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 2017  novembre 28 Martedì calendario

Draghi ci regala la borsa dei crediti marci

 Una settimana fa, rispondendo ad un parlamentare olandese nel corso della sua audizione a Strasburgo Mario Draghi era stato esplicito: «La riduzione dei rischi e la condivisione dei rischi vanno di pari passo e le sofferenze creditizie fanno parte di questo processo». Perciò, finché sul sistema del credito grava l’incognita dei Non performing loans, i nemici dell’Unione bancaria avranno facile gioco a respingere l’idea di una garanzia comune dei depositi, che pure è una condizione necessaria per fare marciare l’integrazione finanziaria della comunità. 

Non era una semplice manifestazione di principio. Ieri, una settimana dopo le parole di Draghi, sul sito della Bce è comparso il progetto messo a punto dagli uffici dell’istituto di Francoforte per dar vita ad una piattaforma per negoziare gli Npl, ovvero per porre le premesse per la nascita di una garanzia in solido sui rischi. Una piattaforma centralizzata, sostengono i Draghi boys, potrebbe contribuire a ridurre i costi per i potenziali investitori e, di riflesso, ad aumentare il prezzo di vendita delle sofferenze, rimuovendo uno degli ostacoli principali che rendono difficile risolvere il problema alla fonte. 
Tra le offerte dei potenziali compratori, il più delle volte strutture internazionali a caccia di buoni affari e le richieste dei creditori bancari (obbligati a non fare sconti eccessivi per non finire in default), corre spesso una differenza abissale, favorita dall’assenza di un mercato verso e proprio. 
A ridurre, se non a risolvere il problema, può servire una piattaforma creata dalle banche o da una terza parte che potrebbe essere rappresentata da un fornitore di dati. La sua funzione sarebbe quella di raccogliere, convalidare e armonizzare i dati sugli Npl e offrire agli investitori la capacità di effettuare transazioni. Uno strumento di questo tipo servirà ad aumentare l’efficienza del mercato, oggi dominato da un piccolo numero di grandi compratori, da bassi volumi di acquisti e di conseguenza da prezzi inadeguati. In parte spiegati dai costi. Oggi, infatti, può essere molto costoso per gli acquirenti ricostruire la storia dei beni da acquistare senza correre il rischio di spiacevoli sorprese. 
Tutto questo potrebbe sparire grazie alla piattaforma che, sostiene la Bce, non costerà nulla agli Stati perché dovrebbe essere finanziata dalle banche. Certo, ammette Francoforte, «i costi iniziali potrebbero essere sostanziosi». Ma la posta in gioco è molto alta per l’intero comparto, visto che a marzo gli Npl parcheggiati presso le banche europee ammontavano a 921 miliardi di euro, pari al 6,1% degli impieghi. La partita, ovviamente, è assai più rilevante per l’Italia. Non solo perché un terzo abbondante delle sofferenze lorde faceva capo alla stessa data agli istituti del Bel Paese (da allora è c’è stato un progresso comunque «troppo lento» come ha ribadito Draghi), ma anche perché lo scontro sugli Npl ha assunto il sapore di un aspro conflitto politico. Danielle Nouy, reponbaile della Vigilanza Ue, continua nel suo pressing sulle sofferenze delle banche italiane, sia quelle future che sullo smaltimento di quelle scadute, obiettivo largamente condivisibile ma che, parola del ministro Pier Carlo Padoan, se rimosse troppo in fretta, rischiano di far deragliare il sistema in piena convalescenza dopo la durissima crisi del Paese. 
Ma la Vigilanza non intende fare sconti. Almeno a quel che dice Nicolas Veòn dell’istituto Brueghel di Bruxelles, uno dei pensatoi più apprezzati (ed ascoltati) in sede Ue. «Le decisioni della Bce in materia di Npl è la sua opinione rimarranno largamente allineate alla proposta iniziale» grazie al sostegno della Bundesbank e dei suoi alleati. In questa cornice la piattaforma proposta dalla Banca centrale appare una riforma che può aiutare un compromesso: da una parte si favoriscono gli strumenti per accelerare la soluzione del problema. Dall’altra si offrono tempi accettabili per una riforma vera.