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 2017  novembre 22 Mercoledì calendario

Il primo asteroide extrasolare

Appena è stato abbozzato il primo disegno, a tutti è venuta in mente un’immagine simbolo: il monolite di 2001: Odissea nello spazio. I punti di contatto tra il misterioso ospite nero creato dallo scrittore Arthur Clarke e tradotto in immagini dal regista Stanley Kubrick e l’asteroide 1I/2017 U1 (poi battezzato «Oumuamua») sono molti. A parte la forma, lunga, piatta e scura come un wafer al cioccolato, entrambi sono provenienti dall’esterno del Sistema solare.
«Oumuamua», parola hawaiiana che significa «il messaggero che viene da lontano e arriva per primo», è stato scoperto dall’astronomo Rob Weryk tra il 18 e il 19 ottobre con il telescopio Pan-Starrs1 alle Hawaii. Dopo un’attenta analisi della sua traiettoria iperbolica ottenuta anche grazie al telescopio europeo sulle Ande cilene e quelli spaziali Hubble e Spitzer, gli scienziati (tra i quali l’italiano Marco Micheli che opera al Neo Coordination Center dell’Agenzia spaziale europea a Frascati) sono concordi nel ritenere che non appartiene al nostro Sistema. Questa categoria di oggetti astronomici alieni era stata ipotizzata da decenni, ma mai erano state trovate le prove dirette della loro esistenza.
In base allo studio pubblicato sulla rivista Nature, l’asteroide sarebbe una lastra lunga 400 metri e un po’ meno di 40 in larghezza e spessore. I rapporti delle dimensioni sono simili al monolite del film che «guida» l’umanità dallo stato scimmiesco alla conquista del tempo e dello spazio. Varie le ipotesi sulla nascita dell’asteroide: «Forse è stato creato dalla collisione di due corpi planetari durante le prime fasi di formazione di un sistema simile al nostro», immagina Karen Meech, dell’Istituto astronomico di Honolulu.
Nel Sistema solare i nuclei cometari e gli asteroidi hanno forme diverse. «Oumuamua» ruota sul proprio asse di rotazione in 7,3 ore e la sua luminosità varia come nessun altro oggetto spaziale finora scoperto. Tutto ciò porta a ritenere che l’asteroide sia composto quasi interamente da roccia con una parte di metallo. La superficie è di colore rossastro, conseguenza dei milioni di anni di esposizione alle radiazioni cosmiche.
Oggi «Oumuamua» si trova a 200 milioni di chilometri dalla Terra e viaggia a una velocità di quasi 138 mila chilometri all’ora, rallentata rispetto al suo massimo avvicinamento al Sole. E soprattutto non ha nessuna possibilità di colpire il nostro pianeta: il passaggio più ravvicinato è avvenuto il 14 ottobre a 24,2 milioni di chilometri. «Questa scoperta apre nuovi orizzonti per lo studio di Sistemi solari oltre al nostro», dice Thomas Zurbuchen, scienziato della Nasa. Proveniente da un’area del cielo corrispondente alla costellazione della Lira, l’oggetto spaziale nel maggio del 2018 passerà non lontano da Giove e nel gennaio 2019 oltrepasserà l’orbita di Saturno per proseguire il suo viaggio interstellare in direzione della costellazione di Pegaso.