Il Sole 24 Ore, 26 novembre 2017
Una genetica a caro prezzo. I farmaci più costosi della storia o la miglior cura che la medicina possa offrire? La terapia genica sembra essere entrambe le cose
L’anno più promettente per la terapia genica è stato il 2016, che l’ha trasformata da promessa a cura. La consacrazione vera e propria, però, è avvenuta quest’anno con le ultime approvazioni da parte dell’Fda di una serie di farmaci: Strimvelis di Glaxo, Kymriah di Novartis, Yescarta di Kite Pharma (acquisita da Gilead) e l’imminente (decisione definitiva il 12 gennaio 2018) Luxturna di Spark Therapeutics.
Se rappresentiamo graficamente queste terapie, mettendo sulle ordinate i costi e sulle ascisse il numero di pazienti potenzialmente trattabili è evidente come il prezzo della terapia scenda all’aumentare dei pazienti.
Se la prima terapia genica messa in commercio (Glybera, ora ritirata dall’azienda) costava 1 milione e curava una malattia ultra rara che colpiva 10 perone nel mondo, le ultime due, le Car-T di Novartis e di Gilead, avendo un bacino di pazienti molto più ampio – 300 la prima, 7500 la seconda -, hanno prezzi inferiori (475mila e 373mila dollari rispettivamente), ma sempre da capogiro. E gli analisti stimano che Luxturna potrebbe costare tra gli 800mila e il milione di dollari.
La questione quindi è: la tecnologia che interviene sul Dna offre alcuni dei farmaci più rivoluzionari al mondo, ma ce li possiamo permettere? Di certo, c’è che rispetto al passato, Big Pharma è interessata a percorrere questa strada. E il caso della recente acquisizione di Kite da parte di Gilead per 12 miliardi di dollari, fa capire come il focus dei trattamenti si sposti dalle pillole all’altamente complessa e specifica terapia cellulare. A oggi vi sono oltre 1500 terapie geniche in fase di sviluppo nel mondo di cui 600 antitumorali e 500 per il trattamento di malattie rare.
Ma con i progressi nel campo della medicina di precisione, lo spettro terapeutico si può allargare a dismisura, inglobando patologie ben più diffuse come l’Alzheimer e le malattie cardiovascolari. Insomma un esercito di pazienti.
«Dobbiamo attualizzare i sistemi sanitari del XX secolo e allinearli alle scoperte scientifiche del ventunesimo secolo – commenta Francesca Pasinelli, direttore generale di Fondazione Telethon, associazione che ha avuto il merito di aver resistito negli anni in cui nessuno investiva più sulla terapia genica – D’altra parte le scoperte scientifiche non significano nulla se non sono accessibili ai pazienti. Occorre perciò avere una visione olistica della cura per trovare il giusto equilibrio tra costi e accessibilità».
E aggiunge: «Queste terapie hanno trasformato il paradigma terapeutico, sono terapie non convenzionali, di natura fortemente specialistica che porterà i pagatori a concentrarle in alcuni centri specializzati, in prossimità dei quali sorgeranno i centri di produzione, generando massa critica». Per arrivare a una piattaforma comune. «Gia le 7 terapie geniche di Telethon (che Gsk ha in licenza, ma che con l’arrivo del nuovo a.d. ha deciso di cedere, ndr) poggiano su una piattaforma – precisa Pasinelli – vettore e protocollo clinico sono gli stessi, che possono essere sfruttati anche per altre malattie».
Anche per Riccardo Palmisano, presidente di Assobiotec e Ceo di Molmed alcuni sistemi potranno essere automizzati col crescere dei volumi e degli investimenti. Sulle modalità di pagamento «le alternative già consolidate prevedono una sorta di garanzia di rimborso: pago solo se la terapia si dimostra efficace -spiega – Ma per rendere più leggero l’onere, sono ipotizzabili anche pagamenti incrementali negli anni, fino a quando la terapia funziona. Altro tema è quello dei costi evitati. «Nel caso di Zalmoxis (distribuita da Dompè, ndr), per esempio, – che viene dato insieme al trapianto di cellule staminali nei pazienti con tumori del sangue maligni per evitare che i linfociti del donatore aggrediscano l’ospite – non ho una terapia one shot, però evito enormi costi(graft acuta, cronica, gestione delle infezioni, ecc) e aumento la sopravvivenza». La terapia è stata approvata l’anno scorso dall’Ema, e martedì verrà discusso il prezzo di rimborso. Non sappaimo come andrà a finire la trattativa, ma sul sito dell’Aifa, il direttore generale Mario Melazzini scrive: «...Le recenti autorizzazioni in Europa di prodotti di terapia genica confermano che i tempi sono maturi per adottare nuovi paradigmi in grado di promuovere e pagare le cure, garantendo al contempo la tenuta dei conti. Coinvolgendo aree terapeutiche molto diverse, queste terapie offrono opzioni per bisogni precedentemente non soddisfatti e anche per nuove popolazioni target. L’effetto sulla spesa totale sanitaria sarà influenzato dalla rilevanza dei benefici che queste terapie saranno in grado di fornire. La sfida sarà ottenere il massimo valore per i pazienti, in termini di accesso alle cure e salute, mantenendo gli opportuni incentivi per l’innovazione futura e la sostenibilità dei sistemi sanitari».
La sostenibilità reciproca è un altro aspetto fondamentale per Palmisano: «Le aziende devono preoccuparsi ed essere co-responsabili della sostenibilità di sistema – dice – Ma anche il sistema deve incominciare a preoccuparsi della sostenibilità delle aziende di ricerca e sviluppo. Perché ormai è chiaro che a essere premiata è l’innovatività».
Occorre dunque che responsabili politici, aziende farmaceutiche e pagatori (assicurazioni e sistemi sanitari) cooperino per elaborare modelli di pagamento razionali e sostenibili, per consentire ai pagatori di coprire i costi della terapia genica, alle aziende di svilupparle e ai pazienti di accedervi.Ricordandosi che la terapia genica da futuribile è diventata realtà. E nei prossimi anni lo sarà sempre di più.