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 2017  novembre 22 Mercoledì calendario

Antimateria, il grande rebus della fisica

La parola «antimateria» è rivestita da un’aura fantastica, suscita domande e stimola l’immaginazione. Sono trascorsi circa 80 anni da che venne ipotizzata l’esistenza. Per ogni particella elementare ne esiste una identica con carica opposta. Ciò significa che se gli atomi di cui è composto il nostro corpo, i pianeti e l’Universo in cui viviamo possiedono un nucleo che per definizione è elettricamente positivo e un guscio esterno di elettroni negativi, per l’antimateria vale l’esatto opposto: il nucleo è negativo e il guscio esterno è composto di particelle positive. Ma al di là della carica elettrica, tutte le altre caratteristiche, tra cui la massa, sono identiche alla materia. Ed è questo che ha acceso la fantasia di molti scrittori di fantascienza. L’antimateria infatti, risulta essere una sostanza in grado di distruggere la materia. Se vengono a contatto la realtà vuole che esse annichiliscano, ossia si trasformino in energia. L’esistenza dell’antimateria è ormai assodata: è stata rivelata, creata nei laboratori e immagazzinata, anche se in quantità estremamente ridotte. E forse risulterà curioso che in campo medico si utilizza normalmente a scopo diagnostico e terapeutico. E c’è un elemento in più da ricordare: i modelli attualmente accettati dalla maggior parte dei cosmologi che descrivono la nascita dell’Universo richiedono la creazione di quantità uguali di materia e antimateria. Già, ma se all’inizio dei tempi si creò tanta materia quanta antimateria esse si sarebbero dovute annichilire e l’Universo, il nostro Universo, non potrebbe esistere.
Ma noi esistiamo. Ed è un paradosso. L’asimmetria tra materia e antimateria, ossia l’assenza apparente di antimateria nell’Universo, è uno dei grandi problemi irrisolti nella fisica delle particelle e nella cosmologia. Sarebbe tutto molto più semplice se nell’Universo vi fossero galassie, stelle e pianeti compo- sti da antimateria. Vorrebbe dire che, per cause comunque da spiegare, una parte di materia non reagì con l’antimateria iniziale, ma le regole sarebbero rispettate. Ed invece gli astronomi non hanno rilevato alcuna evidenza di isole di antimateria. Ma al di là della teoria come è possibile provare che subito dopo il Big Bang ci fu tanta materia quanta antimateria? Ci sono diversi elementi a sostegno, ma molto complessi da spiegare perché implicano nozioni di fisica quantistica. La prova più semplice la si può trovare nel cosiddetto «fondo di microonde a 3 gradi kelvin» che permea l’Universo. Si tratta di un mare di “fotoni”, ossia pacchetti di energia che vennero creati nelle fasi iniziali della storia dell’Universo proprio dall’annichilazione delle particelle con le antiparticelle. Essi erano allora molto energetici, ossia avevano un’enorme quantità di energia, ma lungo la loro storia che iniziò 13,8 miliardi di anni fa, per effetto dell’espansione dell’Universo hanno perso molta di quell’energia. Ecco perché hanno temperature bassissime. Ma c’è un fatto da sottolineare: i fotoni dovrebbero essere le uniche forme di energia esistenti nell’Universo, perché tutte le particelle dotate di massa dovrebbero aver subito il processo di annichilazione.
Ma noi esistiamo e così i pianeti, le stelle e le galassie. Va detto che comunque sia la materia è pochissima, perché ad ogni 100 milioni di fotoni esiste solo un protone, che è l’elemento base della materia. Ma non importa se sia tanta o poca, in ogni caso vuol dire che alcune particelle di materia si devono comportare in maniera impercettibilmente diversa dalle antiparticelle così da non annichilire. Dagli anni Cinquanta del secolo scorso si è scatenata una vera corsa alla ricerca del perché e per come ciò sia successo. La scoperta più importante la si deve a due fisici statunitensi, Jim Cronin e Val Fitch, i quali scoprirono una piccolissima variazione nel «decadimento», ossia nella trasformazione naturale di un particolare tipo di particelle chiamate «mesoni K0». Quelli che costituiscono la materia decadono in modo leggermente diverso rispetto a quelli che formano l’antimateria. Una strada per cercare la soluzione al problema era stata trovata. Ma manca una risposta alla domanda fondamentale: perché i mesoni K0 si comportano così? Tante sono le ricerche in atto per dare una risposta alla domanda, a cui se ne aggiungono di altro tipo, come quella dell’esperimento Cuore (Cryogenic Underground Observatory for Rare Events), inaugurato lo scorso 23 ottobre ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Infn per studiare le proprietà dei neutrini, altre particelle subatomiche che potrebbero dare una risposta al grande quesito. Ma la ricerca a volte sembra quasi far fare un passo indietro. Recentemente infatti, al Cern di Ginevra uno studio ha concluso che da un punto di vista delle cariche i protoni di materia e antimateria sono esattamente identici e quindi dovrebbero essersi annichiliti del tutto. Spiega Christian Smorra, uno dei ricercatori: «Un’asimmetria tra materia e antimateria deve esistere da qualche parte, ma non riusciamo a trovarla ». Per questo tipo di ricerca i fisici hanno utilizzato quella che viene definita una «trappola di Penning», che consiste in un dispositivo in grado di immagazzinare particelle cariche di materia o antimateria utilizzando un campo magnetico e un campo elettrico. Poiché non è semplice mantenere in vita una particella di antimateria senza che questa annichilisca con una particella di materia il lavoro è stato particolarmente complesso. I ricercatori tuttavia, sono riusciti a studiare particelle di antimateria per oltre 400 giorni complessivamente. Sono state sottoposte a campi magnetici estremamente intensi che hanno permesso di ottenere valori delle loro caratteristiche con una precisione 350 volte superiore a tutte le letture precedenti. I ricercatori tuttavia, sostengono che bisogna continuare questa ricerca attraverso due strade: la prima sfruttando le potenzialità dei supercomputer per simulare le condizioni che vi erano subito dopo il Big Bang e verificare se tali simulazioni portano a qualche nuova idea, la seconda quella di trovare nuove tecnologie ancor più perfezionate di quelle attuali per cercare in profondità le eventuali differenze tra materia e antimateria. Ma la strada sembra molto lunga.