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 2017  novembre 27 Lunedì calendario

Per Berlusconi i grillini sono i nuovi comunisti

Ritorno al futuro. La tre giorni milanese di Forza Italia organizzata dall’onorevole Mariastella Gelmini e dal senatore Paolo Romani ha dato il via libera alla seconda parte di questa campagna elettorale lunghissima che ci porterà al voto a marzo. In prima fila, ad ascoltare l’intervento conclusivo di Silvio Berlusconi, per tutti il presidente, c’era l’intero milieu azzurro, compreso Antonio Tajani, presidente dell’Europarlamento e candidato premier di riserva in pectore. Mancavano solo quei due o tre che se lo potevano permettere. 
In tre giorni sono stati affrontati tutti i problemi del Paese. Hanno parlato tutti, a nessuno sono stati negati i cinque minuti di gloria sul palco. Il che vuol dire che, al solito, l’intervento che contava era uno solo: quello del capo. Il quale, rispetto a più di vent’anni fa, ha cambiato qualche parola ma ha mantenuti intatti copione e strategia. Ad ascoltarlo ieri, si capiva già tutto. II nemico vero è stato scelto definitivamente: sono i grillini e il loro candidato premier, Luigi Di Maio, definiti con la faccia pulita ma ignoranti, incompetenti, scrocconi, portatori di tasse e reddito di cittadinanza e moltiplicatori di parassiti, una sciagura per il Paese. Devono diventare per l’elettore di centrodestra quello che nel ’94 erano i comunisti, un nemico da temere e fermare a ogni costo. 
E qui sta il punto. Il secondo passaggio decisivo infatti è il no alla richiesta di Salvini di firmare un patto d’alleanza anti-inciucio davanti al notaio. La scusa è che due amici che si fidano non mettono in mezzo giuristi, la realtà evidente a tutti è che Berlusconi vuol tenersi le mani libere nel caso, molto probabile, che la coalizione di centrodestra, pur risultando la più votata, non ottenga i numeri per formare una maggioranza autonoma. Il Cavaliere infatti ha sposato la linea Merkel, che pure non ha i numeri e si alleerà con la sinistra: un esecutivo a qualsiasi costo pur di non tornare al voto. Lega e Fratelli d’Italia giurano che al governo con Renzi non ci andranno mai e continueranno a ribadirlo per tutta la campagna elettorale. Anche Berlusconi non tifa per questa ipotesi e spera che non ce ne sia bisogno, ma in caso di necessità è pronto ad aprire al Pd e, confidando nella sua capacità di farsi concavo e convesso, è perfino persuaso di riuscire a tirare in mezzo Salvini e Meloni. Noi non ci scommetteremmo, perché per i due giovani leader di destra potrebbe essere un suicidio, ma forse proprio per questo il Cavaliere tenterà in ogni modo di convincerli. 
D’altronde, la promessa di un governo con dodici esponenti della società civile, quindi poco politico, sembra già spingere per le larghe intese, che nella visione di Silvio potrebbero includere la Lega come no, ma senz’altro non potrebbero prescindere da Renzi e da un Pd libero della sinistra. I due infatti non si sparano addosso, anzi sparano contro lo stesso nemico, anche a costo di correre il rischio così di ingrossarne le fila, visto che il voto contro sta diventando uno sport nazionale, sia nei confronti di Berlusconi che di Renzi. Pertanto da oggi l’argomento unico di Cinquestelle sarà la chiamata alle urne contro l’inciucio Renzi-Berlusconi. Ed è probabile che anche Lega e Fratelli d’Italia, nella competizione interna alla coalizione di centrodestra, punteranno su questo argomento per contendere i voti a Forza Italia, salvo poi accordarsi con essa per la spartizione dei collegi uninominali. E qui, specie per l’assegnazione di quelli sicuri al Nord, si prevedono trattative feroci. La lotta sui seggi sarà dura ma non ci sarà frattura. I conti nel centrodestra si regoleranno dopo il voto. Berlusconi non mollerà sulla linea di garante istituzionale nei confronti del Paese e dell’Europa, quasi identificata con la Merkel. In fondo, fino al golpe bianco del 2011, quello di statista internazionale è sempre stato il ruolo che Silvio ha più amato e meglio interpretato. Deciderà Salvini se vorrà stare al gioco, nel caso sicuramente ben remunerato politicamente, oppure no. 
Per il resto, il copione è quello di sempre. Il Cavaliere si sente giovane come un leone, punta tutto su una campagna elettorale travolgente e dispensa promesse di riduzione delle tasse e aumento delle pensioni. Con una novità però, dall’altra parte c’è un leader che promette 80 euro a tutti, slogan che ricorda troppo il meno tasse per tutti che fece la fortuna del Cavaliere. Se non è un annuncio d’intesa, è un indicatore di idem sentire. Ritorno al futuro, si diceva, con l’unica differenza che adesso tutti, Paese per primo, sentono gli acciacchi degli anni. Come in ogni rimpatriata che si rispetti.