la Repubblica, 20 novembre 2017
Cacciatore di centenari
ROMA. «”Buongiorno, potrei avere un po’ di Dna del nonno?”. Le mie telefonate ed email iniziano pressappoco così» spiega James Clement, il cacciatore di supercentenari, o meglio, dei loro genomi. Clement, fondatore dell’associazione nonprofit betterhumans. org, è un transumanista: come Sergey Brin, Larry Page e altri big della Silicon Valley vuole estendere la durata della vita umana con la biotecnologia. La strada che ha scelto, insieme al genetista George Church dell’Università di Harvard, è di sequenziare il maggior numero possibile di genomi di supercentenari per isolare un ristretto insieme di geni sui quali la medicina possa intervenire – con farmaci o terapie geniche – per allungare la vita di chiunque lo desideri.
L’ostacolo più grande? I supercentenari sono pochi, meno di 150 in tutto il mondo, e scovarli è un’impresa degna di un detective. Clement ha sviluppato una sua tecnica e ad oggi ha sequenziato 35 dei loro genomi – e li ha resi accessibili a qualunque ricercatore che voglia studiarli, sul sito supercentenarianresearch. com.
Ma che indicazioni potrà dare un numero così esiguo di campioni? «Per George Church quando i fenotipi sono così rari, anche un campione ridotto può già dare indicazioni interessanti. Altri ricercatori, come Craig Venter, abituati a studiare genomi di decine di migliaia di malati di cancro per individuare terapie geniche, sono più scettici sui piccoli numeri». In effetti, qualche gene ricorrente nei supercentenari è stato scovato: «Soprattutto il gene PC-SK9. Chi nasce con una variante “spenta” di questo gene sviluppa un bassissimo livello di colesterolo» conferma Clement. «Un altro gene in comune, il gene APOE, esprime l’apolipoproteina E che trasporta il colesterolo. Una sua variante riduce il rischio cardiovascolare e protegge dall’Alzheimer».
La caccia di Clement ai supercentenari è condotta quasi come un lavoro da investigatore: «Ho creato dei Google Alerts che mi avvisano quando qualcuno scrive sul web frasi che riguardano i compleanni oltre il 105esimo. Poi con lunghe ricerche su Internet e usando mailing list come World’s oldest people, che ha corrispondenti da tutto il mondo e che segnalano articoli, date di nascita e annunci di ultracentenari. Una volta trovati i suoi “bersagli”, Clement parte, si presenta e chiede, non senza un qualche imbarazzo, un campione di Dna. «Più di un supercentario mi ha detto: “Abbiamo ricevuto questo dono della salute e ci fa piacere condividerlo con gli altri”. Tutti gli over 110 hanno avuto delle vite pressoché a prova di malattia. James Sisnett, nativo delle Barbados, che ha vissuto fino a 113 anni, è stato dal medico solo una volta, a nove anni, per un mal di denti. Cura prescritta: un bicchiere di rum». Un’altra supercentenaria, Leila Denmark, medico, è andata in pensione a ben 103 anni. «Già, e appena smesso di lavorare ha viaggiato per il mondo fino a 106 anni. E poi è scomparsa a 114. A dir suo, il suo segreto è aver evitato di mangiare troppo zucchero» spiega Clement. «Ma il salutismo è un’eccezione. Diversi di loro hanno fumato per novant’anni – come il tedesco Johannes Heesters (108 anni) – o bevuto vino normalmente». Tra gli incontri più suggestivi, quello con l’italiana Emma Morano, scomparsa quest’anno a 117 anni. «Nel 2011 sono andato a trovarla a Verbania. Mi ha chiesto quanti anni dimostrasse in un suo ritratto. Vedendo quella donna giovane e bella io azzardai: “Trent’ anni?” E invece ne aveva 58» ricorda Clement. Un tratto comune agli over 110 è che in ogni momento della loro vita adulta hanno dimostrato almeno vent’anni di meno della loro età anagrafica. Ma c’è anche qualcos’altro che li unisce: «Mi sembrano tutti più felici e socievoli della media. Non sappiamo però se è questo che li mantiene giovani, o è piuttosto la loro supersalute a farli stare allegri».