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 2017  novembre 23 Giovedì calendario

Pellegrino il freddo. «So che ai Giochi farò paura a tutti»

Riecco lo sci di fondo. Domani, a Ruka, comincia la stagione che culminerà con le Olimpiadi coreane. Ed è subito Federico Pellegrino. Infatti l’appuntamento finlandese prevede le gare sprint al debutto, e tocca al miglior azzurro aprire le danze, insieme agli altri convocati dal ct Sepp Chenetti: Noeckler, De Fabiani, Salvadori, Rastelli e Ilaria Debertolis.
L’anno scorso, proprio in Finlandia (a Lahti) Pellegrino si è laureato campione del mondo. Ora tutti lo attendono al varco. «Per questo mi sono rilassato giocando a tennis contro Noeckler che si sveglia la notte per guardare Federer. È capace di essere nel ghiacciaio e col telefonino a vedersi un match». D’altronde anche il ct Chenetti è diventato una sorta di fanatico della racchetta. «Sì, ci dice che aiuta i riflessi e non vede controindicazioni». Di sicuro la medaglia olimpica non arriverà grazie a qualche tie- break. «Alla Corea ci penso molto. Preoccupato? No. Per quanto riguarda la politica internazionale so e mi auguro che ci stiano mandando in zone pericolose – perché siamo a 80 km dal confine e si può definire zona pericolosa – solo perché siamo al sicuro».
Il Pellegrino di oggi è un ragazzo diventato uomo, capace di coniugare privacy-stress-professionalità. «Quello che ho chiesto alla federazione è di poter viaggiare presto, arrivare in anticipo. Non ho paura di stare lì per tanto tempo, anzi, prima riesco ad adattarmi e meglio sarà per me. Calcoliamo un’ora al giorno di fuso da smaltire». Il giorno della finale sarà martedì 11 febbraio, stessa data del gigante femminile. «Noi dopo di loro, lo sprint è di sera. Spero che le donne del gigante mi stimolino. Come hanno sempre fatto».
Pellegrino ha imparato la lezione del passato: non vuole essere considerato un ranger solitario. Non lo è mai stato. «Penso alle sprint in team, so di poter essere la pedina chiave. Ci penso spesso, in allenamento cerco di immaginarmi la pista, ormai la so a memoria». Il dualismo sci alpino/ sci nordico è cosa vecchia, superata. «L’anno scorso la zampata vincente è stata mia, quest’anno si vedrà. Non cerco rogne, non voglio fare guerra agli altri. Da quando ho capito che all’interno dello sport italiano o della nostra federazione i risultati di tutti sono utili per un obiettivo comune, ho imparato a viverla meglio, a tifare per i miei vicini e a essere stimolato non in maniera negativa, non solo a gufare gli atleti. Anche quelli del biathlon, dico per dire. Sono lì a tifare perché so che i loro risultati sono importanti, e dopo che hanno conquistato un risultato mi viene voglia di emularli. E non mi interessa se sono pochi o tanti ad avere la mia stessa opinione. Non penso agli altri, penso a me».
Sono pochi, quelli del fondo. Ma vogliono essere buoni. «Dobbiamo esserlo. Le altre nazioni come la Norvegia, la Svezia o la Russia hanno una concorrenza interna tale che usano la coppa del mondo per fare le selezioni, perciò si avvicinano all’Olimpiade con risultati rilevanti». La fortuna è che numericamente ce ne saranno di meno. «Esatto. Ai Giochi saranno solo quattro per nazione, cinque se c’è il campione olimpico uscente. In Coppa del Mondo gareggi contro decine di atleti dello stesso paese, ti senti in minoranza. Ma una cosa l’ho capita: nel grande appuntamento spesso molti se la fanno sotto dalla paura. È lì che, come ho già dimostrato nella mia vita, voglio sfruttare le mia capacità alla grande». Sochi 2014 ha aiutato. «Non ero pronto fisicamente. A ritornarci ora mi leccherei i baffi su quella pista. Ma mettiamola così: l’anno scorso non ci siamo andati nella pista olimpica ed è stata la mossa giusta. Ora vedremo dopo l’Olimpiade».