ItaliaOggi, 21 novembre 2017
Macron vuole la liberale Vestager al posto di Juncker: mossa che prelude al pensionamento di Angela Merkel
Mentre gli altri leader europei sono costretti a muoversi come anatre zoppe, il presidente francese Emmanuel Macron si porta avanti con il lavoro per costruire un’Europa non più succube in toto della Germania di Angela Merkel. Quest’ultima, pur avendo vinto le elezioni in settembre, non riesce a costituire il nuovo governo e, dopo la rottura della trattativa con Verdi e Liberali, rischia di affrontare una nuova tornata elettorale.
Theresa May, causa Brexit, è ormai fuori dai giochi. Quanto all’Italia, nessuno può dire chi sarà il prossimo premier, dopo le elezioni in primavera. Così Macron ha deciso di giocare d’anticipo, facendo circolare nei corridoi di Bruxelles un’indiscrezione secondo la quale avrebbe già pronto il nome giusto per sostituire Jean-Claude Juncker alla guida della Commissione europea: si tratta della danese Margrethe Vestager, 49 anni, commissario Ue all’Antitrust, esponente del gruppo liberale Alde nel Parlamento europeo, considerata la donna più potente in Europa dopo la Merkel.
L’attuale Commissione Ue, eletta nel 2014, dovrà essere rinnovata nel 2019 per altri cinque anni. Il presidente Juncker ha già dichiarato che non intende avere un secondo mandato, cosa peraltro assai improbabile, visti i suoi numerosi insuccessi. Vi è dunque un anno di tempo perché i 28 Paesi membri dell’Unione europea trovino un accordo sul nome del successore e su quelli dei 28 commissari, uno per Paese. Il nome della Vestager per la presidenza non è stato rivelato direttamente da Macron, bensì da tre alti dirigenti del Parlamento europeo, che l’hanno spifferato al sito Politico.ue, il quale l’ha immediatamente rilanciato. Secondo alcune fonti, Macron avrebbe già informato della sua scelta anche Joseph Daul, presidente del Ppe (Partito popolare europeo), di cui fa parte la Merkel. Ma Daul ha smentito l’indiscrezione, senza però pronunciarsi sul nome della Vestager. La mossa di Macron rischia infatti di essere spiazzante per il Ppe, primo partito in Europa, per più di un aspetto.
Ufficiosamente, il leader francese avrebbe deciso di puntare sulla Commissaria Ue all’Antitrust per tre motivi: Vestager sta svolgendo bene il suo lavoro di Commissario, senza farsi mettere i piedi in testa dalle multinazionali Usa del web; è una donna, dunque funzionale a un equilibrio di genere nelle istituzioni Ue; soprattutto, è una convinta sostenitrice di un’Europa con più poteri, esattamente come lo è il presidente francese, favorevole a un unico ministro delle Finanze europeo, con poteri sovranazionali.
Ma c’è di più. In realtà, quale esponente dell’Alde, che nel Parlamento europeo è il quarto partito, la Vestager avrebbe ben poche carte per conquistare la presidenza della Commissione Ue. Per questo, dietro il sostegno del presidente francese, alcuni avanzano un’ipotesi che ha del clamoroso: finora Macron non ha deciso a quale gruppo del Parlamento europeo iscrivere il proprio partito «En marche», uscito vincitore dalle ultime elezioni francesi. Certo, in passato Macron è stato membro del governo socialista francese, ma il suo nuovo partito ha vinto e si distingue per il programma d’impronta liberale. Così vi è chi vede nel futuro Parlamento europeo un’alleanza tra l’Alde e gli eurodeputati di Macron, che potrebbe fare dell’Alde (o come si chiamerà) non più il quarto, ma il secondo partito europeo, in grado di scavalcare i socialisti e giocare alla pari con il Ppe della Merkel.
Per ora sono soltanto ipotesi. Ma dietro un simile disegno si intravede sempre più lo stile decisionista con cui Macron sta giocando il ruolo di «nuovo leader d’Europa», attribuitogli da una recente copertina dell’Economist, per portare la Francia al centro della scena politica europea, dopo decenni nel coro, sia pure in prima fila, a cantare e ballare al suono delle musiche imposte da Berlino. Piaccia o meno, è evidente che la Francia si è già data un programma politico suggestivo in vista delle prossime elezioni europee (pensionare di fatto Angela Merkel), mentre in Italia ci si balocca ancora sul risultato del 2014 e sul 40% di Matteo Renzi. Come se tra la luna e il dito, si continuasse a guardare il dito.