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 2017  novembre 24 Venerdì calendario

Autocritica di Grillo. «È entrato di tutto, ora nuove regole»

Roma Un teatro piccolo piccolo, il Flaiano, in una viuzza buia del centro di Roma i cui accessi sono presidiati dalla polizia per paura delle proteste dei movimenti per la casa. Quanto sembri assurdo, tutto questo, al Beppe Grillo che vuole tornare a fare spettacolo, lo dimostra la prima battuta del suo nuovo Insomnia, ovviamente estemporanea: «Hanno blindato il Lazio per cento persone!».
Sul palco – accanto a lui – ci sono i venti spettatori che hanno pagato per il pacchetto “vip” (100 euro per un aperitivo pre spettacolo a base di prosecco, salatini e confezioni di melatonina). C’è anche l’ex assessore al Bilancio di Roma Andrea Mazzillo, ma il fondatore dei 5 stelle fa come se non lo conoscesse. Oppure è a lui che pensa quando dice, ai pochi che incontra prima nel foyer: «Abbiamo imbarcato di tutto, lo so, ma i criteri cambieranno, vedrete». È uno spettacolo più intimo che politico, quello che comincia subito dopo. Un monologo sulle notti insonni «da cui nascono tutti i miei pensieri». Il tentativo di curarsi di «un genovese che piuttosto che pagare uno sconosciuto per fare psicoterapia fa venire da lui sconosciuti che pagano». Ci sono la moglie («dormiamo separati da sei anni, nessuna donna normale potrebbe sopportare le mie notti»), i sei figli ( «non mi hanno mai chiesto niente di quello che facevo, ma da quando ho spiegato che visto che prima riempivo i palazzetti e ora vengo in queste sale da 100 posti il tenore di vita deve cambiare, mi chiamano: allora? È pieno?»). Ma la politica sale su dagli sguardi che incrocia: ad Alessandro Di Battista, sulla sua decisione di non ricandidarsi, dice: «Hai fatto un gesto meraviglioso, maledetto… merda, a me m’arrivano le cause, tu te ne vai». Al senatore Gianni Girotto, che lo inonda di mail sull’energia: «Ora vediamo se ti ricandido». Dice di essersi ritrovato «leader di un’arca di Noè di disadattati». Allude a un ultimo periodo più buio e triste, usando la metafora di una colonscopia. Definisce Matteo Renzi – che proprio ieri a Otto e mezzo ha proposto alla Lega e ai 5 stelle “un patto anti-fake news”, chiarendo i rapporti con i canali che le diffondono – «un truffolo capace solo di mentire: per lui e Berlusconi serve la neuroscienza, la neuropolitica», dice, ma perde il filo e ne fa un canovaccio teatrale per passare dalla politica all’infanzia genovese, con il serial killer Donato Bilancia che lo riportava a casa da scuola. Un padre “anziano”, 50 anni più grande di lui. Una madre andata sposa a 16 anni che insegnava musica e suonava la fisarmonica. Di fake news parla riferendosi a quando una bestemmia comparve in un suo post sul blog («Non l’avevo scritta io, non so cosa sia successo, è stata subito rimossa, ma i giornali l’hanno riportata: chi sta peggio agli occhi di Dio?»). Ai cronisti che lo intercettano prima dello show, fa un invito alla responsabilità quando parlano di Roma: «Raggi può risolvere i problemi di chi non ha casa? Neanche Gesù Cristo».