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 2017  novembre 22 Mercoledì calendario

Come sarà la Siria dopo la guerra?

Caduto lo Stato Islamico cosa accadrà dopo?
Il futuro della Siria dipenderà da quattro protagonisti. I primi due sono Russia e Iran che operano per restituire l’intero territorio siriano a Bassar al Assad. Prima della guerra civile, tutta la Siria era infeudata alla Russia. L’obiettivo di Putin è quello di tornare alla situazione iniziale. Aveva tutto e vuole tutto. Il terzo protagonista sono gli Stati Uniti che ambiscono a smembrare la Siria per poter stabilire almeno un piccolo feudo governato da forze amiche. La soluzione ideale sarebbe un feudo curdo, ma la Turchia, che è il quarto protagonista, si oppone radicalmente a una simile ipotesi. Gli Stati Uniti sono in difficoltà: vorrebbero acquisire un pezzo della Siria, ma non sanno come.
Perché gli Usa hanno lasciato spazio alla Russia?
A partire dal settembre 2015, l’esercito russo è intervenuto in Siria su richiesta di Bassar al Assad. Per poter arrestare l’avanzata russa, gli Stati Uniti avrebbero dovuto fornire ai ribelli siriani i missili per abbattare gli aerei di Putin. Obama, pur richiesto, si rifiutò di vendere quelle armi. Se avesse acconsentito, la Russia avrebbe ugulamente schiacciato i ribelli siriani, ma la guerra avrebbe assunto dimensioni ancor più tragiche. Gli Stati Uniti hanno preso atto che non potevano fare niente per strappare la Siria alla Russia e si sono disimpegnati in modo progressivo, ma costante.
Chi sono i veri vincitori della guerra civile?
Al momento, il vincitore indiscusso è Bassar al Assad. Seguono Russia, Iran e milizie sciite di Hezbollah. Bassar al Assad, oltre che dallo Stato Islamico, è stato fronteggiato da quattro Stati ovvero Turchia, Qatar, Arabia Saudita e Stati Uniti che hanno armato e finanziato i ribelli siriani. Bisognerebbe aggiungere anche Israele, che ha condotto numerosi bombardamenti aerei, e le milizie curde. Bassar al Assad è riuscito a sopravvivere e a rimanere al potere. Russia e Iran vengono al secondo posto. Putin ha prevalso sugli Stati Uniti e l’Iran ha esteso la sua influenza prima in Iraq e adesso anche in Siria. Le milizie sciite di Hezbollah raccolgono le briciole che per loro rappresentano un pranzo abbondante. 
Chi sono invece
i veri perdenti?
I veri perdenti sono lo Stato Islamico e Israele, che adesso si ritrova con l’Iran ai confini. Una volta scoppiata la guerra civile, l’esito peggiore per Israele era la vittoria di Bassar al Assad grazie all’Iran che ora cerca di stabilire una base militare permanente nei pressi di El-Kiswah, 14 km a sud di Damasco. Gli Stati Uniti non avevano alcun controllo sulla Siria e, probabilmente, torneranno a non averlo. Non perdono e non guadagnano. La situazione di Israele è molto più grave. Prima della guerra civile, i missili dell’Iran erano lontani. Adesso, sono vicini. 
Quale sarà il futuro
dello stato jihadista?
Nel breve periodo, i capi dell’Isis dovranno fronteggiare il problema di scappare per non essere uccisi. Se riusciranno a salvarsi la vita, dovranno presentarsi davanti alla galassia jihadista per definire il loro nuovo ruolo. Potranno scegliere tra due strade. La prima è quella di riunificarsi con al Qaeda, ma è molto improbabile che accada ora anche perché i due gruppi si sono combattutti in modo sanguinoso. Al Qaeda era contraria alla proclamazione dello Stato Islamico perché era convinta che i tempi non fossero maturi. Il fatto che abbia avuto ragione rappresenta un’umiliazione per al Baghdadi. Se tornerà in al Qaeda, dovrà farlo da sconfitto. La seconda strada è quella di mantenere la propria autonomia. Questa sarebbe la soluzione migliore per l’Occidente che preferisce combattere contro un universo jihadista diviso e litigioso.
La fine dell’Isis porterà più attentati in Europa?
Il numero degli attentati jihadisti nelle città occidentali dovrebbe diminuire nel medio periodo perché è legato ai processi di radicalizzazione che sono a loro volta legati al fenomeno dell’effervescenza collettiva. Quando un’organizzazione jihadista raccoglie successi eclatanti, i suoi simpatizzanti si esaltano e ricevono una forte spinta emozionale a lanciarsi nel conflitto. Quando un’organizzazione jihadista precipita nella polvere, l’effervescenza collettiva si riduce e i suoi simpatizzanti si deprimono. Il rapporto tra i militanti jihadisti e le loro organizzazioni è simile al rapporto che si instaura tra i tifosi e le squadre di calcio. Quando la squadra del cuore vince tutte le partite, gli stadi si riempiono; quando accumula soltanto sconfitte, gli stadi si svuotano.
Cosa fare per evitare un nuovo Stato Islamico?
Le organizzazioni terroristiche sono deboli per definizione. Il terrorismo è una tecnica di combattimento che consiste nel colpire persone indifese che non hanno vie di fuga, come le vittime del Bataclan. Coloro che hanno gli aerei lanciano i missili; coloro che non hanno niente fanno ricorso a individui sbandati armati di coltelli da cucina o automobili. Le organizzazioni terroristiche possono assumere la guida di uno Stato soltanto se quello Stato è già crollato o gravemente indebolito a causa di una guerra. È esattamente ciò che è accaduto in Libia, Siria e Iraq. Prima abbiamo assistito al crollo o al disfacimento di quegli Stati e poi è avvenuta la nascita dello Stato Islamico. Gli Stati dispongono di aerei, sottomarini, carriarmati, missili e navi da guerra. Non accadrà mai che un’organizzazione terroristica possa abbattere uno Stato. Per evitare che nasca un nuovo Stato Islamico, occorre evitare di abbattere gli Stati musulmani. L’Isis ha conquistato le sue roccaforti in Libia perché non esisteva più un esercito libico capace di contrapporsi all’avanazata jihadista.