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 2017  novembre 18 Sabato calendario

Zucchero: «Non faccio l’asino per incantare i giovani»

MILANO Gli sarebbe piaciuto chiamarlo «Il raccolto». Perché dava bene l’idea di un’abbondante e florida produzione maturata in questi 30 anni di carriera. «Poi però mi sono ritrovato tra le mani uno scatto che un fotografo di 18 anni mi ha fatto appena prima di salire sul palco. Si vedono le rughe, sembro un vecchio, un ricercato. Però sono io». Così Zucchero ha deciso di battezzare «Wanted» l’antologia monumentale che la sua casa discografica gli ha regalato («una cosa così raffinata la aspettavo da tempo») per chiudere questo primo grande capitolo della sua vita annegata nel blues all’italiana. 
«Ma io non faccio blues, ci attingo e basta. Come nessuno può dire di far rock in Italia. Non abbiamo le radici in questi generi. Qui al massimo possiamo fare delle infarinature. Io posso dire di avere un’anima simile a loro, nonostante sia bianco» racconta. Dopo aver infiocchettato «Wanted» in anticipo per gli alberi di Natale, Zucchero tornerà a girare l’Italia con un tour di dieci date che partirà il 26 febbraio da Padova. Non lo faceva da più di quattro anni, dato che aveva preferito girare il mondo o fare da artista resident all’Arena di Verona, con il record di 22 show in un anno: «Abbiamo un centinaio di canzoni pronte, potremmo cambiare scaletta ogni sera».
In «Wanted» c’è tutta la carriera del cantautore: c’è anche una raccolta extra-large in cui ci sono addirittura 10 cd, un dvd, un docufilm, quasi 200 canzoni di cui tre nuove e inedite.
Oltre a documenti rari come il fax di Bono che si propone di scrivere il testo nella versione inglese di «Miserere» o una corrispondenza con Pavarotti. Di duetti è piena la carriera di Zucchero. Pure nei cassetti sono rimasti inediti molto buoni: «Ho due brani con Miles Davis, uno con Joe Cocker dal vivo, un altro con i Blues Brothers in formazione originale. Ma bisogna vedere come suonerebbero in studio prima di pensare di pubblicarli».
Pochi i rimpianti: «Forse non aver mai fatto un tour all’estero ai tempi di “Senza una donna”». Si è consolato negli anni, facendo le valigie per i cinque continenti con una regolarità rara per un italiano e collezionando un milione di spettatori nei 137 concerti del «Black Cat Tour»: «Sempre cantando in italiano, perché la musica parla». 
Negli anni sono cambiate un po’ anche le fonti di ispirazione: «Ascolto sempre meno Marvin Gaye e Aretha Franklin e sempre più i padri fondatori del blues. Suoni rudimentali e grezzi, anche se sembrano sempre uguali emozionano per i piccoli dettagli».
Zucchero è così, duro, ma puro: «Non so leggere la musica, ho sempre seguito solo quello che mi diceva l’orecchio. Ora non mi metto a fare l’asino per guadagnarmi il pubblico giovane. Al limite saranno i loro padri a fargli scoprire la mia musica. È successo anche con mio figlio che è arrivato a 20 anni fissato col rap poi ha scoperto Hendrix o i Beatles».
Ora che con «Wanted» ha pubblicato l’autoscatto più fedele di questi 30 anni, inevitabile chiedersi cosa succederà da domani. «Mi piacerebbe fare un disco di cover dei brani che avrei voluto scrivere io. Però poi l’ambizione mi dice di aspettare e concentrarmi per fare il disco più bello della mia vita. Quello perfetto per chiudere tutto e magari lasciare il music business e suonare solo dal vivo. Quando sarà il momento lo potrò giudicare solo io, col cuore. Per chiudere al meglio».