Libero, 18 novembre 2017
Arriva il camion a batterie ma nessuno lo comprerà
Il colpo di scena degno di un Oscar è stato tenuto in serbo per il grande finale della presentazione show di Los Angeles. Alla fine della serata dedicata al camion elettrico, l’ultima creatura sfornata da Tesla, grazie ad uno strepitoso gioco di luci ed immagini, dal Tir virtuale proiettato sullo schermo è sbucato la sagoma «dell’auto più veloce di sempre», la Roadster 2, che riprende nel nome il primo modello della casa, anno 2008. Ma solo nel nome, perché la sportiva a quattro posti accolta dall’ovazione dei fans promette prestazioni da fantascienza: un’accelerazione da zero a 96 chilometri in meno di due secondi, grazie a tre motori, «capace di dar la polvere alle sportive a benzina» più un’autonomia di mille chilometri garantita da 200 chilowatt di batterie.
Un gioiello che si può prenotare con “soli” 45.000 dollari. Il resto (altri 205.000 dollari), si pagherà alla consegna, a partire dal 2020. Ma Roadster 2 è stata solo la ciliegina sulla torta di una serata storica che ha visto Tesla annunciare il suo ingresso nei veicoli pesanti, grazie a Semi, il primo Tir elettrico di serie, deciso ad anticipare lo sbarco sul mercato dell’autoarticolato che Daimler ha presentato al salone di Tokyo. Il modello tedesco, però, ha un’autonomia di 350 chilometri, meno della metà degli 800 garantiti da Semi. «Visto che l’80% dei viaggi dei camion si svolge entro un raggio di 400 chilometri ha spiegato Musk alla platea un autista potrà fare la consegna e tornare indietro senza dover fermarsi per una ricarica delle batterie». Non solo. Musk assicura che «impiegare per le consegne un convoglio di tre Semi conviene rispetto anche al treno». Provare per credere, ma solo alla fine del 2019, quando saranno pronti i primi Tir elettrici.
Nel frattempo è possibile prenotarsi per il modico anticipo di 5 mila dollari. Un’inezia per un gioiello che promette di rivoluzionare la vita di chi trasporta merci. Non solo perché, grazie ai nuovi Megacharger «il vostro camion viaggerà alla luce del sole» grazie ai pannelli fotovoltaici prodotti da Solar Power (un’altra azienda di Musk), ma per le comodità garantite dal design d’avanguardia: cabina del guidatore più spaziosa, video di bordo, comandi touchscreen, quatto ruote motrici grazie a quattro propulsori già montati sulla Tesla modello S.
Insomma, altri due colpi di genio di Musk, l’inventore sud africano che a soli 12 anni aveva creato e venduto per 500 dollari un programma per videogiochi (ancora oggi in commercio). Un genio con il bernoccolo dei buoni affari visto che ha scoperto il sogno di ogni industriale: farsi finanziare in anticipo la produzione.
I conti sono presto fatti. La prima serie di auto sportive, battezzata “Roadster Founder Series 2”, prevede mille vetture che comportano anticipi per 45 mila dollari ciascuna. Ovvero 45 milioni che entreranno entro Natale nelle tasche di Musk più altri 405 milioni da versare entro il 2020.
Ma, dato il precedente di Model S, è dubbio che Musk riesca a rispettare l’obiettivo: l’inventore aveva promesso la produzione e la consegna di 5 mila elettriche di massa a partire da settembre. In realtà, Tesla ne ha sfornato solo 126 in tutto.
Insomma, il genio come industriale ha fatto cilecca. Ma il mercato glielo ha già perdonato: con solo 26.150 vetture vendute in un anno, Tesla capitalizza a Wall Street 51 miliardi di dollari. E nessuno, nel corso dello show di Los Angeles, gli ha chiesto una spiegazione del flop della produzione di Model S. E lui si ben guardato dal farne anche solo un cenno.