La Stampa, 28 novembre 2017
Il fascino irresistibile dei tombini
A Borgo Campidoglio, in estensione al progetto Living Lab, gli abitanti hanno chiesto a Vodafone una app che protegga i tombini dai ladri. Se qualcuno ruba un tombino, la app avverte i vigili urbani perché accorrano a sventare il crimine. Siccome vi starete chiedendo chi mai ruberebbe i tombini, se non per distruggere le vetrine dei locali di Orbassano e impadronirsi della cassa, com’è successo l’altra notte, è probabile che non abbiate mai riflettuto sulla meravigliosa semina di quadrati di ghisa. Dovreste passeggiare guardando i tombini, contandoli, leggendo le scritte, immaginando di quali segreti siano sipario, di quali labirinti sotterranei, viluppi di cavi e tubi, chilometri di nostra vita quotidiana nascosta sotto al tappeto d’asfalto. Dovreste osservarne le inattese ambizioni ornamentali, le geometrie e i fronzoli, per riscattare l’utilitaristica noncuranza con cui sono calpestati. A Roma ce ne sono a migliaia con la scritta Spqr, alcuni col fascio littorio sfuggiti alla democratizzazione fatta a naso in su, a Tokyo sembrano magnolie, a Mosca lasciano risorgere soli dell’avvenire, a Firenze hanno i nomi dei gironi infernali e a Torino se ne vedono in scritte arabe, reduci dei tempi della Libia colonizzata, secolo scorso. Verrebbe da rubarli ogni notte, uno via l’altro, non fosse tanto disagevole occultare la refurtiva.