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 2017  novembre 23 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL SOTTOMARINO SCOMPARSOBUENOS AIRES - A bordo del sottomarino scomparso c’è stata un’esplosione

APPUNTI PER GAZZETTA - IL SOTTOMARINO SCOMPARSO

BUENOS AIRES
- A bordo del sottomarino scomparso c’è stata un’esplosione. Esattamente tre ore dopo l’ultimo contatto radio: alle 10,31 del 15 novembre scorso. Otto giorni dopo la scomparsa del San Juan, davanti all’assenza di qualsiasi massa metallica nelle profondità dell’Atlantico che possa riferirsi all’unità dispersa, il portavoce dell’Armada ha ammesso che quell’"idro-anomalia acustica" rilevata dai sonar e dalle boe immerse in profondità "può essere un’esplosione".

Pressato dai parenti che hanno iniziato a gridare e insultare i responsabili della base del Mar del Plata, Henrique Balbi ha detto: "Si è verificato un evento anomalo, singolo, breve, violento non riconducibile ad un’esplosione nucleare". Le caratteristiche di questa deflagrazione sono state confermate da un’agenzia Onu con sede a Vienna, l’Organizzazione del Trattato sulla messa al bando dei test nucleari globali (Ctbto), che monitora eventuali esperimenti clandestini in giro per il mondo. "Due stazioni idroacustiche della Ctbto, hanno rilevato un evento impulsivo subacqueo avvenuto alle 13.51 GMT del 15 novembre a una latitudine di -46,12 gradi e longitudine di -59,69 gradi", tre ore dopo avere perso i contatti con il sommergibile e vicino alla sua ultima localizzazione. 

L’esplosione, perché ormai si parla di questo, sarebbe quindi avvenuta a 430 chilometri al largo del Golfo di San Jorge, all’altezza della Patagonia centrale, e si sarebbe estesa per un raggio di 125 chilometri. Resta da capire perché finora non sono state trovate tracce del sottomarino. Può darsi che sia avvenuta una implosione che abbia messo fuori uso tutti i sistemi di navigazione ed elettrici. "In quella zona", ha aggiunto il portavoce dell’Armada, "i fondali variano in modo considerevole: passano dai cento ai 3.000 metri". Non è quindi escluso che il mezzo sia colato a picco negli abissi. Di qui la difficoltà a individuare la sua massa matallica. 

"La nostra Marina aveva chiesto la collaborazione degli Stati Uniti, che a loro volta hanno chiesto informazioni a diversi organismi che rilevano eventi idro-acustici in tutto il mondo. Dopo aver riunito questa informazione ed effettuato un’analisi esaustiva e centralizzata negli Usa, che ha richiesto il suo tempo, oggi abbiamo ricevuto questo indizio", aveva spiegato ieri sera il portavoce militare.

In base a questo nuovo elemento, aveva aggiunto, si sta procedendo a un nuovo monitoraggio dell’area dalla quale proveniva il rumore, seguendo lo stesso modello di "triplo controllo" usato in precedenza. Questo suppone l’uso di sonar attivi e passivi, in dotazione alle unità navali argentine; immagini termiche, rilevate da aerei americani e monitoraggio di possibili anomalie magnetiche, a carico di un aereo antisommergibili brasiliano, che sorvola le zone interessate a bassa quota. Adesso, l’ammissione: è stata un’esplosione non collegata ad alcuna attività nucleare. Argentina, onde alte cinque metri: la tempesta durante le ricerche del sottomarino Condividi   E, a otto giorno dalla sua sparizione, aumenta il numero dei paesi che collaborano alle ricerche. Un aereo della British Royal Air Force, la Raf, è arrivato mercoledì in Argentina per unirsi alle operazioni.  Si tratta della prima volta che un aereo militare decolla dal Regno Unito per atterrare sul suolo argentino dopo la Guerra delle Falkland del 1982.

Un portavoce del ministero della Difesa a Londra ha fatto sapere che l’aereo Voyager della Raf è decollato dalla base militare di Brize Norton nella contea dell’Oxfordshire (nel sud dell’Inghilterra) in direzione Argentina con tre tonnellate di equipaggiamento e si unisce al lavoro della nave di pattuglia Hms Protector, della Royal Navy, che domenica aveva raggiunto le acque argentine.

Da Mosca, su preciso ordine di Putin, il ministro della Difesa russo Serghei Shoigu ha inviato specialisti della 328a unità di ricerca e salvataggio che utilizzeranno un sommergibile portatile telecomandato Pantera Plus.

Nel primo pomeriggio di ieri, il portavoce della Marina argentina Enrique Balbi, aveva spento i bagliori di speranza improvvisamente riaccesi nelle prime ore della mattina sulla sorte del sottomarino Ara San Juan, sparito nell’Atlantico Sud una settimana fa, con 44 persone a bordo. "Al momento attuale non è stata trovata nessuna traccia del sommergibile" aveva detto.

Era stato lui a smentire le notizie circolate nelle ore scorse riguardo a possibili nuovi segnali provenienti dal fondo dell’oceano, a gelare i familiari dei membri dell’equipaggio, l’ennesimo stop and go di speranze e delusioni, alla ricerca ormai di un miracolo, di un ritrovamento fino all’ultimo secondo del mezzo inabissato da qualche parte nell’oceano Atlantico del sud, a metà strada tra la gelida Ushuaia e la base militare nel mar del Plata. Sottomarino argentino, Di Feo: "Si cerca un oggetto di 65 metri in un’area grande come l’Europa centrale" Condividi  
Con le scorte d’ossigeno che potrebbero essere già esaurite ("siamo in una fase critica", così aveva detto lo stesso Balbi) ma, insieme, con circa 4mila uomini di vari paesi - Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Brasile, Cile, Perù, Colombia e Uruguay, oltre ovviamente all’Argentina - che continuano a partecipare all’operazione di ricerca e salvataggio in mare, battendo tratti di mare tempestosi con sonar e altre apparecchiature sofisticate capaci di tracciare presenze umane, uomini sul fondo prigionieri di un sommergibile in avaria, si teme ora che possa essere effettivamente accaduto qualcosa di disastroso all’imbarcazione. Nella prima mattina italiana il quotidiano Clarin aveva diffuso la notizia che un gruppo di unità navali, capitanato dalla corvetta Drummond, era stato inviato la notte scorsa verso un’area dalla quale sarebbe partito un nuovo segnale sonar proveniente dagli abissi. Non solo. Sottomarino scomparso, a bordo la prima donna ufficiale del Sudamerica Condividi   Fonti americane avevano anche raccontato che uno degli aerei Usa che partecipano alle ricerche aveva rilevato la presenza di una "macchia di calore", che corrispondeva a un oggetto metallico, a 70 metri di profondità, a circa 300 km dalla costa della Patagonia. Questo segnale, avevano precisato le fonti, sarebbe stato però insufficiente a determinare se l’oggetto rilevato era il San Juan o altri relitti in zona.

Dopo ore di velato ottimismo, la nota ufficiale della Marina ha chiuso la porta alla speranza. "Nessuna traccia del sommergibile", così aveva sentenziato il portavoce Balbi, e anche sulla possibile "macchia di calore" ha replicato di non disporre di alcuna informazione in merito. Il militare ha raccontato inoltre che una nave britannica aveva avvistato il bagliore di tre razzi bengala - due bianchi e uno arancione- ad est della Penisola di Valdés, ma i successivi monitoraggi della zona non hanno dato nessun risultato.

La notizia ha scatenato la rabbia e le durissime reazioni dei parenti che da una settimana affollano, in preda all’angoscia, la base del Mar del Plata. "Assassini, assassini", hanno gridato in molti, "li avete mandati a morire su una carretta". Alcuni, tra le lacrime, hanno deciso di abbandonare la zona e di tornare a casa. La polemica si diffonde in tutta l’Argentina, scuote il mondo politico, invade la rete. I parenti sospettano che i vertici della Marina sapessero fin dall’inizio cosa fosse avvenuto e che hanno atteso una chiara conferma solo dopo le ripetute verifiche da parte dell’agenzia specializzata viennese e dei tecnici americani. Già un paio di giorni fa era salita la tensione tra il presidente Mauricio Macri e il vertice delle Forze Armate.

Appariva inspiegabile dover attendere le 48 ore previste dal protocollo militare prima di lanciare l’allarme e avviare le ricerche del sottomarino disperso. Le principali accuse che gran parte del paese muove al vertice politico riguardano le condizioni in cui si trova la flotta argentina che non è mai stata più rinnovata dai tempi della dittatura militare. Dalla fine di quell’oscuro e tragico periodo, il budget della Difesa era stato ridotto all’osso. Era il più basso di tutte le Difese del Continente.

Il San Juan ne aveva fatto le spese: è stato fabbricato in Germania e acquistato dall’allora ammiraglio Emilio Eduardo Massera nel 1985; nel 2014, dopo una prima revisione totale durata diversi anni, aveva subito delle riparazioni per un guasto all’impianto elettrico, quello che garantisce la propulsione sottomarina e le comunicazioni. Per sostituire i quattro motori diesel, alimentati da 960 batterie, lo scafo era stato tagliato e poi nuovamente saldato. Un’operazione delicatissima. Basta poco per renderlo sensibile alle variazioni e provocare una falla. Forse l’esplosione a bordo è stata quella decisiva.