la Repubblica, 26 novembre 2017
L’ESEMPLARE STORIA DI CRISTANTE VIA DAL MILAN PRIMA DI SBOCCIARE
Il titolo d’apertura in prima pagina, ieri, sulla Provincia Pavese: “Papà ultras, lasciate in pace i vostri figli”. Il sommario dice che, nelle partite tra ragazzini, si moltiplicano i casi di insulti, minacce, violenze. A Gropello, alla fine di una partita tra Giovanissimi (14 anni), un padre armato di bastone ha affrontato l’allenatore “colpevole” di aver sostituito il figlio. Il giorno prima, sempre a Gropello, l’arbitro ha sospeso una partita tra Esordienti (età dei giocatori: da 9 a 11 anni) per intemperanze e litigi dei genitori, in tribuna. La partita sarà rigiocata. I genitori più accesi possono essere raffreddati da un sano Daspo, ma il problema era e resta d’attualità in tutta Italia, non solo in provincia di Pavia. Nel 2013 in una situazione analoga Alessandro Birindelli, ex Juve e allenatore degli Esordienti del Pisa, ritirò la squadra dal campo. Il messaggio era per i genitori dei suoi giocatori. A termini di regolamento, la Figc decretò sconfitta a tavolino per 0-3, un punto di penalizzazione in classifica e 109 euro di multa per il Pisa.
Da allora la tentazione del bel gesto è sempre più rara, in panchina.
Le piccole società fanno quello che possono: incontri e raccomandazioni tra le famiglie e i tecnici, lo psicologo. Le solite cose: il diritto a sbagliare, il rispetto delle scelte tecniche, la necessità di evitare pressioni eccessive ai figli, possono divertirsi anche se non sono campioncini. Solite cose, anche giuste, ma insopportabili o incomprensibili per molti padri (madri, un po’ meno). È mio figlio, non è possibile che sia sostituito. Si sta parlando di calcio, ma in ambito scolastico si ritrovano la stessa intolleranza, la stessa aggressività nei confronti degli insegnanti. Un docente preso a pugni da un padre non fa più notizia. Nelle due pagine interne, la Provincia riporta una frase provocatoria di Paolino Pulici: «La squadra ideale è fatta di orfani». Era anche l’idea di Ezio Vendrame, quando allenava a San Vito al Tagliamento.
Suggestiva. Non per Damiano Tommasi: «La squadra ideale è fatta di ragazzi con genitori sportivi nel senso migliore».
Forse la squadra ideale, a questi livelli, non esiste. Segue dibattito.
Sportivo nel senso migliore, Eddy Merckx. Dal Corsera di ieri.
Domanda: “Lei ha sempre finito le corse anche quando non poteva vincerle. Perchs?”. Risposta: «Per rispetto verso i miei avversari: era importante anche per loro che ci fosse Merckx nell’ordine d’arrivo».
Quando correva, m’incuriosiva una cosa opposta: “Eddy, che ti importa di vincere anche il circuito di Chignolo Po? Se lasci qualche briciola puoi avere qualche amico o alleato in più”.
Risposta: «Non posso, non sarebbe sportivo. Qual è il nome scritto più in grosso sui manifesti? Il mio. Significa che la gente paga il biglietto per venirmi a vedere impegnato al massimo e io la ripago impegnandomi al massimo.
Non faccio regali. Se poi uno mi batte sarò il primo a fargli i complimenti e a stringergli la mano». Impegnandosi sempre al massimo, su strada e su pista, in linea e a tappe, Merckx probabilmente s’è accorciato la carriera, ma era fatto così. Una serata sportiva a Liverpool, dopo Everton-Atalanta. Così m’ha detto un amico che era a Liverpool per lavoro, non tifa Atalanta ma era incuriosito dalla fama della squadra. «Nei pub ancora aperti ma soprattutto in Mathew Street, sede del mitico Cavern Club, si vedevano solo facce sorridenti. Erano tutti contenti, com’era possibile?
Un po’ alla volta ho capito. I tifosi dell’Atalanta erano felici perchs avevano vinto, quelli del Liverpool perchs l’Everton aveva perso, ma quelli dell’Everton? Ho chiesto a un gruppetto: “Abbiamo giocato male, l’Atalanta molto bene, abbiamo visto una bella partita e ci siamo divertiti, va bene così”».
Tra i migliori Bryan Cristante, classe 1995, nato a San Vito al Tagliamento, uno dei pochi friulani in serie A. «Una volta ce n’erano almeno due per squadra», commenta Bruno Pizzul quando si tocca questo tasto.
«Una volta c’era più fame», commenta Dino Zoff. Fatto sta che Cristante è una realtà (presto punto fermo in Nazionale, si dice) e anche un mistero. “Ma non era un brocco?” è il titolo di Libero, ieri. No, poteva sembrarlo o anche diventarlo. A 16 anni è già arruolato dal Milan, promette bene ma non ha il tempo di sbocciare. A 19, il Milan lo vende al Benfica per 6 milioni di euro. Come mai?
Non si sa. In Portogallo Cristante gioca poco, tant’è che viene girato in prestito al Palermo e al Pescara. In estate, sempre in prestito, arriva all’Atalanta, il riscatto è fissato in 2,3 milioni di euro e l’Atalanta li pagherà con un sorriso a 32 denti. Ne incasserà almeno 20 dall’Inter o dalla Juve, le prime due a tastare il terreno. Misteriosa ma esemplare la storia di Cristante (7,5 per ora). Quando uno è bravo, prima o poi viene fuori. Con un particolare grazie a Gasperini (8).