il Fatto Quotidiano, 18 novembre 2017
Anno XV dell’era fascista: e il derby finiva già in rissa
Arpino scrisse che il calcio non fa mai storia se non in ritardo. Lo storico inglese John Foot sostiene che i “tifosi italiani hanno un profondo senso della storia”. I derby ne sono l’essenza. Come quello der Cupolone tra la Lazio e la Roma che va in scena stasera alle 18, tra i più sulfurei del nostro campionato. Le tifoserie, infatti, sono divise da una rivalità identitaria geografica, di quartiere. E di politica. Da novant’anni se le cantano e se le suonano. Ma mai come in quella indimenticabile domenica del 21 febbraio del 1937, anno XV dell’era fascista.
Eccoci “proiettati” indietro nel tempo. Siamo sugli spalti gremiti dello stadio intitolato al Partito Nazionale Fascista. Alle nostre spalle campeggiano grosse scritte pubblicitarie. “Acquistate prodotti italiani”, invita una lungo tutta la curva sud.. Un’altra, in curva, è la réclame di Radiomarelli. In basso, spicca la promozione del film di Chaplin Tempi moderni. I notiziari Eiar hanno parlato della “normalizzazione” ad Addis Adeba, dopo il fallito attentato contro il viceré d’Etiopia Rodolfo Graziani.
In realtà, gli italiani massacrano indiscriminatamente. È la 21ª giornata di campionato, si gioca il sedicesimo derby der Cupolone. Mussolini tifa i biancocelesti, non è però chiaro se le simpatie dei tifosi laziali verso l’estrema destra siano iniziate allora. Dieci anni prima i gerarchi romani hanno imposto la fusione di tre dei club cittadini (Alba, Roman e Fortitudo) fondando così il 7 giugno 1927 la Roma. L’unica squadra che si rifiutò di aderire all’ordine del Partito fu la Lazio.
L’emblema della Roma è la Lupa capitolina. Quello della Lazio, l’aquila delle legioni romane. Il regime è soddisfatto, comunque… La Roma ha una tifoseria più numerosa, cinque volte quella laziale. In classifica la Lazio è terza ad appena due punti dalla capolista Bologna “che il mondo tremare fa”, la Roma è decima. Tuttavia il bilancio dei derby è nettamente favorevole ai giallorossi: hanno vinto 9 nove volte, contro una sola sconfitta e 6 pareggi. Come spesso capita, la partita è brutta, tesa. La scintilla che provocherà la guerra scatta al 54°, quando l’arbitro Scarpi assegna alla Roma un dubbio calcio di punizione, al limite dell’area laziale. Tira lo specialista Alfredo Mazzoni, un modenese tosto, che farà poi l’allenatore, portando il Modena, nel dopoguerra, sino al terzo posto in A. La fucilata passa la barriera e beffa il portiere Brandani. Inutile la veemente reazione dei biancocelesti. Masetti para tutto e di più. Vince la Roma di capitan Fulvio Bernardini. Uno dei suoi, Subinaghi avvicina il centrocampista laziale Gipo Viani e lo sfotte: “Pippanera”.
È rissa. In campo succede di tutto. Il parapiglia coinvolge la polizia e i tifosi. L’arbitro scappa. I tifosi della Roma scortano il bus della squadra per le strade della capitale. Il percorso è come un sentiero di guerra. Mussolini non gradisce.
Il giorno dopo, i giornali stigmatizzano l’episodio: “Scorrettezze e durezze non represse con sufficiente energia hanno costellato tutto l’incontro che si è chiuso con un burrascoso episodio”. Più pittoresco, Sport Illustrato: “In un unico montarozzo di rosso e azzurro non si vedeva altro che suonar pugni e calci (…) carabinieri e metropolitani dopo molti stenti sono riusciti a separare i giocatori diventati tutti energumeni e parecchi dei quali sono rientrati a braccia negli spogliatoi. Che bello spettacolo!”. Un trionfo “esageratamente fuori misura” con il torpedone della Roma inseguito “dalla gente che quasi quasi si ammazzava per correre loro dietro”. Roma e Lazio saranno multate di 5 mila lire, i capitani Bernardini e Piola squalificati per due giornate. La Lazio sarà seconda, in quel campionato.