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 2017  novembre 29 Mercoledì calendario

La Cina avanza nell’Este, l’Europa alza le barriere

La Cina ha un piano in due passaggi per conquistare l’egemonia del commercio mondiale. Da un lato il progetto One Belt One Road serve a costruire una rete mondiale di infrastrutture che metta la Repubblica Popolare al centro dei mercati internazionali delle merci. Dall’altro il progetto Made in China 2025 punta a fare compiere un balzo in avanti all’industria cinese per farne una superpotenza manifatturiera capace di sfidare le grandi industrie europee e americane. Se tutto dovesse andare come spera il presidente Xi Jinping, nel giro di un decennio Pechino avrebbe le industrie più forti e innovative del pianeta e le infrastrutture per portare i loro prodotti in ogni paese del mondo.
Unione Europa e Stati Uniti non sono rassegnate ad assistere imbelli all’avanzata economica cinese, che malgrado i toni tanto amichevoli quanto visionari di Xi, scopertosi nuovo paladino della globalizzazione all’ultimo vertice del World Economic Forum, rappresenta un rischio reale per le loro industrie e, più in generale, per le loro economie. Se in America il presidente Donald Trump ha, almeno a parole, dichiarato guerra alla concorrenza sleale cinese, in Europa le misure antidumping approvate due settimane fa dal Parlamento segnano un passo avanti importante verso la protezione dell’industria europea. Non a caso il governo cinese su questa nuova legge ha promesso battaglia in sede di Wto.
Nel frattempo Pechino preme per ap- profittare degli spazi che ci sono per espandere la sua influenza nel Vecchio Continente. Domenica il premier cinese Li Keqiang è atterrato a Budapest per partecipare al sesto vertice annuale del Ceec, il forum della cooperazione tra la Cina e sedici paesi dell’Est Europa, tra i quali undici stati membri dell’Ue. Sono le nazioni più povere dell’Unione, e il premier Li ha portato 3 miliardi di euro di fondi da investire nella cooperazione tra la Cina e l’Est Europa, soprattutto per progetti infrastrutturali.
Dalla prima riunione del Ceec, Pechino ha promesso 15 miliardi di euro di investimenti, che solo in parte si sono concretizzati. Emblematico il ca- so della linea ferroviaria ad alta velocità tra Budapest e Belgrado, piano da 2,9 miliardi di euro finanziato dai cinesi ma fermato dalla Commissione europea che sta indagando sulle modalità con cui l’Ungheria ha assegnato gli appalti. Vizi di forma che nascondono un problema più grande: non tutti gli investimenti stranieri in Europa sono graditi. Soprattutto se possono servire a impoverire le risorse materiali e immateriali delle aziende del Vecchio Continente.
Lo scorso anno l’acquisto da parte dei cinesi di Kuka, azienda simbolo dell’eccellenza tedesca nella robotica industriale, ha fatto infuriare Berlino. In Europa quest’anno c’è stato un cambio di atteggiamento nei confronti di Pechino. Al Parlamento europeo stanno iniziando a ragionare sulla creazione di un meccanismo unico di selezione degli investimenti stranieri, dal momento che le attuali regole non sembrano in grado di evitare che le aziende europee siano vittime di concorrenza sleale da parte dei gruppi cinesi.