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 2017  novembre 21 Martedì calendario

Germania, Merkel in bilico

BERLINO Potrebbe essere iniziata una pericolosa “Merkeldammerung”; un crepuscolo che toglie il respiro perché non sembrano esserci alternative credibili. Né in Germania, né sul piano internazionale. Certo è che il naufragio del primo tentativo di Angela Merkel di mettere insieme un governo con i Verdi e i liberali pare aver smentito la sua fama di negoziatrice fuoriclasse. E la cancelliera ne esce talmente ammaccata che ieri, a microfoni spenti, gli scenari a brevissimo senza di lei – impensabili fino a pochi mesi fa – si sono moltiplicati.
In serata la cancelliera si è affrettata a smentire di volersi dimettere, ha dichiarato che nel caso di nuove elezioni si ricandiderà per la Cdu e ha aggiunto, lapidaria: «Io penso che la Germania abbia bisogno di stabilità». Già, ma quello che in molti si chiedono è se la cancelliera sia ancora in grado di garantirla. Soprattutto, il bisogno di smentire tradisce già una enorme fragilità.
Negli anni, i tedeschi hanno imparato persino a perdonarle la machiavellica abilità tattica – virtù che in Germania suscita più diffidenza che ammirazione – grazie alla sua capacità di garantire una stabilità tale da narcotizzare ogni discussione politica e occupare tutto il centro della scena politica.
Non a caso, la crisi più grave della rassicurante ‘nuova epoca Biedermeier’ merkeliano che ha cullato la Germania in questi ultimi dodici anni, è stata l’emergenza profughi, e per un solo motivo: milioni di tedeschi hanno avuto, a torto o a ragione, la netta sensazione che avesse perso il controllo della situazione. La prima crepa nella sua reputazione di roccia nelle intemperie.
La verità è che quell’estate 2015 delle ‘porte aperte’ ha già rischiato di interrompere la sua carriera. Poi, lentamente, la cancelliera è riuscita a riconquistare l’elettorato tedesco sull’onda di tre shock esogeni: la Brexit, l’ascesa dei populismi e la nomina di Donald Trump alla Casa Bianca. La sua nomea di ‘ultimo baluardo dei valori occidentali’, la sua incontrastata autorevolezza ai tavoli europei e internazionali, le hanno consentito di riguadagnare terreno in Germania, e di veleggiare verso una quarta candidatura e la vittoria alle elezioni, seppure con un risultato per la Cdu che ha risentito, appunto, della crisi dei profughi.
Merkel si è fatta scudo di questa straordinaria reputazione internazionale, nell’illusione di far dimenticare in Germania i malumori sui profughi, fino ad annunciare un forte rilancio del progetto europeo attraverso la molto pubblicizzata sintonia con Emmanuel Macron. Ma proprio il rilancio del ‘motore franco-tedesco’, l’Europa a più velocità, le convergenze su difesa e sicurezza, la riforma dell’eurozona sembrano piani destinati nel caos politico tedesco dei prossimi mesi a finire in parte nel congelatore. Rendendo ancora più palese la fragilità della leader conservatrice.
Anche sul piano globale, Merkel è stata giustamente dipinta, specie dopo l’arrivo di Trump, come un porto sicuro in un mare agitato. Ma se dovrà dedicarsi ad affrontare uno dei tanti scenari che si fanno in queste ore a Berlino, sarà azzoppata per mesi. E molti si chiedono chi terrà testa ai Putin, ai Trump, agli Erdogan, agli Orban e agli altri autocrati con i quali Merkel è riuscita a mantenere comunque un canale di dialogo.
Se il Paese più potente d’Europa sarà troppo occupato con se stesso per respingere le istanze antidemocratiche che vengono dagli autocrati in vertiginoso aumento, e per resistere alle tenaglia americano-russa garantendo la prosecuzione e il successo del progetto europeo, la Merkeldaemmerung non può che fare paura.