La Stampa, 26 novembre 2017
La rivolta dei Comuni sciolti per mafia: «Uccidete la democrazia»
Cinque Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose in un solo giorno e altre cinque amministrazioni che potrebbero subire a breve la stessa identica sorte. È questo il quadro poco rassicurante degli enti locali in Calabria. Dal Nord al Sud della regione, ieri nei Comuni di Marina di Gioiosa Ionica, Lamezia Terme, Cassano allo Jonio, Isola Capo Rizzuto e Petronà le aule dei consigli comunali si sono chiuse e nelle stanze dei sindaci si sono insediati i commissari prefettizi. Storie differenti, eppure questa volta si è levata alta e con toni inusuali la protesta. Il sindaco di Lamezia Terme, città di 70mila abitanti al suo terzo scioglimento, Paolo Mascaro, già in sciopero della fame ha commentato: «Oggi muore la democrazia». Il primo cittadino socialista di Cassano, Gianni Papasso, quasi non ci crede: «Ma quale scioglimento, i mafiosi mi hanno sputato in faccia».
Intimidazioni
«Assassini di democrazia», sono state invece le parole usate dal sindaco di Marina di Gioiosa Ionica, Domenico Vestito, subito dopo aver appreso la decisione del ministero dell’Interno di sciogliere il Comune per infiltrazioni mafiose. Un colpo durissimo per lui, ex vicepresidente dell’osservatorio antimafia «Avviso pubblico», vicino all’associazione Libera, vittima di pesanti intimidazioni anche perché circa un anno e mezzo fa con la sua amministrazione aveva approvato una norma per l’esenzione dai tributi comunali per i cittadini vittime di usura ed estorsione.
La restituzione delle fasce
Proprio attorno a Vestito si sta creando un movimento di amministratori locali che vorrebbe rimettere mano alla norma sullo scioglimento dei Comuni. In testa alla protesta si è schierato Domenico Lucano, il sindaco di Riace, il paese dell’accoglienza. Secondo Lucano, «dire di essere solidali con il sindaco del Comune di Marina di Gioiosa e con tutti gli amministratori non deve essere solo un atto dovuto. Non basta, occorre fare altro». Per questo il primo cittadino di Riace lancia un appello all’assemblea dei sindaci per andare a Roma a «consegnare le nostre fasce nelle mani del ministro dell’Interno che è anche della nostra terra». «Non abbiamo bisogno di personalità e raccomandazioni della politica per essere ricevuti – sottolinea – solo le nostre facce e l’orgoglio di rappresentare una terra offesa e spesso umiliata dalla ‘ndrangheta ma anche dai poteri forti e deviati di uno Stato che soffoca gli ultimi baluardi di democrazia rappresentati dalle comunità locali. Non ci sono solo le emergenze sanità e criminalità organizzata, c’è anche un’emergenza democrazia». E poi conclude: «Dobbiamo fare i conti con poteri forti occulti e invisibili che umiliano e decidono il destino della nostra gente che nonostante tutto continua a credere in un’altra Calabria possibile».
Il fronte si allarga
Ma il fronte potrebbe essere molto più ampio. Anche la Cgil calabrese ritiene che occorra «un’evoluzione del quadro normativo». Ma c’è chi si è spinto oltre come la deputata del Partito democratico Enza Bruno Bossio, membro tra l’altro della commissione parlamentare antimafia, che in una dichiarazione ha voluto esprimere vicinanza a uno dei sindaci delle amministrazioni sciolte per mafia: «L’unica cosa che voglio dire con certezza ancor prima di aver letto le carte, poiché conosco Papasso personalmente, è che il sindaco di Cassano allo Ionio è una persona perbene».