Affari&Finanza, 27 novembre 2017
Esselunga brinda al sessantesimo compleanno con un fatturato di 9 miliardi
Più che un supermercato sembra un’utility. Lo ha dimostrato durante la crisi, quando non ha perso i clienti buoni tra le sue 5 milioni di carte Fidaty; lo ha dimostrato nei numeri, quando è venuto a mancare il fondatore Bernardo Caprotti, e poi con il primo bond che ha lanciato. Non solo Esselunga ha chiesto al mercato un miliardo e ha ricevuto richieste per 9, ma ha chiesto alle Agenzie di rating un giudizio sulla sua solidità patrimoniale e Moody’s l’ha equiparata a Enel, Acea, Atlantia e alle Poste, mentre per S&P è solvibile quanto la Beni Stabili di Del Vecchio o le Ferrovie.
Esselunga si appresta a chiudere il bilancio dei suoi primi sessant’anni dalla fondazione, che risale al 27 novembre 1957, con un fatturato di circa 9 miliardi e un margine lordo compreso tra 750 e 800 milioni. Non sono tante le aziende italiane che a livello domestico fanno 9 miliardi di fatturato, più di Autostrade, delle Poste e quasi quanto le bollette della telefonia fissa della Telecom. Anche perché il bello di Esselunga è che il 70% del suo fatturato lo realizza nell’area più ricca del Paese, la Lombardia, dove la sua quota di mercato è pari al 21%, che si diluisce al 9% tenendo conto dei ricavi della grande distribuzione di tutta la Penisola, isole comprese (94 miliardi nel 2016, quando il gruppo ha registrato 8,6 miliardi di ricavi).
I fattori della leadership
Oltre a un’indiscussa leadership sul territorio, che peraltro è andata rafforzandosi negli anni a dispetto dell’insidiosa concorrenza dei discount, Esselunga è l’azienda con la più alta redditività del settore. Secondo l’analisi di S&P, forte di un rapporto tra margini e ricavi dell’8-9%, e in vista di chiudere il 2017 con 1,8 miliardi di debiti, il gruppo controllato dalla famiglia Caprotti si troverà ad avere comunque un bilancio molto solido per finanziare eventuali futuri investimenti nei punti vendita, nella logistica e sopratutto nell’e-commerce. In proposito Moody’s calcola che i debiti a fine anno si ridurranno addirittura a 1,3 miliardi, grazie ai flussi di cassa, ovvero a 2,3 volte il margine atteso. Esselunga è riuscita ad aumentare i margini più dei rivali, sia per una formula commerciale che la mette su un livello di eccellenza con tantissimi primi prezzi (ovvero più bassi del settore) su beni imprescindibili come latte, farina, pasta, combinati con prodotti biologici, eno-gastronomici, piatti pronti di qualità e sia per il posizionamento di fascia medio alta. La logistica fin dal primo magazzino costruito insieme agli americani, è poi sempre stato un punto di forza: il gruppo ha infatti un’ampia superficie espositiva e un magazzino ridottissimo, con i ricavi per metro quadro più alti dell’industria. Infine Caprotti negli anni ha sempre investito e acquistato, tramite l’azienda o l’immobiliare di famiglia, i terreni e le aree dove poi sono sorti i suoi centri commerciali, facendosi carico dello sviluppo immobiliare: una strategia ad alta concentrazione di capitale ma che finora ha dato importanti riscontri al gruppo che si è potuto permettere di arrivare dove per altre insegne il costo della location era proibitivo. Dopo l’acquisto del 67,5% degli immobili della Villata (126 centri commerciali per lo più affittati a Esselunga) – passati di mano dai tre figli del fondatore verso il gruppo dei supermercati – l’azienda ha immobilizzato 3,8 miliardi di capitale (erano 2,4 miliardi a fine 2016) sul real estate. Peraltro, sia l’acquisto della Villata da una parte, sia il basso costo del debito per rilevarla dall’altra, avranno un beneficio sul bilancio della capogruppo Supermarkets italiani, perché il costo degli affitti è di molto superiore al costo del debito, a beneficio della redditività tra mol e ricavi: quella del 2016, ad esempio, per effetto del consolidamento della Villata sarebbe salita dall’8,3 all’8,5%.
La forza del marchio
Secondo una ricerca di Boston Consulting Group, Esselunga non solo è un campione nazionale, ma è anche una formula di successo mondiale. Bcg ha analizzato la capacità dei marchi di accreditarsi presso i propri consumatori di riferimento, concludendo che il supermercato fondato da Bernardo Caprotti è il secondo marchio della grande distribuzione alimentare dopo l’americana Trader Joes’s (che riceve un punteggio del 53% quanto a brand advocacy), e se la batte a pari merito con le americane Wegmans (50%) e Costco (50% negli Usa e prima in Canada con il 41%). Esselunga (50%) svetta al primo posto tra le insegne tricolori, seguita da Eurospin (47%) e da Lidl (46%) che però competono su un’altra categoria, ovvero quella del discount. Se il discount e l’e-commerce di Amazon Prime ancora non hanno minacciato i conti di Esselunga, comunque gli esperti concordano sul fatto che il futuro sarà sempre più sfidante. E se il gruppo ha la forza e la solidità patrimoniale per affrontare una concorrenza che si fa via via sempre più agguerrita, sono in tanti quelli che scommettono che per farlo potrebbe imbarcare un partner che lo accompagni in questo viaggio.
Ipotesi per il futuro
Che questo succeda attraverso un percorso di quotazione in Borsa, che è un obiettivo di medio termine che la seconda generazione della famiglia Caprotti si è data di qui a quattro anni, oppure con la vendita diretta della quota in mano a Giuseppe e Violetta Caprotti (30% del capitale), questo è ancora presto per dirlo. Intanto l’azienda guidata da Carlo Salza sta formando, e cercando all’esterno, una nuova squadra di manager per accompagnare dall’interno i grandi cambiamenti tecnologici che stanno vivendo tutte le aziende della grande distribuzione. Anche per questo, in un contesto di forte concentrazione del settore, sono in molto a scommettere che Marina Caprotti, che insieme alla madre Giuliana ha ereditato il 70% del gruppo e si occupa in prima persona dell’azienda, prima o poi potrebbe imbarcare una nuovo socio industriale. Del resto questo era il futuro che si era immaginato per Esselunga Bernardo Caprotti: “Occorre trovarle – scriveva il fondatore nelle sue ultime volontà – una collocazione internazionale”.