La Stampa, 18 novembre 2017
Libano, l’offensiva contro Hezbollah diventa economica
Il presidente francese Macron ha fatto sapere che riceverà oggi Saad Hariri come primo ministro del Libano». Il leader libanese tornerà poi in patria «nel giro di qualche giorno o settimana». La mediazione francese ha sbloccato la crisi politica e a Beirut ora la convinzione è che Hariri ritirerà le dimissioni, «estorte» dall’Arabia Saudita. Ma l’offensiva di Riad contro Hezbollah e di riflesso contro tutto il Paese dei Cedri non è finita. Le pressioni sono adesso di tipo economico. Negli ambienti vicini alla presidenza si teme che i sauditi riescano a convincere gli Stati Uniti a procedere con un nuovo giro di vite nei confronti del sistema bancario, accusato di «riciclare i proventi illeciti» del Partito di Dio. L’offensiva ha poi messo in difficoltà il governo libanese su un altro fronte, quello dello sviluppo dei giacimenti di gas offshore. Il ministro degli Esteri Jabran Bassil, leader del movimento cristiano «Fronte patriottico» e genero del presidente Michel Aoun, ha denunciato ieri, durante il suo incontro a Mosca con il collega Sergei Lavrov, il blocco del «primo contratto per lo sviluppo di giacimenti, con la partecipazione di compagnie russe», sul punto di essere firmato. Un duro colpo alle speranze di rendersi indipendenti a livello energetico e risolvere il problema cronico dei black-out elettrici. Ma c’è un’altra leva economica in mano ai sauditi che spaventa Beirut: le rimesse degli emigrati nel Golfo. Sono quattrocentomila e inviano ogni anno sette miliardi di dollari in patria, circa l’8 per cento del Pil. Il blocco di questo flusso, o ancor peggio delle centinaia di migliaia di conti correnti che possiedono nei Paesi del Golfo, sarebbe una mazzata fatale.