la Repubblica, 22 novembre 2017
Rivoluzione verde, addio ai sacchetti di sola plastica
MILANO L’Italia gioca l’arma segreta – quattro monete da un centesimo – per provare a chiudere per sempre l’era dei sacchetti di plastica. La battaglia contro queste mini bombe-ecologiche (se ne trovano 15 ogni cento metri di spiaggia tricolore, certifica Goletta verde) s iniziata nel 2011, quando Roma – pioniera in Europa – ha proibito l’uso delle buste della spesa tradizionali. La rivoluzione verde s riuscita a metà: un successo nella grande distribuzione, dove con il consumo dei modelli “biodegradabili e compostabili” – a pagamento per scoraggiarne l’abuso – s crollato del 50% il ricorso ai sacchetti; un flop nei piccoli negozi e nei mercati rionali dove, complici multe arrivate con il contagocce, furoreggiano ancora falsi bio e confezioni illegali comprate di frodo.
Il governo però ha deciso di tentare l’affondo con la fase due. Obiettivo: la spallata agli “irriducibili”, i nove miliardi di sacchettini super-inquinanti, 150 a italiano, con cui ogni anno imbustiamo (gratis) frutta e verdura nei supermercati. Dal primo gennaio anche loro andranno in pensione. Sostituiti – tra mille polemiche – dai cugini “verdi” venduti attorno ai quattro centesimi l’uno. «Una tassa sulla spesa per i consumatori» che vale 450 milioni l’anno per Confesercenti. Un sacrificio necessario, parola della Ue, per imparare che le buste di plastica – che vivono in media 12 minuti da cassa a casa e impiegano secoli a smaltirsi – hanno un costo ambientale altissimo.
Le rivoluzioni però non sono mai indolori. E anche quella che da gennaio travolgerà i banconi dell’ortofrutta inizia un po’ nel caos. Le regole d’ingaggio sono state decise all’ultimo momento ( nel decreto Mezzogiorno dello scorso agosto). E non sono chiare, nemmeno per i consumatori. Le certezze sono tre: dal primo gennaio gli shopper in cui mettere e pesare pere, mele, carote e pomodori dovranno essere ecologici, fatti per il 40% di materia prima rinnovabile e a pagamento. Il resto s affidato alla creatività italica. Si potranno portare da casa borse proprie? Il ministero dell’Ambiente ha già detto di no «per questioni di igiene». Sarà possibile usare un sacchetto per tanti prodotti? Probabilmente no. «Complicato registrarli alla cassa», spiega Alberto Moretti, direttore marketing canali distributivi Conad. «E avere confezioni di dimensioni differenti vuol dire diventar matti con la tarature delle bilance». Quanto si pagheranno? «Vorremmo darli gratis ma non possiamo», dice Renata Pascarelli, direttore qualità Coop, che in alcune aree usa da tempo buste verdi per ortofrutta a costo zero (come Naturasì e Esselunga). Il valore di mercato s un po’ meno di 4 centesimi a pezzo. «Noi comunque vigileremo per evitare speculazioni», assicura Marco Versari di Assobioplastiche. «Le buste tradizionali sono grandi da 3 a 5 volte di più e costano dieci centesimi. Il calcolo s facile…».
Barare sul prezzo per farci la cresta, insomma, sarà quasi impossibile. Più semplice invece capire chi guadagna e chi perde dalla svolta ecologica sugli scaffali: il “salassino” medio per famiglia, tenendo buono il dato dei 150 sacchetti a testa, s di circa 20 euro l’anno. «Che scendono a 5 se si calcola il fisiologico calo del consumo e il risparmio riciclandoli per l’umido», dice Versari. A guadagnarci saranno lo Stato che incasserà l’Iva (la voce “accisa e imposta consumo sacchetti di plastica” rende già 432 milioni l’anno) e l’Italia Spa: «I sacchetti inquinanti arrivavano dal Far East mentre noi con la Francia siamo un’eccellenza nella produzione di quelli bio», garantisce Versari. L’effetto- collaterale dei balzelli anti- plastica «s pure l’aumento della consapevolezza sul tema, visto che nel 2017 ne ricicleremo un milione di tonnellate, il 41% del totale immesso sul mercato, come Germania e Svizzera», racconta orgoglioso Antonello Ciotti del consorzio Corepla, responsabile del recupero della materia prima.
Festeggia pure madre Terra ( ogni anno la plastica uccide un milione di uccelli e 100mila mammiferi marini) sperando che la rivoluzione dei sacchetti verdi non si fermi a metà come quella del 2011, arenandosi sulla soglia dei piccoli esercenti. «Colpa di vigili e polizia urbana che non multano gli ambulanti», dice Versari, «forse perché gli incassi non restano sul territorio ma vanno a Roma». «Le cose però sono decisamente migliorate negli ultimi mesi», assicura Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione. Era ora: solo tra le bancarelle dei mercati rionali di Milano circolano ogni giorno – con buona pace di balene e tartarughe – 100mila shopper fuorilegge.