioni, però, il valore dei bitcoin non ha fatto che aumentare negli ultimi anni e molte persone che li avevano acquistati o estratti quando valevano pochi dollari sono diventati “ricchi” in seguito alla costante crescita del loro prezzo. I sostenitori delle criptovalute sostengono invece che la loro continua crescita di valore sia un segno che queste monete sono destinate a restare e a ricoprire un ruolo sempre più importante nelle nostre economie.