Libero, 20 novembre 2017
Dittatura dei pannoloni
Un incubo? Realtà? Andando a comprare il cabaret di cannoncini e babà, gli italiani hanno dato un’occhiata all’edicola sotto casa dove con le mollette stanno appesi i quotidiani. In cima, il Corriere della Sera. Titolo a tutta prima pagina: “Prodi torna in campo per un’intesa”. Repubblica idem: “Prodi media”. I cittadini hanno appreso così, con un certo spavento ma anche con orgoglio patriottico, che finalmente il professor Antonino Zichichi ci è riuscito: ha inventato la macchina del tempo. E l’ha bloccato a vent’anni fa, forse di più. Bravissimo. Prodi è lì ancora, che tesse il suo ricamo, con il medesimo ago, con gli occhietti aguzzi. E contro chi coalizza la sinistra? Indovina indovinello. Non sarà mica Berlusconi, per caso... E chi e come cerca di protestare contro il governo? Ma guarda: uno sciopero generale della Cgil. Accidenti che svolta, che precipitosa rivoluzione, crollano gli astri del firmamento per l’inaudita novità della compagnia cantante.
Riusciamo a rintracciare un unico precedente, di questo orologio cosmico bloccato o addirittura a marcia indietro, prima del prodigio di Zichici. Sta però nella storia sacra, che è un po’ più seria della nostra. Accadde circa tremila e trecento anni, quando Giosuè gridò per ordine di Jahvè: «Sole, fèrmati in Gàbaon e tu, luna, sulla valle di Aialon» (Giosuè, cap. 10, versetto 12). Il cronista biblico conferma il successo dell’intimidazione del Mossad: «Il sole restò sospeso e la luna rimase immobile finché il popolo non si vendicò dei nemici». La faccenda però allora si sbrogliò in una giornata, roba piccola, rispetto alla fauna surgelata o ben frollata che da noi si contende il potere. Si esaminino i fatti e si convenga dell’eccezionalità del fenomeno.
Si paragoni con quanto accaduto fuori dal teatrino politico: 1) Crisi economiche apocalittiche hanno abbattuto banche, disintegrato risparmi, si sono impiccati centinaia di imprenditori, il ceto medio è stato cannibalizzato. 2) Eventi calcistici hanno infranto sogni azzurri (che, a guardare le sceneggiate in tivù, dev’essere il culmine dell’Apocalisse). 3) Bin Laden non c’era, quando leggemmo nel 1995-96 i titoli sopracitati riproposti questa domenica, 19 novembre 2017 allorché Romano salì sul famoso pullman per sconfiggere il Berlusca. 4) Il capo di Al Qaida ha fatto in tempo ad arrivare, abbattere le Torri gemelle, crepare ed essere sostituito dal Califfo. Il quale non sta tanto bene neanche lui. In Italia le maschere del potere non cambiano, non perdono neanche i capelli, e se pare si siano allontanate un momento era per un bisognino, poi rieccole, sempre nel solito carosello della giostra, con i soliti vecchi bambinoni che cercano di afferrare la coda che dà in premio un altro giro, e la coda la acchiappano sempre.
Non è che l’Italia fuori dal Palazzo sia rimasta uguale. Tutt’altro. Le prove? Guardatevi in giro. Intorno, nelle città e nei paesi, è cambiato tutto. Persino la Chiesa si è sveltita, e muta Papa senza bisogno che muoia il precedente. Così Francesco, arrivato dall’Argentina dopo il Pontefice polacco (nel frattempo beatificato e fatto santo) e quello tedesco (dimessosi), ha sentenziato con buone ragioni: «Non stiamo vivendo un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca». Ah sì? Tutto vero. A Milano e a Roma, a Torino e a Napoli, ma anche a Comacchio e Acireale, sui marciapiedi non corrono i chierichetti in ritardo per servir messa, ma africani imbacuccati che fanno la posta ai passanti per l’obolo. Se vedi in giro un religioso con la tonaca, non è un frate, ma un imam. In politica invece tutto è uguale. E le promesse sono sempre quelle: abbattere le tasse (Berlusconi), più commercio con la Cina (Prodi), più dipendenti pubblici (sindacati), meno debito pubblico (tutti). Non a caso, come a maggio ha testimoniato il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia: «Dal 2000 a oggi il Pil italiano è rimasto invariato contro il +27% della Spagna. Il reddito per abitante è ai livelli del 1998». Chi era premier nel 1998? Prodi. Peraltro a sua volta la Confindustria allora sosteneva proprio Romano, dopo di che è riuscita a far scappare dalle sue fila il migliore, cioè Sergio Marchionne.
Li vediamo in corteo: Prodi, Berlusca e scalpita tuttora Napolitano, mentre Cirino Pomicino lancia lampi come Zeus. Nel mio piccolo, a proposito di Berlusconi, dico: anche se al suo posto andrei ai Caraibi, meno male che c’è stato e c’è, e raduna in rassémblement Salvini e Meloni, come 25 anni fa fece con Bossi e Fini, e minaccia di suonarle ancora agli ex comunisti e agli estremisti dei nostri anni, che non sono più di Democrazia proletaria e del Leonkavallo, ma sono stati rimpiazzati con i Cinque Stelle, capeggiati da un bravo comico che spaccava il video con Pippo Baudo. Ah sì, Beppe Grillo, trent’anni fa, stessi capelli.
Quello che doveva rottamare i vecchi capocomici, il Matteo Renzi, adesso chiama in soccorso il rottame più vecchio di tutti, però di ghisa, per convincere quella vecchia rozza di D’Alema a nitrire in coro con la puledra Boschi. Sarebbe come se nella raccolta di figurine Panini comprate all’edicola, il calciatore raro fosse Pizzaballa, e l’attaccante più ricercato fosse Sivori. «Fermate il mondo, voglio scendere». In effetti, il mondo politico si è fermato, come invocava il titolo dell’antico film con Lando Buzzanca. La differenza è che però non possiamo scendere.