Gazzetta dello Sport, 18 novembre 2017
La morte di Totò Riina

Totò Riina è morto poco prima dell’alba di ieri, alle 3,37, in un letto dell’ospedale Maggiore di Parma. Aveva appena compiuto 87 anni. Stava in carcere, nel regime terribile del 41 bis, dal 1993. La salute se n’era andata nel 2008: due infarti, un’insufficienza cardiaca, una gastrite cronica, un cancro ai reni che non gli permetteva di star seduto, anche una cirrosi epatica, perché,. quando era libero, ’U Curtu, come lo chiamavano (era un metro e 58), beveva volentieri. Nei primi anni Settanta faceva il killer per conto di Luciano Liggio, anche con funzioni - per dir così - di segretario e a un certo punto Liggio, che voleva sbarazzarsene, mandò una circolare in cui si diceva «che tutti coloro che dovevano parlare con Liggio, non dovevano cercare Riina ma dovevano cercare Provenzano (l’altro segretario - ndr
), dicendo che siccome a Riina piaceva fare le tavolate e mangiare e spesso alzava il gomito e dopo aver bevuto con un colpo di pistola ne ammazzava due, ne ammazzava tre, quindi ci si doveva rivolgere a Provenzano». Così raccontò il pentito Gaspare Mutolo, aggiungendo che per vendetta Riina s’era totalmente disinteressato del problema di far uscire Liggio dalla galera, facendolo morire in cella, «se lui voleva Liggio sarebbe uscito 150 volte».
• Non si sa bene come prendere questa morte. Tutti ne parlano, ne parliamo anche noi, stamattina sui giornali ci saranno grossi titoli... Fosse morto un sant’uomo ce ne saremmo del tuttodisinteressati.
Lo so, è il guaio del giornalismo, si tollera una buona notizia solo se è circondata da cento notizie cattive. Riina era un mascalzone, un delinquente, cioè un diavolo, una specie con cui i giornalisti vanno molto d’accordo. Alla fine era talmente malato, che il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, aveva concesso ai familiari (la moglie Ninetta Bagarella e i figli che non stanno in galera) di stargli vicino. Ma al capezzale la famiglia - unitissima - non è mai arrivata, Riina è morto prima.
• Un veloce racconto della carriera?
E come si fa? Riina è un libro intero di crimini. Centinaia di morti ammazzati o fatti ammazzare. Andò dentro la prima volta a 18 anni, per aver scaricato un intero caricatore addosso a un Domenico Di Matteo di 18 anni. Era il 1949. Esce nel ’55, quando ha 25 anni, e si mette a fare il killer per Luciano Liggio. Vengono eliminati Michele Navarra, sindaco dc di Corleone, e una quantità di suoi uomini, perché Liggio volendo conquistare la piazza preferisce lo sterminio totale. In questo, Riina è il suo uomo. Quando Liggio si trasferisce al nord, Riina e gli altri corleonesi si mettono agli ordini di Salvatore La Barbera, il quale però è ammazzato dal boss Michele Cavataio, delitto che dà luogo alla prima guerra di mafia. Rientra all’Ucciardone nel 1963, lo cercavano per cinque omicidi. Nel carcere palermitano si comincia a profilare il futuro boss: tutti lo rispettano, tutti gli chiedono consiglio. Uscito dall’Ucciardone e mandato al confino, scappa e nessuno lo trova più per ventiquattro anni. Dirà poi: «Io latitante? Per più di vent’anni nessuno mi ha cercato, io prendevo l’autobus, il treno, l’aereo, ho lavorato, ho viaggiato...»...
• Mi viene in mente Matteo Messina Denaro.
Giusto. Latitante da sempre e mai trovato, chi sa come mai. In ogni caso, mentre è uccel di bosco (in realtà fa la spola tra Palermo e Corleone), si mette con zu’ Tanu Badalamenti e organizza ed esegue per conto suo la strage di viale Lazio. È il periodo in cui la mafia è ovunque, il sindaco è Salvo Lima, l’assessore all’urbanistica Vito Ciancimino. La mafia si è riorganizzata, Riina ammazza o fa ammazzare tutti quelli che provano a indagare: Ninì Russo, poi Boris Giuliano (l’esecutore è in questo caso suo cognato Leoluca Bagarella), quindi il giudice Terranova, il presidente della Regione e fratello del nostro attuale capo dello stato Piersanti Mattarella, il capitano Basile, il procuratore Gaetano Costa. Siccome altri mafiosi gli fanno la guerra, elimina Stefano Bontate e Totuccio Inzerillo con undici membri della sua famiglia. Quando uno è nemico di Riina, gli è nemico fino al ventiseiesimo grado di parentela, come disse una volta minacciando il giudice Di Matteo.
• Poi Falcone e Borsellino...
Già, nel 1992. Ma con questi due delitti siamo prossimi alla fine. Secondo le ultime ricostruzioni, Riina quella volta trattava con la politica, anche per ammorbidire il regime del 41 bis. Ma finì invece dentro anche lui, e per sempre, e subendo il regime carcerario più duro.
• Come si spiegano le espressioni di cordoglio postate sulla rete da tutta Italia?
Deve entrarci in qualche modo anche la fiction di Canale 5 Il capo dei capi
, dove almeno all’inizio il nostro, interpretato da Claudio Gioè, aveva l’aria dell’eroe. Poi c’è il disgusto generale per la politica, che fa sembrare «migliore» un delinquente. E la crisi. Qualcuno ha scritto: «Quando c’era lui, il lavoro c’era e i soldi non mancavano». La criminalità organizzata è la prima industria del paese e fattura come sappiamo un centinaio di miliardi l’anno. Se sparisse di colpo un bel pezzo d’Italia andrebbe in crisi. Pure, prima o poi, bisognerà cominciare a smantellare questo orrore.