La Stampa, 28 novembre 2017
Julien Temple: «Così racconto Suggs voce e corpo della working class»
Cominciamo dalla fine: il 4 giugno 2012 i Madness suonano, con molti altri artisti britannici, per il Giubileo di diamante di Elisabetta II. Ma sono gli unici a farlo dal tetto di Buckingham Palace, residenza ufficiale della regina. Sono le immagini con cui si chiude My Life Story, il film di Julien Temple oggi presentato al Tff che racconta la vita di Suggs, il cantante di quella band. «Mi interessava l’ambiguità di quel gesto artistico – dice Temple -. I Madness che suonano sul tetto di Buckingham Palace si sono venduti all’establishment oppure ci dicono che quella è la casa di tutti, anche della working class? Il rock è al potere, o il potere l’ha disinnescato?».
Temple si chiede – e ce lo chiede – quanto il suo film sia comprensibile in Italia. Nella storia di Suggs, spiega, ci sono tanti sottotesti, c’è, in trasparenza, una storia del proletariato britannico, anzi, di Londra, dall’Ottocento a oggi; anzi, all’altro ieri, fino agli Anni Settanta del ’900, quando la città non era così cosmopolita. «Nel modo in cui si muove, nel linguaggio del corpo e nella musica, che fa incontrare la tradizione del vaudeville così amato dalle classi popolari inglesi con i ritmi caraibici degli immigrati, nessuno meglio di Suggs incarna quell’anima antica, ahimè ora del tutto scomparsa».
Possibile che non tutte le sottigliezze vengano colte dal pubblico italiano, ma certamente Temple non ha motivo di preoccuparsi per l’altro filo narrativo del film, che riguarda la nascita, l’ascesa, la rinascita e la maturità dei Madness e il viaggio di Suggs sulle tracce del padre che l’abbandonò appena nato. My Life Story è in realtà la ripresa del monologo teatrale con (poche) canzoni che Suggs porta in giro da qualche anno, con inserti filmati e sceneggiati, più molto materiale d’archivio.
«Suggs è un po’ più giovane di me – racconta Temple – ma siamo cresciuti nella stessa zona di Londra, anche se in due ambienti diversi. Insisteva da anni perché girassi questo film, e non si è mai arreso. Mi ha intrigato la sfida di girare in uno spazio piccolo come la Hoxton Hall, storica sala per il teatro popolare a Londra, e di riuscire a dare il senso del divertimento che Suggs è capace di creare con la sola forza delle parole e del racconto. Che abbiamo rispettato: l’ora e mezza di film si sovrappone quasi perfettamente all’ora e mezzo di teatro».
Il cineasta più rock
Con questo My Life Story Temple si conferma il più rock tra i registi cinematografici, un titolo che è suo forse dai tempi di The Great Rock’n’Roll Swindle (Sex Pistols), Absolute Beginners (storico flop che racconta benissimo il clima pop-culturale degli Anni 80), e poi confermato dai film su Glastonbury e su Joe Strummer (The Future is Unwritten, 2007). Per tacere dei numerosi videoclip per Bowie, Sex Pistols, Tom Petty, Kinks, Rolling Stones, Depeche Mode. «Ogni tanto ne faccio ancora – racconta – ma oggi in YouTubeLand credo che debbano essere i giovani a occuparsene: per provare a fare qualcosa di nuovo, sperimentare. E poi i clip che mi propongono sono di artisti in genere pessimi. Oggi nella musica pop meno hai da dire, più hai successo, è incredibile ma è così».
Temple ha finito da poco un film sull’Avana («C’è un po’ di musica, ma più che altro racconta la vita delle persone che la abitano») e sta lavorando al montaggio di un film su Ibiza.