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 2017  novembre 28 Martedì calendario

Ringhio non è la soluzione. Ma bisogna accontentarsi

Se vogliamo raccontare boiate del genere «Arriva Gattuso e adesso vedrete! Gattuso prende tutti a calci nel culo! Il Milan ha bisogno di carattere!» facciamolo pure, tanto non costa niente. 
Capiamoci bene: se bastasse prendere a bastonate gli astanti per essere «bravo allenatore di serie A», allora Genny Savastano di Gomorra sarebbe il nuovo Mourinho. No, non è questione di «grinta!», di «fuori i maroni!», quello è un concetto buono fino alla categoria Esordienti, forse neppure. 
Il primo a saperlo è Gattuso stesso e lo sanno anche Montolivo e gli altri rossoneri: il problema non è «smazzare carattere», semmai rimettere le pecorelle smarrite all’interno del recinto. Bonaventura che manda affanzum Montella è il fratello esasperato del perfetto soldato che abbiamo imparato a conoscere negli anni. Bonucci la deve smettere di pensare che il suo passaggio dalla Juve al Milan sia al centro dei dibattiti di politica internazionale, perché non è così: torni sulla terra, limiti gli agghiaccianti post su Instagram, faccia quello che ha sempre fatto, ovvero il «bravo difensore». E poi Kalinic che sfotte il pubblico, André Silva che si incazza, Suso che per eccesso di impazienza prova a risolvere i problemi da solo, Calhanoglu che sarà anche «il nuovo acquisto che ha bisogno di tempo» ma dopo 3 mesi non ha fatto nulla per non far valere un ipotetico «diritto di recesso» e via via tutti gli altri: timidi, scollegati, senza guida. 
Ecco, Gattuso non sarà mai il tecnico preferito di Sacchi, ma ha tutte le caratteristiche per dare una scossa a un gruppo composto da brave persone e, però, zero figli di zoccola. Questo è il vero peccato della nuova dirigenza rossonera: aver legittimamente deciso di rifare la squadra da zero, ma essersi dimenticati di conservare una «quota rossonera». Il Milan, di «Gattuso», non ne ha dal 2012, quando la proprietà decise di salutare tutti assieme Zambrotta, Seedorf, Nesta, Inzaghi e si ritrovò con un gruppo senza arte né parte. 
Il Milan, di «Gattuso», oggi ne ha solo uno e guarda un po’ si chiama proprio Gattuso: Fassone e Mirabelli hanno scelto di riportarlo a Milanello la scorsa estate, gli hanno affidato la Primavera e lo hanno fatto nella speranza che potesse insegnare loro «cos’è il Milan». Ci avevano provato anche con Maldini (ma furono rispediti al mittente), ci sono riusciti con Abbiati e lo stesso San Gennaro. Ora sperano che l’atmosfera dei bei tempi andati rispunti in qualche modo tra Milanello e San Siro. Non è certamente una scelta voluta e fa tremare le gambe a molti, ma in una situazione da «polso assente» è quantomeno una botta di adrenalina: o ti rianima, o ti ammazza.