Corriere della Sera, 18 novembre 2017
Quel golpista a Pechino. L’ombra cinese sullo Zimbabwe
Il 10 novembre il generale Constantino Chiwenga, comandante delle Forze armate dello Zimbabwe, era a Pechino a colloquio con il ministro della Difesa cinese. «Incontri di routine, programmati da tempo», ha commentato il ministero degli Esteri cinese. Ma tornato in patria il generale ha mandato i blindati nelle strade e ha messo agli arresti domiciliari il vecchio Robert Mugabe. Perché un viaggio all’estero prima di un’azione così critica? Chiwenga era venuto a chiedere alla Cina il via libera per il colpo di palazzo? Pechino è il maggiore «azionista» dello Zimbabwe, con investimenti ingenti e importazioni che assorbono quasi un terzo del totale del suo export. Se ci fosse stata una sorta di «benedizione» cinese dietro il pronunciamento dell’esercito in Zimbabwe, ci troveremmo di fronte alla prima azione di Pechino in stile Cia americana o MI6 britannica. Negli Stati Uniti gli esperti dicono che questo non è il modo di operare della Cina, storicamente ancorata al principio di non ingerenza negli affari interni ad altri Paesi. E oltre alla coincidenza del viaggio del generale non ci sono evidenze di coinvolgimento diretto cinese. Ma già il fatto che per questo golpe si parli di Pechino e non di Washington o Londra o Mosca è segno della mutata influenza della Repubblica popolare, diventata potenza di riferimento in Africa. I cinesi si sono insediati quest’anno a Gibuti, la loro prima base militare all’estero. La stampa di Pechino in ampi editoriali si chiede come si muoverà lo Zimbabwe. Risposta: la Cina resta il più credibile partner commerciale e la fonte di investimenti vitale per il Paese. «Stabilità» è la parola chiave. Tra il 2010 e il 2015 Pechino ha puntellato l’economia dello Zimbabwe, disastrata dalle decisioni di Mugabe, con oltre un miliardo di dollari di prestiti a basso interesse e Harare ha addirittura cercato di sostituire con lo yuan cinese la sua valuta afflitta da una svalutazione enorme. La fratellanza con la Cina risale agli Anni 70, quando lo Zimbabwe si chiamava Rhodesia e si batteva per l’indipendenza dalla Gran Bretagna. Mugabe ricevette fondi e armi dai cinesi. E fu addestrato da loro anche il suo compagno di lotta Emmerson Mnangagwa che ora potrebbe salire al potere. Nel 2015, stringendo le mani di Mugabe ad Harare, il presidente Xi Jinping disse che la Cina sarebbe stata amica dello Zimbabwe «in ogni stagione». Ora la stagione di Mugabe è finita, l’amicizia resta, gli investimenti sono al sicuro.