la Repubblica, 22 novembre 2017
La chimica segreta che unisce arte e politica
Cosa hanno in comune Marco Malvaldi, scrittore di romanzi, e Angela Merkel, cancelliera tedesca?
Sono entrambi dei chimici fisici e si sono occupati di transizioni multifotoniche. Ora il primo ha scritto un libro intitolato L’architetto dell’invisibile (Raffaello Cortina, pagg. 201, euro 19): il chimico è prima di tutto un costruttore di cose che non si vedono. Il volume ha come sottotitolo: Ovvero come pensa un chimico. Malvaldi spiega che la chimica è fatta di quantità e insieme di qualità.
Bevuta in eccesso l’acqua può uccidere; assunto in dose minima il cianuro è innocuo.
Questa è la quantità. La qualità ha a che fare con la bellezza: la simmetria delle molecole assume un ruolo fondamentale per capire come interagiscono.
Il chimico, poi, ragiona con il naso, ha spiegato Primo Levi, in un articolo, Il linguaggio degli odori. Scrive di essere diventato chimico per esercitare il proprio naso. Terzo aspetto: il chimico pensa attraverso il “processo”, «azione che porta alla modifica fisica e chimica di un sistema, di un pezzettino di universo». C’è poi un altro aspetto. Nel linguaggio della chimica gli atomi sono lettere dell’alfabeto e le molecole parole, da qui la struttura combinatoria della mente del chimico. Mestiere difficile. Deve mettere d’accordo le quantità macroscopiche (pressione, temperatura, durezza) con quelle microscopiche (la forma delle molecole) e deve tenere sotto controllo l’equilibrio sottilissimo creato dalle forze elettriche. Che discenda da questo l’abilità di Angela Merkel? Pur occupandosi della materia, e quindi dell’universo in una sua significativa porzione, al chimico interessa ciò su cui ha il potere di fare qualcosa per ottenere dei cambiamenti. C’è un’altra questione che l’autore spiega attraverso Edward de Bono: Sei cappelli per pensare (Rizzoli).
Durante le riunioni in cui si prendono decisioni, ciascuno dei partecipanti sceglie un cappello di un colore preciso: nero per il pessimista, rosa per l’ottimista, giallo per il creativo, e così via. Poi ci si scambia i cappelli e quindi il ruolo. Serve a criticare le idee e non le persone che le sostengono.
Cosa c’entra con la chimica? La Tavola di Mendeleev sarebbe nata così, dice Malvaldi: serve a separare le opinioni dalle singole individualità, a smorzare le rivalità personali, a far procedere la ricerca.
Possibile? Il russo Mendeleev aveva un rivale, il tedesco J. L. Meyer; questi aveva individuato la periodicità degli elementi, però la Tavola porta il nome del russo. La scienza, come la letteratura e anche la politica, è l’attività più individuale che esiste, e insieme la più collettiva. I chimici non fanno eccezione, comunque ragionino.