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 2017  novembre 21 Martedì calendario

Dai greci antichi al calcio: se sceglie il caso

Dall’Europa della moneta all’Europa della monetina. L’ironia è facile e non deve meravigliare che i social network si siano sbizzarriti nei giochi di parole, anche se Milano ha perso, tecnicamente, alle buste. Ma parlando di sorteggio, è inevitabile che il riflesso automatico ci riconduca alla sera del 5 giugno 1968, quando l’Italia di Albertosi, Facchetti, Riva, Rivera e Mazzola si giovò del lancio di un cento lire per far fuori l’Unione Sovietica e accedere alla finale contro la Jugoslavia. Sempre di Europa si trattava, ma di un’Europa diversa. E dunque si può anche sospettare che a punirci, ieri, sia stata la Nemesi, la giustizia distributiva della mitologia greca.
Ineluttabile fatalità, un po’ ridicola oltre che amara. Possibile che dagli antichi greci a oggi, almeno per le decisioni più delicate, i tecnocrati dell’amministrazione e della politica non abbiano escogitato niente di meglio che affidarsi all’escamotage più arcaico, l’irrimediabilità del Fato nella sua espressione più beffarda, ovvero l’estrazione o il sorteggio? Più precisamente la «cleromanzia», dal greco «kleros» (sorte) e «manteia» (arte divinatoria): lasciare che sia il caso a prendersi la responsabilità degli eventi è una pratica antichissima a ogni latitudine.
Figurarsi che nella democrazia ateniese il sorteggio era una procedura abituale per scegliere alcune cariche pubbliche, attraverso lo strumento del «kleroterion», una banale tavoletta in bronzo con varie serie di fessure orizzontali in cui venivano infilati i patronimici dei candidati da cui pescare alla cieca. E l’esempio sarebbe stato seguito non solo dai romani ma anche da diverse città-stato italiane nel Medioevo e persino nel civilissimo Rinascimento.
D’altra parte, al netto del dispiacere per lo scacco milanese, come negare che la variabile della fortuna, anche quando non si coniughi nella forma sfacciata del sorteggio, abbia sempre inciso nelle vicende umane, ben prima di imporre la sua legge spietata sulla sede dell’Agenzia Europea del Farmaco? La «fortuna», latinamente, contiene il positivo e il negativo, come la «sorte» che contiene il suo contrario. Lo sapeva bene anche Mattia, il discepolo di Gesù che, come raccontano gli Atti degli Apostoli, fu baciato dalla fortuna allorché Pietro dispose che fosse un sorteggio a designare il sostituto del traditore Giuda Iscariota nel collegio degli apostoli: il destino (o meglio la volontà divina) scelse lui e tagliò fuori il povero Giuseppe.
Nel Re Lear, Edmund, figlio illegittimo del conte di Gloucester, considera una follia l’abitudine degli esseri umani, contrariati dalla cattiva sorte, di maledire il sole, la luna e le stelle: e non cambierà idea neppure in punto di morte, quando dirà semplicemente, senza particolare accanimento, che la «ruota della fortuna ha compiuto il suo giro». A Calderoli, che ieri ha urlato alto e forte il suo «vaffa», basterà leggere Shakespeare per consolarsi?
La ruota, la monetina, le palline, le buste, l’urna del Superenalotto che esattamente un anno fa ha regalato la bellezza di 165 milioni a un giocatore di Vibo Valentia. Cambiano le immagini e gli strumenti, ma la dea bendata decide pur sempre come vuole (nel migliore dei casi senza trucco e senza inganno) nel bene e nel male. Per Manzoni c’è una Provvidenza capace di mettere le cose al loro giusto posto. Una sorta di nemesi cattolica.
Nel frattempo, rimangono la beffa, l’amarezza e una sfilza infinita di «se»: se, se, se... Ne abbiamo sentiti parecchi nei giorni scorsi. Se il sorteggio non avesse inserito la Spagna nel girone dell’Italia, se ai playoff non ci avesse assegnato la Svezia, ma l’Irlanda del Nord, se la traversa... Vabbè, ma se la monetina del San Paolo, quell’estate di 49 anni fa, si fosse rovesciata dall’altro lato? In fondo, è la «cleromanzia» europea, bellezza!