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 2017  novembre 18 Sabato calendario

Il 1974, le stragi e lo stalliere: tutti i rapporti tra B. e Riina

L’avvocato di don Tano Badalamenti, Larry Schoenbach, nella vita aveva tre certezze: la morte, le tasse e il silenzio del suo cliente. Lo stesso silenzio garantito da Totò Riina, morto anch’egli in carcere con una certezza: “Anche se Berlusconi va in galera – disse al suo compagno di passeggio Alberto Lorusso nel cortile del carcere di Opera – non se la canta”.
Si riferiva al silenzio che l’ex presidente del Consiglio aveva mantenuto nel 2003 a Palazzo Chigi, quando con i giudici della Corte di Assise di Palermo si avvalse della facoltà di non rispondere alle domande della Procura centrate sul patto con Cosa Nostra stipulato per 18 anni dal 1974 al 1992, prima con Stefano Bontate e poi con Riina: protezione in cambio di soldi con la mediazione di Marcello Dell’Utri, accordo ormai consacrato nella sentenza definitiva che ha condannato l’ex senatore di Forza Italia a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
E se il giorno dopo la morte del capo dei capi è il suo antico compagno di cella, Gaspare Mutolo, oggi pentito, a dire che “Riina oltre a essere intelligente era terribilmente cattivo dentro”, aggiungendo di non immaginarsi “una politica senza mafia” (“l’amico intimo di Berlusconi, Dell’Utri, è in galera, vogliamo far scomparire questo?”), quell’intesa con i boss interrotta alla vigilia delle stragi è oggi oggetto di nuove riletture da parte della Procura di Firenze che sta indagando per strage Berlusconi e Dell’Utri.
Un accordo che parte un giorno di maggio del 1974, quando a Milano, Bontate, Mimmo Teresi e Francesco Di Carlo incontrano Berlusconi e Dell’Utri fissando il prezzo della protezione, che si realizza con l’invio ad Arcore di Vittorio Mangano, lo stalliere di Cosa Nostra.
In questa fase, ha raccontato Massimo Ciancimino, Riina resta fuori dall’affare e per i corleonesi interviene Provenzano: “Nel 1976-1977 venne proposto a mio padre di investire nell’attività dell’imprenditore milanese Silvio Berlusconi che stava costruendo Milano 2 – ha detto il figlio di don Vito – promotore dell’iniziativa fu Stefano Bontate. Lui accettò e all’affare parteciparono anche gli imprenditori Buscemi e Bonura. Ci fu anche una partecipazione di Provenzano”. In quel periodo, secondo Ciancimino jr, suo padre incontrava Berlusconi: “Si erano visti a Milano, me lo disse lui, tramite Bontate ma anche tramite Marcello Dell’Utri”.
Ucciso Bontate, è il pentito Salvatore Cancemi a raccontare il passaggio del patto (e del denaro) a Totò Riina. “Lui (Pierino Di Napoli, ndr) veniva in via Lancia di Brolo, proprio con un pacchettino in un sacchetto di plastica e ci diceva: ‘Raffaele, questi i soldi delle antenne’, e loro poi… Raffaele Ganci questi soldi li metteva da parte, appena il primo appuntamento che c’era, il primo incontro con Riina, ce li portava e capitava… è capitato più volte che c’ero anch’io… e ci diceva: Zu’ Totuccio… Pierino ha portato i soldi delle antenne”.
Quindici anni dopo, è lo stesso Riina, seppure critico con Berlusconi (“Gli direi io: ma perché ti sei andato a prendere lo stalliere? Perché te lo sei messo dentro?”) a confermare tutto parlando in carcere con Alberto Lorusso: “A noialtri ci dava 250 milioni ogni sei mesi”, spiegando i passaggi dell’accordo: “È venuto il palermitano… mandò a lui, è sceso il palermitano ha parlato con uno… si è messo d’accordo… Dice vi mando i soldi con un altro palermitano. Ha preso un altro palermitano, c’era quello a Milano. Là c’era questo e gli dava i soldi ogni sei mesi a questo palermitano. Era amico di quello… il senatore”.
Per Riina non ci sono solo i palermitani a incassare, ma anche i boss catanesi: “I catanesi dicono, ma vedi di… – ha confidato il capo dei capi a Lorusso – non ha le Stande, gli ho detto, da noi qui ha pagato. Così, così li ho messi sotto, gli hanno dato fuoco alla Standa. Minchia, aveva tutte le Stande della Sicilia, tutte le Stande erano di lui. Gli ho detto: bruciagli la Standa’’. Siamo alla vigilia delle stragi e Cancemi rivela ai giudici che Riina si è incontrato con “persone importanti” per avviare la stagione stragista poi identificate in Berlusconi e Dell’Utri.
I pm di Firenze e Caltanissetta li indagano più volte per strage, archiviando ogni volta con motivazioni che riconoscono l’esistenza di rapporti con i boss guidati da Riina, che a Lorusso ha confidato la sua ammirazione per la figlia del leader di Forza Italia, Barbara: “È potentosa, ha messo sotto Pato, lui (Berlusconi, ndr) merita il carcere a vita”.