La Stampa, 22 novembre 2017
Turisti delle stelle. Il racconto di Nicola Pecile, il pilota italiano ai comandi dello spazioplano della Virgin Galactic
«Penso che siamo vicini a far volare i primi turisti nello spazio con i nostri veicoli: per la fine del 2018 o più probabilmente nel 2019».
Ad annunciarlo è chi sta per trasformare in realtà il sogno del viaggio tra le stelle: è uno dei piloti degli spazioplani della Virgin Galactic, la compagnia di Richard Branson che per prima ha creduto nella nuova frontiera. I veicoli sono sempre più prossimi al decollo per le operazioni commerciali, svelando la Terra dallo spazio e scatenando emozioni che, finora, potevano vivere solo gli astronauti. E super-professionisti sono anche quelli ai comandi degli «SpaceShipTwo»: nel team dei collaudatori, da due anni, c’è l’italiano Nicola Pecile, ex ufficiale dell’Aeronautica Militare, pronto per spiccare il grande balzo.
Pecile, com’è l’avvenieristico spazioporto dove lavora?
«È a Mojave, cittadina nel deserto della California, a Nord di Los Angeles: è qui che Virgin Galactic costruisce i veicoli suborbitali “SpaceShipTwo” e gli aerei-madre da cui questi vengono sganciati, i “WhiteKnightTwo”».
A che punto è il programma di collaudo degli «SpaceShipTwo», dopo lo stop imposto dall’incidente di tre anni fa?
«Siamo nella fase dei voli planati, in cui il propulsore non viene ancora acceso: le modifiche apportate al prototipo iniziale, il “VSS Enterprise”, riguardano la struttura e le superfici portanti e quindi è necessario rivalidare una serie di dati, assicurandoci che i carichi e le strutture aerodinamiche non generino effetti inaspettati».
E la fase successiva?
«Inizieremo i voli propulsi a gennaio: il motore a razzo verrà acceso a passi incrementali, fino a raggiungere le quote sub-orbitali».
Quali sono i veicoli che sta collaudando?
«L’unica “SpaceShipTwo” al momento operante è la “VSS Unity”, completata l’anno scorso. Dopo la perdita di “VSS Enterprise” serve da prototipo e verrà trasformata per la configurazione commerciale. Intanto la terza e la quarta “SpaceShipTwo” sono in fase avanzata di produzione e dovrebbero volare entro il 2018. L’obiettivo iniziale sarà averne tre, insieme con due “WhiteKnightTwo”, operanti da Spaceport America».
Che tipo di addestramento è necessario?
«“SpaceShipTwo” è frutto di un design unico, risultato del genio di Burt Rutan, che amo definire l’Albert Einstein dell’ingegneria aeronautica. È un veicolo incredibile: in pochi secondi, dopo lo sgancio dall’aereo-madre, accelera a velocità supersonica, sale in verticale mentre continua ad accelerare ad alti numeri di Mach, per continuare in una fase balistica successiva allo spegnimento del motore fino a raggiungere l’apogeo. Si trasforma in un corpo aerodinamico ad alta resistenza grazie al sistema “feathering”, che permette di ruotare la parte posteriore del veicolo, così da generare una grande resistenza aerodinamica. Quando rientra nell’atmosfera, “SpaceShipTwo” plana invece come un aliante sulla pista da cui era decollato circa un’ora e mezza prima».
Come la si pilota?
«Non ci sono particolari sistemi computerizzati, ma le caratteristiche aerodinamiche sono tali da garantire stabilità all’intero sistema».
Quali saranno i compiti dei due piloti durante un tipico profilo di missione?
«Una precisazione: il veicolo sarà sub-orbitale e quindi non raggiungeremo le quote e le velocità di molti satelliti o della Stazione Internazionale. Il nostro profilo di volo consiste in una salita verticale e in una discesa prossima alla zona da cui si è partiti. Il pilota siede a sinistra e vola manualmente, mentre il co-pilota lo supporta con check-list e sistemi secondari».
Qual è il consiglio per i giovani che vogliono intraprendere una carriera come la sua?
«Viviamo in un momento storico incredibile per l’astronautica: è importante che i giovani lo capiscano e vengano coinvolti. Ma ci vuole passione, con anni di studio e dedizione. Se un ex bambino di un paese del Friuli è arrivato su “SpaceShipTwo”, significa che tutto è possibile».
Crede che il turismo spaziale avrà davvero successo?
«Virgin Galactic ha venduto oltre 700 prenotazioni e le indagini di mercato dimostrano l’interesse di centinaia di migliaia di clienti che, potenzialmente, potrebbero volare, considerando il costo del biglietto, che non è irrisorio. Dipenderà molto dal livello di sicurezza e di immagine che trasmetteremo con i primi passeggeri».
Qual è il costo del biglietto?
«Può apparire proibitivo per persone normali, come la maggioranza di noi. Ma sono certo che con il tempo volare nello spazio diventerà routine, a costi ragionevoli per quasi tutti. È essenziale iniziare da chi al momento può permettersi di affrontare costi elevati per garantire uno sviluppo su scala mondiale. Basta pensare che negli Anni 30 un biglietto transatlantico su un aereo costava 13 mila dollari: il prezzo è equivalente ai 250 mila dollari richiesti oggi per un volo su “SpaceShipTwo”. Siamo quindi in una situazione simile a quella di allora: da qualche parte bisogna cominciare!».