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 2017  novembre 22 Mercoledì calendario

Profilassi in forte calo e teorie no vax: così è nato il decreto sui vaccini

Tutto è cominciato col morbillo. E coi dati impressionanti registrati a partire da inizio anno. I 238 casi registrati a gennaio, contro i 78 del 2016, erano solo un assaggio. A maggio eravamo a 2.719, contro i 392 dell’anno precedente. Un aumento del 593%, capace di far saltare sulle poltrone gli esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità: «Dovete intervenire» è il monito lanciato al governo a giugno. Quando l’Italia, di morbillo, comincia a contare anche le vittime: due in un mese, e due bambini (a novembre siamo arrivati a 4, con 4.794 casi segnalati).
In realtà del “digiuno” italiano da vaccini i numeri parlavano da tempo. La percentuale di copertura vaccinale del morbillo, in particolare, si era attestata all’85,29% nel 2015, con il valore più basso, pari al 68%, nella Provincia autonoma di Bolzano e il più alto in Lombardia, con il 90,3%. Cioè molto lontano dal 95%, considerato la soglia per garantire l’immunità di gregge. Pensare che quella percentuale media nel 2013, cioè appena due anni prima, era al 90,35%. Con molte regioni oltre la famigerata soglia.
«Colpa dell’antivaccinismo imperante», tuonano gli esperti. Ed è innegabile, di strambe teorie antivacciniste è intriso il web a partire da quella (pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet però, salvo poi essere smentita) che i vaccini causino l’autismo. Ma il tempo per fare cultura o controcultura non c’è più, e il ministero della Salute decide di intervenire con la decisione che ha sconvolto l’estate italia- na, dal Parlamento in giù: ripristinare immediatamente l’obbligo vaccinale. E per ben 10 profilassi: oltre alle quattro già obbligatorie (poliomielite, tetano, difterite, epatite B) anche Haemophilus influenzae B, pertosse, morbillo, parotite, rosolia e varicella. Dopo qualche perplessità iniziale (persino quella del governo di cui il ministro Beatrice Lorenzin fa parte) la proposta viene convertita in decreto e approvata. Con la piccola rivoluzione che ne segue: per i genitori, obbligati a documentare le avvenute vaccinazioni per garantire l’accesso a scuola dei figli; per le scuole, catapultate nell’incubo della raccolta e del controllo dei certificati;per le Asl, prese letteralmente d’assalto in tempi magri per gli organici.
Alla fine, nonostante tutto, ci siamo più o meno messi in pari. Col decreto, s’intende, e gli accessi ad asili e scuole, perché con le percentuali generali delle vaccinazioni potremo fare i conti soltanto il prossimo anno. Qualcuno ha fatto meglio: chi si era portato avanti, come l’Emilia Romagna per esempio, sta già raccogliendo risultati incoraggianti. La Regione aveva introdotto l’obbligatorietà dei vaccini per l’iscrizione al nido già a novembre 2016 e ha da poco annunciato una copertura complessiva (per difterite, tetano, poliomielite ed epatite B) del 96,6%, con punte del 99% in alcune province. Altrove si stanno limando le situazioni ancora “fuorilegge”: l’ultimo conteggio in Lombardia, dove si è adottata una linea più dialogante con le famiglie, parla ancora di 37mila documentazioni mancanti nella scuola dell’obbligo (6-16 anni) su una popolazione studentesca di un milione e mezzo di ragazzi. Un dato comunque incoraggiante se confrontato con quello del 2016, quando i non vaccinati erano 130mila (quattro volte tanti). Proprio in questi giorni c’è attesa per i bilanci delle altre regioni. Alcune hanno scelto procedure burocratiche diverse per individuare i non vaccinati: in Toscana, Sicilia, Calabria e Lazio le scuole girano l’elenco degli iscritti alle Asl (come si dovrà fare in tutta Italia obbligatoriamente dal 2019), in Piemonte, Liguria, Marche ed Umbria sono invece le Asl a chiamare le famiglie in base ai dati dei libretti vaccinali. Nel frattempo sull’obbligo dei vaccini una pronuncia c’è già stata, e proprio quella del Tar del Veneto. Tra i pochi – ma molto mediatici – casi di genitori che si sono presentati a scuola coi bimbi non vaccinati e in seguito all’esclusione dei piccoli hanno chiamato le forze dell’ordine c’è anche quello di una coppia di Villa Estense che, non contenta della baruffa messa in scena davanti all’asilo, ha deciso di rivolgersi agli avvocati e presentare un ricorso ai giudici amministrativi. Obiettivo: aggirare l’obbligo vaccinale. Risultato: nient’affatto, visto che la richiesta «difetta il presupposto del danno grave ed irreparabile, dato che il danno lamentato (impossibilità di accedere al servizio scolastico dell’infanzia) è eliminabile dai ricorrenti semplicemente adempiendo agli obblighi scaturenti dalla legge». Cioè vaccinare.
Ora tocca alla Corte Costituzionale rispondere alle obiezioni del Veneto, in una pronuncia che ha molto più peso. E per tutte le famiglie italiane.