La Stampa, 24 novembre 2017
Dal piano valanghe ai permessi. Tutte le colpe su Rigopiano
La raffica dei 23 avvisi di garanzia per il disastro di Rigopiano allarga la catena delle presunte responsabilità a tutte le autorità amministrative, dal Comune alla Provincia alla Regione Abruzzo, fino all’allora prefetto di Pescara, Francesco Provolo, dipingendo lo scenario di un fallimento generale. Dal piano valanghe mancato, che ha esposto l’albergo al pericolo della slavina, alle autorizzazioni a costruire in zona a rischio, fino agli interventi tardivi e inefficienti compiuti subito dopo la caduta della massa di neve, la catena delle colpe investe tutti i passaggi.
Fra i reati contestati dal procuratore capo Massimiliano Serpi e dal sostituto Andrea Papalia, ci sono l’omicidio colposo plurimo e le lesioni a carico di tutta la catena dei soccorsi a cominciare dal prefetto, trasferito di recente all’ufficio centrale ispettivo dei vigili del fuoco, al sindaco di Farindola Ilario Lacchetta e al presidente della provincia Antonio Di Marco, già coinvolti nell’inchiesta la scorsa primavera. «Se potevamo fare qualcosa di più? Tutto può accadere, ma l’essenziale è stato fatto, mastico amaro», ha commentato Provolo. Anche Ida De Cesaris e Leonardo Bianco, rispettivamente dirigente e capo di gabinetto della prefettura, sono indagati per gli stessi reati, mentre nell’inchiesta non mancano le accuse di falso e abuso edilizio.
Appurata invece l’estraneità della funzionaria che considerò uno scherzo le telefonate di allerta, perché a una verifica interna le venne comunicato che a Rigopiano non era successo niente. Quanto agli altri soggetti, la prefettura viene chiamata in causa per il ritardo con cui fu attivata l’unità di crisi, che intervenne solo dopo le 12 di quel 18 gennaio, quando non era più in grado di fronteggiare le emergenze che si stavano accumulando, compresa la rottura della turbina spartineve. L’impiego dell’esercito è stato disposto ancora più tardi, alle 18.28, quasi un’ora dopo che la valanga aveva spazzato via l’hotel.
«Il prefetto e i due dirigenti determinavano le condizioni per cui la strada provinciale dall’hotel al bivio Mirri, lunga 9,3 chilometri, fosse impercorribile per ingombro neve – recita l’avviso di garanzia -, di fatto rendendo impossibile a tutti i presenti (40 persone fra ospiti e personale) di allontanarsi, tanto più in quanto allarmati dalle scosse di terremoto». Alla lista delle autorità coinvolte si aggiunge la regione Abruzzo, con cinque fra attuali ed ex dirigenti indagati, cui spettava la responsabilità di realizzare la Carta delle valanghe per il territorio regionale e che invece «non si attivavano in alcun modo, nemmeno predisponendo apposite, doverose richieste di fondi necessari da stanziare a bilancio».
In presenza di quella mappa, la località di Rigopiano sarebbe stata riconosciuta come «esposta a pericolo di valanghe». Per questo le opere realizzate nella sede dell’hotel coi permessi del comune non sono state segnalate, sennò si sarebbe decisa «l’immediata sospensione di ogni utilizzo in stagione invernale dell’albergo». Il Forum dell’acqua, autore di due esposti sulla vicenda e della segnalazione dell’assenza del piano valanghe, osserva che «neanche il piano paesistico vigente è stato rispettato e la regione ha peccato di trasparenza». Tre sindaci, l’attuale e i due precedenti, avrebbero comunque dovuto modificare il Prg per i noti rischi cui la zona è esposta e non concedere i permessi di ristrutturazione dell’hotel.