la Repubblica, 18 novembre 2017
«Mamma, non fuggire sono nata da quello stupro ma non è colpa mia». Intervista a Luisa Velluti
«Nonostante tutto mi auguro un giorno di poterla vedere. Mi dispiace se ha sofferto per una violenza ma da quel rapporto è nato anche qualcosa di buono, che sono io». Luisa non si arrende nemmeno stavolta. Il colpo è stato duro, ma la parola mamma è pur sempre la prima che esce dalla bocca di un bambino. E anche se ora quella bambina è una donna, la parola è cresciuta dentro di lei, fino a diventare un sogno. Luisa Velluti è stata adottata all’età di due mesi. Oggi ha 29 anni, lavora come parrucchiera nel salone di Falcade (Belluno) gestito dai genitori adottivi, ha un fidanzato e una vita piena di amici. Ma il suo desiderio più grande è conoscere colei che l’ha abbandonata pochi giorni dopo la nascita. Un pensiero fisso che l’ha spinta a scrivere al Tribunale dei minori e perfino alla trasmissione Chi l’ha visto?
Un sogno cullato per tanto tempo, fino all’arrivo di quella lettera: «Per me sei solo la più dolorosa ferita che ho avuto a 18 anni. Tutto sognavo e tutto potevo sperare, ma non certo la violenza che ho subìto e di cui tu sei simbolo. Non ho scelto io di chiamarti così né di averti».
Non è facile rialzarsi dopo una simile risposta.
«Sto abbastanza male infatti. Non è la lettera che ti aspetti dalla persona che ti ha messo al mondo. Sono parole glaciali».
Sono anche parole di una donna ferita. Ci ha pensato?
«Vedo tanta rabbia in quelle parole. C’è un passaggio in cui scrive addirittura che in me rivede “quei maledetti occhi azzurri”. Ma io non ho nessuna colpa. È una lettera anonima, coltivo ancora la speranza che sia uno scherzo di cattivo gusto».
Crede sia uno scherzo?
«A dire il vero no, penso sia veramente mia madre che ha scritto. Sto provando a mettermi nei suoi panni per dare una spiegazione a parole che io non avreiusato mai».
Da quanto tempo la cerca?
«Ho saputo che ero stata adottata quando ancora andavo all’asilo. Ci ho sempre pensato ma sapevo che dovevo attendere i 18 anni per i passaggi formali. In realtà per fare la richiesta al Tribunale dei minori ce ne vogliono 25 e così la richiesta d’incontrarla ho potuto farla solo quattro anni fa. Dopo un paio d’anni il Tribunale mi ha comunicato che non si era presentata all’udienza, evidentemente perché non aveva alcuna intenzione di conoscermi».
Poi sono arrivati i suoi appelli in tv e sui giornali. E ora quella lettera. Cosa cerca davvero?
«A me non manca niente, i miei mi hanno dato tutto: amore, sostegno, un lavoro. Però vorrei vedere la donna che mi ha dato la vita».
Come se la immagina?
«Bionda e con gli occhi azzurri, non tanto alta. Come me».
Una lettera del genere non fa passare la voglia di cercare?
«L’ho letta e riletta. L’ho imparata a memoria. Ho cercato di andare oltre quei freddi caratteri al computer. Pensare di essere frutto di una violenza fa male, è un pugno allo stomaco ma ho sempre la speranza che un giorno si presenti qui in negozio e mi dica: Luisa, sono io, eccomi qua».
Cosa le direbbe?
«Che non è sola. Anzi, la aiuterei a superare il dolore. In questi giorni ho ricevuto tanti messaggi di solidarietà, ma ne mancava uno, quello che desidero di più».