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 2017  novembre 29 Mercoledì calendario

Putin alla conquista dello spazio. Ma il suo Cosmodromo è un flop

Il nuovo cosmodromo Vostochny dovrebbe diventare il simbolo di una Russia prospera e all’avanguardia nella scienza e nella tecnica. Ma per ora le cose non stanno andando esattamente secondo i piani del Cremlino. Se l’anno scorso il primo lancio dalla nuova base non fu di certo un successo, il secondo – effettuato ieri – è andato anche peggio e a quanto pare si è concluso letteralmente con un buco nell’acqua: nelle acque dell’Atlantico per la precisione, dove – secondo alcune fonti citate dalle agenzie russe – si sarebbero miseramente inabissati i 19 satelliti decollati qualche ora prima con un razzo vettore Soyuz.
Ma i lanci «sfortunati» non sono l’unico problema di Vostochny: tra corruzione, ritardi nei lavori e scioperi della fame degli operai non pagati, il cosmodromo voluto da Putin nell’estremo oriente russo sembra ben lontano da quel che dovrebbe essere: il fiore all’occhiello di un rinnovato settore spaziale russo dalle grandi ambizioni.
Il razzo vettore Soyuz è decollato alle 14,41 (le 6,41 in Italia) ripreso in diretta dalla tv di Stato. Tutto sembra andare secondo i piani. Il vice premier Rogozin si congratula persino con l’agenzia spaziale russa Roscosmos per aver «regalato a tutto il paese una festa». «Gloria alla Russia!» esulta. Un paio d’ore più tardi scatta il primo allarme: il più importante dei 19 satelliti mandati nello spazio, ovvero lo «sputnik» meteorologico Meteor-M, non ha inviato i dati attesi dopo lo sganciamento dal razzo. Poco dopo la Roscosmos è costretta ad ammettere che i satelliti – alcuni dei quali appartenenti a enti e imprese di Canada, Giappone, Usa e Germania – non hanno raggiunto l’orbita prevista. Infine, il colpo di grazia: alcune fonti rivelano che c’è stato un errore nel calcolare la traiettoria del razzo Soyuz e quella del sistema Fregat che avrebbe dovuto mandare in orbita i satelliti. Conclusione (non ufficiale): probabilmente tutti i satelliti sono precipitati nell’Atlantico, vicino all’Antartide.
Due missioni, due fiaschi. Il primo flop targato «Vostochny» coincide infatti con il primo tentativo di decollo dal nuovo cosmodromo ancora in costruzione, il cui costo è stimato tra i 4 e i 5,3 miliardi di euro. Il 27 aprile 2016, alla presenza di Putin – volato apposta a ben 5500 chilometri da Mosca – il lancio inaugurale fu cancellato a 90 secondi dalla partenza. Fu un cavo difettoso a far abortire la prima missione. Il razzo Soyuz decollò con successo 24 ore dopo, ma prima il presidente russo non risparmiò una bella lavata di testa ai vertici di Roscosmos sforzandosi di sottolineare in tutti i modi che il fiasco era dovuto al razzo, mica al cosmodromo.
Nonostante i mille problemi e i mille scandali, nonché le decine di inchieste e gli arresti di alcuni top manager accusati di corruzione, la Russia punta moltissimo su Vostochny. Non solo perché le permetterà di smarcarsi gradualmente dallo storico cosmodromo di Baikonur, per il quale Mosca versa al Kazakhstan 115 milioni di euro l’anno, ma anche perché Putin vuole dimostrare di aver dato nuova linfa al settore spaziale. Il Cremlino conta di effettuare il primo volo con cosmonauti da Vostochny nel 2022 e di sbarcare sulla Luna nel 2030. Poi l’obiettivo è Marte. Su questi sogni pende come una spada di Damocle la crisi economica, che ha costretto a tagliare gli investimenti sui piani spaziali.