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 2017  novembre 24 Venerdì calendario

Niccolò Fabi: «Mi fermo, voglio fare altro»

Niccolò Fabi, in questi giorni, sta provando il suo concerto come fosse l’inizio di un nuovo tour, invece quella del 26 è l’ultima data di un viaggio, prima di un lungo addio. «Mi fermo, chiudo con un pezzo di storia personale, ma certamente non lascio la musica» è l’idea con cui dopodomani salirà sul palco del Palottomatica. «Mi aspetta almeno un anno sabbatico è il suo progetto -. Voglio uscire dal circuito compulsivo del dover scrivere. E voglio godere quello che ho costruito, facendo cose diverse».
La scelta ha qualcosa a che vedere con i 50 anni che bussano alla porta, visto che il suo compleanno è a maggio?
«Simbolicamente si tratta di un’età importante, ma la sensazione forte che provo è di avere raggiunto il mio apice professionale, il massimo anche come numeri, a cominciare dal concerto di domenica. Io sono abituato ai teatri, già essere in un palasport è una condizione extralarge per me. Sarà un concerto speciale, con le canzoni che sento più vicine, meno raccolto del solito, anche se la mia musica non ha le caratteristiche per far parte di quelli che si chiamano eventi».
In pratica sta dicendo che di successo ci si può saziare?
«So che sono partito per questo viaggio 35 anni fa. I primi tempi scrivevo canzoni per quindici persone. Poi, vent’anni fa, ho pubblicato le prime cose e il mio modo di scrivere è cambiato. Fare canzoni è diventata quasi un’ossessione, qualsiasi altra esperienza l’ho vissuta come sorgente di un atto creativo. Adesso ho voglia di tornare a 35 anni fa».
Insomma, ha le idee chiare su quello che non ha più voglia di fare.
«E spero che mi venga a trovare l’idea giusta. Penso a una piena discontinuità con la canzone malinconica che mi ha caratterizzato finora. Certo, potrei anche rendermi conto che so fare solo quello».
La via della musica è lastricata di addii e ritiri annunciati. E, in genere, chi sceglie di tirarsi indietro si consola scrivendo per altri. Lei, invece, è uno dei cantautori meno disponibile a dare i propri pezzi.
«L’ho fatto solo in occasioni speciali. Perfino nell’antologia di quest’anno, Diventi/Inventi 1997-2017, ho messo cinque canzoni che potevano finire ad altri, proprio per evitare che accadesse».
Vive un sentimento di possessività, diciamo quasi di gelosia verso le sue canzoni?
«Per me comporre è un’esperienza personale, la rappresentazione di un linguaggio intimo molto forte. Questo non vuol dire che non mi faccia piacere se sento Fiorella Mannoia mentre in concerto canta Mimosa o Irene Grandi e Stefano Bollani che fanno Costruire».
Dopodomani, al Palalottomatica, sarà una festa, a cui, ha detto, ha invitato quelli che hanno condiviso questo viaggio con lei. C’è da aspettarsi degli ospiti, come gli amici Silvestri e Gazzè?
«Vorrei che la gente venisse al Palalottomatica fidandosi, senza aspettarsi nient’altro. Senza immaginare che ci sia Springsteen o chissà chi. E poi le mie canzoni non si prestano a essere divise con gli altri, non traggono benefici dalla condivisione. Se poi verrà qualcuno per suonare, questa è un’altra cosa. Qualcuno, dico, come il mio primo chitarrista, ai tempi della scuola media. Per me ha lo stesso valore di un grande nome».
La sua festa di arrivederci, oltre a essere un bilancio personale, può diventare anche un bilancio di una generazione, quella dei cantautori degli anni Novanta. Ripensandoci, come rivede oggi quella stagione?
«Quando siamo arrivati le canzoni migliori erano state già scritte. Battisti ne ha fatte di perfette e la generazione degli anni 60 aveva composto cose meravigliose, potendosi permettere di cantare versi come «sapore di sale che hai sulla pelle». Se lo facessi oggi sarei ridicolo. Siamo riusciti, comunque, a inventare un linguaggio leggero, non iperomantico e non politico, come quello degli anni 70».
Cosa resta del cantautorato?
«C’è una rigenerazione forte, anche se molte porte sono chiuse. Fondamentalmente, tra noi e la generazione attuale, ci sono stati di mezzo internet e i talent. Le difficoltà sono maggiori, ma è anche una bella sfida. Tutto è estremizzato: puoi uscire con un pezzo provocatorio postando un video su you tube o puntare sul mondo patinato televisivo alla Amici».