Avvenire, 24 novembre 2017
I ragazzi cinesi che volevano lavorare 11 ore al giorno per l’iPhone X
Può anche essere che per un ragazzo cinese non ci sia niente di più bello che passare la giornata a montare le fotocamere dei nuovi iPhone X. E allora hanno ragione la Apple e il suo fornitore Foxconn quando, in risposta allo scandalo dello sfruttamento degli stagisti cinesi svelato dal Financial Times, si giustificano spiegando che non avrebbero dovuto permettere agli studenti degli istituti professionali di lavorare anche undici ore al giorno nella fabbrica di Zhengzhou dove si assemblano i nuovi telefonini. Non avrebbero dovuto ’permetterglielo’. A una certa ora avrebbero dovuto costringerli ad andare a casa, anche se per prendere qualche renminbi in più i ragazzi vorrebbero non andarsene mai. Questoè proprio quello che le due aziende faranno d’ora in avanti: costringerli a lasciare la fabbrica quando l’orario è finito. Può darsi che sia sufficiente. «Apple è impegnata nell’assicurarsi che tutti nella nostra catena di fornitura siano trattati con la dignità e il rispetto che meritano» ha spiegato l’azienda alla Bbc, alla quale ha anche regalato anche una curiosa ammissione: «Sappiamo che il nostro lavoro non è mai finito e continueremo a fare il possibile per avere un impatto positivo e proteggere i lavoratori della nostra catena di fornitura ». Può darsi che davvero Apple non riesca a fare di meglio. Strano, però. L’azienda ha chiuso a settembre il suo anno fiscale con 229 miliardi di dollari di ricavi e 48,3 miliardi di utile netto. Significa che ogni minuto che passa Apple accumula quasi 100mila dollari di profitti. Nessun’altra azienda al mondo può trovare con tanta facilità nei suoi bilanci lo spazio per evitare di dovere ricorrere anche a studenti delle superiori mandati dagli istituti professionali cinesi nelle fabbriche come parte del loro ’piano formativo’ l’assemblaggio di un telefono il cui prezzo in Italia parte da 1.189 euro. Se Apple avesse davvero intenzione di avere un ’impatto positivo’ forse non andrebbe a costruire i telefoni in un Paese che l’associazione internazionale dei sindacati inserisce nel gruppo delle peggiori nazioni del pianeta a livello di diritti dei lavoratori. E magari non confermerebbe come fornitore quella Foxconn finita nel 2010 al centro di uno scandalo mondiale per i ripetuti suicidi dei dipendenti. Nessuno più di Apple può permettersi uno sforzo reale di ’responsabilità sociale’. Basta volerlo.