Corriere della Sera, 21 novembre 2017
Se nella Ue decide la monetina unica
«Chi vince festeggia, chi perde spiega», diceva Julio Velasco. Ma qui c’è ben poco da spiegare. Come in una riffa natalizia al club del dopolavoro, un’estrazione a sorte ha deciso che sarà Amsterdam la nuova sede dell’Ema, l’Agenzia Ue del farmaco, in uscita da Londra in conseguenza della Brexit.
U na beffa crudele per Milano, sempre largamente in testa nelle prime due votazioni e alla fine alla pari, con 13 voti ciascuno, con la capitale olandese.
Il dato più sconvolgente di questo esito è nella scelta di una procedura a dir poco demenziale e molto ipocrita, che prima ha chiesto ai Paesi candidati di presentare dei dossier tecnici altamente complessi e sofisticati senza però tenerne alcun conto, visto che tutte le città in lizza (tranne tre che si sono ritirate) sono andate allo show down finale. E poi ha previsto che in caso di parità alla terza votazione, fosse un sorteggio a decidere il vincitore.
Diciamolo diversamente: la sede di una delle più importanti agenzie della Ue, forte di quasi 900 dipendenti, perno dell’industria farmaceutica europea, motore della più avanzata ricerca bio medica, capace di muovere un indotto da oltre 1,5 miliardi euro l’anno, è stata decisa con il lancio della monetina. Idem per l’Eba, l’Agenzia bancaria europea, anch’essa assegnata a sorteggio a Parigi, dopo che al terzo round la capitale francese era finita in parità con Dublino. Quale giovamento possano trarre da una simile bizzarria la credibilità dell’Europa e la sua empatia presso i cittadini dell’Unione, è un mistero buffo, se non fosse anche inquietante.
Certo, se la busta estratta fosse stata quella con il nome di Milano, oggi saremmo qui a festeggiare, senza andare tanto per il sottile. Inoltre bisogna anche dire che la sorte in questo caso ha arriso al merito: insieme a quella presentata da Milano, infatti, la candidatura di Amsterdam era sicuramente nel piccolo gruppo dei migliori, con strutture e condizioni di qualità assoluta. Lo stesso vale per Parigi con l’Eba.
Poi si può riflettere sul dispetto della Spagna, unico Paese del fronte mediterraneo a non averci votato. Oppure sul «biscotto» nordico, che ha fatto confluire su Amsterdam4 dei 5 voti avuti da Copenaghen alla seconda votazione. O ancora sulla infantile astensione della Slovacchia, che vista sconfitta Bratislava al primo turno ha rifiutato di scegliere, determinando la parità. Non andremmo lontani. Il punto vero è che si trattava di una scelta troppo seria per trasformarla in una ruota della fortuna.
Resta, per una volta, la grande prova da «sistema-paese» offerta dall’Italia. Governo, regione, comune e imprenditoria hanno lavorato in piena sintonia e in un’unica direzione, costruendo una candidatura formidabile e unanimemente apprezzata. Ci siamo dovuti arrendere solo davanti al caso, dopo aver costruito alleanze ad ampio spettro, ben oltre l’orizzonte mediterraneo. E non è stato uno sforzo inutile. Milano si è imposta all’attenzione generale come la vera capitale della modernità italiana, una città globale, ben collegata, con strutture di prim’ordine, un sistema sanitario e scolastico d’eccellenza, un’offerta culturale senza timore di confronti, tutto quello che oggi chiede chi vuole investire nel futuro. E quell’urna sbagliata di ieri pomeriggio a Bruxelles può essere la beffa da cui ripartire.