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 2017  novembre 21 Martedì calendario

Intervista a Yusif Eyvazov: Alla prima della Scala io e mia moglie Anna ci daremo dei baci veri

Eccolo qui, l’Andrea Chénier di Sant’Ambroeus, il tenore che affronta il loggione in uno dei titoli più «da tenore» che ci siano. Alla Scala l’opera di Giordano manca da 32 anni (allora come oggi, con Riccardo Chailly sul podio): non solo perché nel frattempo è diventata un po’ démodé ma anche per la difficoltà di trovare voci all’altezza di una storia interpretativa intimidente. Il kamikaze si chiama Yusif Eyvazov, 40 anni, nato ad Algeri da una famiglia azera, cresciuto a Baku, nessun artista in casa, studi al Conservatorio perché voleva dedicarsi al pop. «E mia madre: massì, vacci, così ti diranno anche loro che sei stonato. Mamma ha sempre creduto in me», ride lui.
Eyvazov fu folgorato sulla via dell’opera grazie a un concerto della Caballé. Poi, anche nella vita privata: ha sposato Anna Netrebko, la primadonna più prima che ci sia, che nello Chénier della Scala fa Maddalena. È arrivata ieri: «E al solito, in casa non c’è abbastanza posto per le sue valigie». Eyvazov è un gran simpatico che parla un italiano perfetto: ha studiato a Milano.
Ricordi?
«Tanti. Alla mattina, facevo il barista. Al pomeriggio, il cantante. La sera, il cameriere in un ristorante. Mi mantenevo così. Però non ero contento».
Per il ristorante o per il canto?
«Per il canto. Ci ho messo dieci anni a trovare la mia voce. Mi facevano cantare Mozart o Donizetti ma sentivo, istintivamente, che il mio repertorio era un altro. Ed eccomi qui».
Con Anna da quanto siete sposati?
«Saranno due anni il 29 dicembre. Ma stiamo insieme da quattro. Galeotta fu Manon Lescaut all’Opera di Roma».
Si aspettano tutti che, per una volta, alla Scala Chénier e Maddalena si scambino baci veri.
«Lo facciamo sempre. L’unico problema è il rossetto. Bisogna che Anna ricordi di mettere quello che non sbava, altrimenti finisco la recita con la faccia a chiazze rosse».
Lo sa, vero, che arrivare con l’etichetta di marito della star è pericoloso?
«Alla prima è tutto pericoloso. So che sono alla Scala, che ci debutto, cosa vuol dire il 7 dicembre, com’è il loggione, che tradizione c’è per Chénier. So tutto e sono pronto a tutto. Quando mi proposero il contratto, due anni e mezzo fa, la prima reazione fu: siete matti».
Poi ha cambiato idea?
«No. Però ho pensato che ci sono passati tutti, anche i più grandi, che finché non ci provi non saprai mai com’è, e che comunque vada è meglio prendere dei fischi che avere dei rimpianti. Ci metterò tutto me stesso, la mia passione, i miei vent’anni di lavoro, poi vada come vada. L’Italia è la mia seconda patria, Milano mi ha accolto, Sant’Ambrogio mi aiuterà».
Lei è cristiano?
«Musulmano sunnita».
Quando le hanno offerto la prima, Anna cosa le ha suggerito?
«Di accettare. Mi ha detto che, visto che potevo faro, dovevo anche farlo. Ma si sa: lei è un carro armato».
Come sarà vestito?
«In scena? Mario Martone ha fatto uno spettacolo molto classico, bellissimo, con scene e costumi straordinari. Questo, inutile dirlo, aiuterà tutti».
Dica anche come sarà vestito alla cena di gala. Gli outfit suoi e di sua moglie sono sempre – come dire? – molto spettacolari...
«Un po’ folli, vero? Ma ci piace così. Sono ancora indeciso, ma credo che sceglierò Dolce & Gabbana. Loro riescono sempre a stupire».
Con Chailly come va?
«Benissimo, è un grande musicista. La sua visione dell’opera e della mia parte è completamente diversa da quella che avevo io. Me la sta smontando e rimontando. La mia prima reazione è stata il panico, ora capisco che ha ragione».
Gli Chénier che preferisce?
«Direi Gigli, Del Monaco e Corelli. Con molte scuse a Domingo e Carreras».
Il momento più difficile?
«L’Improvviso del primo atto. È il mio biglietto da visita».
La prima è un grande stress. Che fa quando non prova?
«Giro per la città, cerco i posti dove ho vissuto. E vado a trovare i miei ex colleghi camerieri».
E per rilassarsi?
«Dei film. Più stupidi sono e meglio è. Ieri, uno con Arnold Schwarzenegger».
Il bocca al lupo che si aspetta?
«Quello di Domingo. Non so come faccia, ma si ricorda di ogni ricorrenza. Sono sicuro che il 7 si farà vivo. Alla fine, spero di essere ancora vivo anch’io».